23 SETTEMBRE 1943 – NOVE AQUILANI FUCILATI VENDUTI DAI PROPRI PAESANI

Anteo Alleva, Pio Bertolini, Francesco Colaiuda, Fernando Della Torre, Bernardino Di Mario, Bruno D’Inzillo, Carmine Mancini, Sante Marchetti e Giorgio Scimia, sono questi i martiri aquilani venduti ai tedeschi.

Ll’8 settembre 1943 inizio’ l’occupazione della nostra zona da parte delle truppe tedesche, cominciarono ad avvertirsi aneliti di liberta’ in molti giovani, che si organizzarono in piccoli gruppi allo scopo di sottrarsi ai rastrellamenti non semplicemente nascondendosi, ed organizzandosi con sommosse organizzare, e ribellioni armate. Uno di questi gruppi, composto da una trentina, poco piu’, di giovani aquilani, si procurò delle armi e lasciò la citta’ con l’intento,  di raggiungere i militari italiani arroccatisi a Bosco Martese, nel Teramano. Si trattava di giovani coraggiosi, euforici, forse anche ingenuamente convinti di poter affrontare la guerra da soli, sottovalutando le potenzialita’ del ben collaudato contingente tedesco. Alcuni testimoni  li videro transitare per via delle Spighe verso la Fontana Luminosa, affermano che avevano volti spaventati, e che alcuni piangevano, e le loro mamme con loro. Gli abitanti del quartiere li protessero, stando di guardia nei dintorni per segnalare eventuali presenze di fascisti o tedeschi. Non erano rari, infatti, episodi di delazioni, anche fra intimi o amici, con conseguenze tragiche per mano tedesca, il che imponeva di essere veramente cauti nell’agire o anche nell’esprimere le proprie opinioni. Gli abitanti di Collebrincioni, un piccolo paesino del Gran Sasso, ricordano l’arrivo di questi giovani che si mostravano euforici, forse troppo. Purtroppo, alcuni irriducibili sostenitori del vecchio regime, aquilani anche loro, avvisarono i tedeschi della loro presenza e la sera stessa della loro partenza, il 22 settembre, li guidarono in paese fino al loro rifugio, nel bosco sopra al cimitero, nascondendosi in un casolare sino al termine dell’operazione di rastrellamento. Esperti paracadutisti tedeschi circondarono la zona con un serrato cordone di uomini; in questo modo poterono letteralmente intrappolare il gruppo di giovani, insieme con alcuni prigionieri inglesi fuggiti in precedenza dal campo delle Casermette.

Un certo numero di loro venne tuttavia “graziato” poiché non oppose resistenza né imbracciava armi all’atto della cattura : costoro furono infatti condotti presso il Grande Albergo dell’Aquila, dove non ebbero da sopportare nulla più di un ammonimento verbale. Ma altri nove, presi con le armi in pugno, la mattina del 23 settembre vennero invece subito condotti presso le Casermette dell’Aquila, costretti a scavare due grandi fosse e qui spietatamente fucilati.
A nulla valsero le suppliche dei familiari e neanche l’intervento dell’arcivescovo dell’Aquila Carlo Confalonieri, divenuto poi cardinale, riuscì a salvare quelle giovani vite. Rinvenute il 13 giugno ’44 preso le Casermette, le salme dei Nove Martiri furono ricomposte presso la scuola elementare “De Amicis”, dove ricevettero l’omaggio di un vero pellegrinaggio cittadino, svoltosi tra un aspro odore di creolina.
Al passaggio del sobrio funerale, tutta la citta’ fu in ginocchio dinanzi alle bare portate a spalla dai coetanei dei caduti.

 

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