Hellas. Poesia di Marco Cinque

Ciascun singolo granello
della tua terra calpestata
sta gemendo di vergogna.
Persino ogni anelito di vento
cancella le voci che hanno
cantato il tuo antico nome.
Tu non sei, non vali niente
i tuoi libri? Non ti salveranno
i tuoi figli poeti? Tutti orfani
le tue pietre, le tue colonne?
Non potranno sostenere
quel peso che non è tuo ma
della mano che ti schiaccia
giù, la faccia del tuo popolo
premuta nella polvere, soffoca
un voto dopo l’altro, soffoca
e non c’è più spazio o modo
per essere salvi da un tempo
che misura le vite in denaro.
Talete di Mileto torturato con
la perfida geometria del profitto.
Pitagora squartato da una
matematica coniugata al segno meno.
Socrate accecato dal seme sterile
di questo buio della specie.
Platone legato al totem della parola
e lapidato dal rating globale.
Aristotele seppellito nell’abisso
del nuovo pensiero occidentale.
Tutti sfilano con bocche di sabbia
sfigurati, morti, uccisi ancora
un corteo coi ceppi alle caviglie
una storia condannata alla gogna.
Coloro che pronunceranno il tuo verbo
saranno messi all’indice, annientati
molti lo sono già, molti si sono arresi
ma il tuo destino è il nostro
siamo tutti parte e dovrete sterminarci
toglierci il respiro, la memoria, il sogno
cancellare per sempre le nostre ombre
e dimenticare d’averlo fatto.
Stretti fra noi balleremo il sirtaki
sul filo d’immonde fauci spalancate
dove pianteremo la bandiera umana
giù, fino al cuore marcio dell’Europa
e se la nostra fenice tornerà a volare
la chiameremo col tuo nome: Grecia.

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