Abruzzo, cammina 4 ore tra la neve per consentire alla madre di abbracciare il padre morente

È uno scenario paradossale quello che si presenta tra i monti Sibillini e i monti della Lega: su per i boschi, di faggi e di castagni, ci sono 4 metri di neve. Neve intensa. Un tappeto di candida neve bianca che nessuno, uomo o ruspa, è riuscito in qualche modo a deformare.
La neve è dappertutto, è insormontabile. La strada è bloccata da giorni.
Romolo Nespeca, circa quaranta anni, aveva, però, una missione da compiere. Venerdì scorso ha attraversato, passo dopo passo, un piede alla volta, a gattoni se necessario, quella surreale realtà che il paesaggio gli offriva. Ha impiegato due ore e mezzo di cammino per arrivare nella frazione di Venamartello dove, ad attenderlo, c’era sua madre di sessant’anni.

Era già buio. Elicottero e spazzaneve non arrivavano. Eppure Romolo sa bene che quando l’amore lascia un appuntamento non bisogna farlo aspettare. È così che, con la mamma tra le braccia, talvolta sorreggendola, talvolta spingendola nel passaggio stretto che cercava di scavare a forza con le mani nella muraglia di neve, Romolo, ha fatto altre due ore di cammino, per arrivare all’ospedale. È quasi svenuto dalla fatica, sulla porta, ma ce l’aveva fatta. Era lì, non aveva mancato l’appuntamento.

In quell’ospedale, suo padre stava morendo. Romolo e sua madre non potevano permettere che morisse da solo. In quell’ospedale, avvolto dalla speciale magia dell’amore, quell’uomo e quella donna, un marito e una moglie che avevano trascorso la vita insieme, si sono potuti abbracciare un’ultima volta. In quell’ospedale “a mezzanotte – racconta Romolo – mio padre è morto tra le braccia di mia madre”. In quell’ospedale, in quello scenario paradossale, la vita ha voluto dimostrarci, ancora una volta, che l’amore vince su tutto!
Alex Amiconi

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