Attacco Isis alla pace mondiale nella Repubblica Araba Siriana è un colpo inferto al cuore delle Nazioni Unite e della Carta fondamentale dei Diritti Umani

 

L’Aquila / L’attacco Isis alla pace mondiale nella Repubblica Araba Siriana, il 14 Aprile 2018, è un colpo inferto al cuore delle Nazioni Unite e della Carta fondamentale dei Diritti Umani (1948-2018). La Siria è stata cinicamente e criminalmente attaccata da potenze ostili alla pace mondiale. È inaccettabile questa linea di condotta bellicista senza soluzione di continuità e spregiudicamente giustificata pur nell’inconsistenza di prove (Habeas Corpus). La Siria si difende da otto anni non da una guerra “civile” ma da un’aggressione di stati esteri, da un’invasione. Oggi dal vile brutale selvaggio attacco Isis proveniente dal cielo infernale dei suoi aguzzini. Resiste Damasco. Resiste Homs. Resiste Aleppo. Le madri alla ricerca dei figli della distrutta Raqqa piangono. Ossa spezzate. Fiamme. Terrore. La vergogna ricopra l’Occidente. Scacco! Lo storico Briefing del Ministro della Difesa, Maggiore Generale Igor Konashenkov, annichila i warlord warmonger e benedice i sistemi di difesa siriani e russi. Nel Mar Mediterraneo si rischia davvero la Terza Guerra Mondiale. Le navi e i sottomarini da battaglia si moltiplicano. È molto pericoloso. Molte guerre nella Storia sono scoppiate per errore. Il ramoscello d’ulivo offerto dalla Santa Russia (www.youtube.com/watch?v=r8DJJ9JMJEs&feature=share) è stato spezzato dalle potenze della famigerata “coalizione occidentale” a guida Usa che ha già raso al suolo Raqqa, la “capitale” del sedicente “stato islamico” nel silenzio complice dei media mainstream. L’Italia è coinvolta pienamente sul piano logistico, come rivela il Comitato “No Guerra No Nato”. Per la serie “Falsi made in Usa e bugie made in Italy”. Perchè il Vescovo di Roma non condanna i bombardamenti criminali sulla Siria lanciati da Usa, Israele, Uk, Francia, Nato, Unione Europea? Sulle responsabilità degli Usa gravano le sorti della Terra, per stessa ammissione del Presidente russo Vladimir Putin: “Non si ripeterà un’altra Iugoslavia, un altro Iraq, un’altra Libia”. La Segreterìa Generale dell’Onu, la Nato, l’Unione Europea, il Parlamento Italiano ed Europeo si schierano ufficialmente a fianco della barbarie del caos in Siria per un’unica ragione: la Terza Guerra Mondiale. I “raid mirati” di Usa, Francia e Gran Bretagna contro la Scienza, la Cristianità, la Democrazia e la Libertà sono ingiustificabili. Tutti quei missili (100mila euro cadauno) semi intelligenti non potevano essere indirizzati sulle roccaforti Isis in Siria per alleviare le sofferenze dei Siriani? Perché colpire la capitale Damasco e il suo aeroporto internazionale? Cui prodest? La Russia smaschera la doppia messa in scena dell’attacco chimico in Inghilterra e a Douma (Damasco), e decreta il fallimento del bombardamento missilistico americano. I leader religiosi cristiani delle Chiese di Oriente firmano un documento comune di condanna dei bombardamenti occidentali contro la Siria. Si unisce il Patriarca Kirill di Mosca e di Tutte le Russie. Non Papa Francesco che non firma. Il Presidente dell’Iran, Hassan Rouhani, condanna gli attacchi. La Cina si allea con la Russia in difesa della sovranità della Siria, e schiera la sua possente Flotta. L’attacco missilistico condotto da Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia contro la Repubblica Araba Siriana, Stato sovrano membro delle Nazioni Unite, viola ogni più elementare norma del Diritto internazionale. È un crimine di guerra compiuto dagli aggressori in base a un’accusa, rivolta al Governo siriano di Assad, rivelatasi falsa. Vi sono prove inconfutabili che l’attacco chimico a Douma sia stato una messa in scena organizzata dai servizi segreti occidentali. Non a caso Stati uniti, Gran Bretagna a Francia hanno lanciato i missili contro la Siria nel momento in cui stavano arrivando gli ispettori Onu e contro gli obiettivi oggetto dell’indagine. La già pacificata Siria, dopo otto anni di Resistenza, dopo oltre mezzo milione di morti e 12 milioni di profughi, rinasce dalle sue ceneri grazie agli aiuti della Russia, si ribella e scende in piazza a Damasco celebrando quel governo legittimo di Assad che il Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano (www.youtube.com/watch?v=_i0pIHaiViU&feature=share) durante la sua visita ufficiale, la prima di un capo di stato italiano, non esitò a giudicare come il più illuminato esempio di laicità nel Medio Oriente. Prima che gli Usa e i loro alleati Isis imponessero all’Italia di considerare il Presidente Assad “un dittatore” e la Siria uno “stato canaglia”, Giorgio Napolitano elogiò Assad e sua moglie per aver reso la Siria un paese civile, laico, tollerante, rispettoso delle minoranze e difensore delle comunità cristiane in Medio Oriente. Correva l’Anno Domini 18 Marzo 2010. “A qualcuno verrà un infarto – sottolinea il giornalista siriano di Aleppo, Naman Tarcha – ma stiamo rinascendo”.  La Battaglia di Berlino e il suicidio di Hitler, il 30 Aprile 1945, nel bunker della cancelleria del Terzo Reich “millenario” non insegnano proprio nulla? “L’Isis getta la maschera!”. Non usa mezzi termini il vicario apostolico di Aleppo dei Latini, mons. Georges Abou Khazen, nel commentare i raid aerei di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia. È criminale che l’intervento illegittimo del 14 Aprile 2018 venga anche dagli Italiani inquadrato per quello che sembra essere: un atto di guerra militare, in aperta violazione dell’Articolo 11 della Costituzione Italian, tendente a “contenere” (mera chimera Usa, Nato, Ue!) l’influenza russa, a indebolire il Popolo di Assad, a mandare segnali ai propri alleati regionali quali Israele e Arabia Saudita peraltro attivi e pienamente responsabili della carneficina siriana. Quello che ci hanno raccontato sulla Siria è tutto falso (www.youtube.com/watch?v=svJkywriX7U&feature=share). Già nel 2015, un anno prima della liberazione di Aleppo grazie ai Russi, Suor Guadalupe de Rodrigo, missionaria argentina dell’Istituto del Verbo Incarnato, smontò le fake news sulla guerra in Siria diffuse dai mass media, la cui opera di manipolazione ancora oggi fa credere anche a Papa Francesco l’opposto di ciò che realmente accade in Siria. Il padre predicatore domenicano Alberto Viganò rivela: “In Siria, non c’è nessuna banca centrale Rothschild; la Siria ha vietato gli alimenti geneticamente modificati e la coltivazione e l’importazione degli stessi; la Siria è l’unico Paese arabo che non ha debiti con il fondo monetario internazionale né con la Banca Mondiale né con chiunque altro; la famiglia Assad appartiene all’orientamento Alauita: trattasi di una corrente sciita minoritaria di Islam tollerante; gli sciiti vengono combattuti dalla morte di Maometto dalla maggioranza sunnita; le donne siriane hanno gli stessi diritti degli uomini allo studio, sanità e istruzione gratuiti; le donne siriane non sono obbligate a indossare il velo; la Sharia (legge islamica) è incostituzionale in Siria; la Siria è l’unico Paese arabo con una Costituzione laica e non tollera movimenti estremisti islamici che vengono combattuti severamente (anche con metodi estremi); circa il 10% della popolazione siriana appartiene a uno dei molti rami cristiani, sempre presenti nella vita politica e sociale; in altri Ppaesi arabi la popolazione cristiana non raggiunge l’1% a causa dei maltrattamenti subiti; la Siria è l’unico Paese del Mediterraneo interamente proprietario del suo petrolio (circa 500.000 barili/giorno) e che non ha privatizzato le sue aziende statali; la Siria ha un’apertura verso la società e la cultura occidentale, come solo il Libano nel mondo arabo; la Siria era il solo Paese pacifico in zona, senza guerre o conflitti interni; la Siria è l’unico Paese al mondo che ha ammesso i rifugiati iracheni, senza alcuna discriminazione sociale, politica o religiosa; il dottor Bashar Al-Assad (oculista) ha un’elevata approvazione popolare; la Siria ha discrete riserve di petrolio (circa 2,5 miliardi di barili) riservate alle imprese statali”. Un appello “a tutti i leader mondiali affinché riconoscano la loro responsabilità nei confronti delle loro rispettive nazioni, dell’umanità e di Dio” e un “appello ai Paesi che aderiscono alle Nazioni Unite, e in particolare ai membri del Consiglio di Sicurezza, perché ricordino i loro doveri verso la famiglia delle nazioni. Li imploriamo, nel nome di Dio, di superare i loro disaccordi e di lavorare insieme per la pace nel mondo. Insieme chiediamo ai leader politici di evitare un’ulteriore escalation di tensioni, di rinunciare alla via del confronto e di abbracciare il dialogo”. È quanto si legge in un appello di pace pubblicato sul sito del Patriarcato di Mosca e sostenuto da un gruppo di Patriarchi delle Chiese ortodosse del Medio Oriente: “Sua Beatitudine Papa e Patriarca Teodoro II di Alessandria e di tutta l’Africa, Sua Beatitudine Patriarca Giovanni X di Antiochia e di tutto l’Oriente, Sua Beatitudine Patriarca Teofilo di Gerusalemme e Palestina, Sua Santità Tawadros II, Papa di Alessandria e Patriarca della Chiesa copta ortodossa, Sua Santità Patriarca Mor Ignatius Aphrem II di Antiochia e di tutto l’Oriente”. Nel preambolo dell’appello, si dice che il testo è stato discusso durante la conversazione telefonica avvenuta il 14 Aprile 2018 tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill di Mosca. Padre Alexej Dikarev, numero due del Dipartimento delle relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, afferma: “Dal preambolo, credo, si capisca quanto è stato importante l’appoggio di Papa Francesco. L’appello è stato fatto a causa del bombardamento della Siria e, di per sé, è chiaro nel suo scopo”. Nel testo, infatti, i Patriarchi scrivono: “Spinti dal senso di responsabilità per i milioni di cristiani che Dio ha affidato alla nostra cura spirituale e per il bene dell’intera famiglia umana, che condivide un destino comune, uniamo le nostre voci per parlare in questo momento di altissima tensione internazionale. Le ostilità in corso in Medio Oriente, che negli ultimi anni hanno portato immense sofferenze, hanno causato la morte di molte migliaia di persone e costretto alla fuga milioni di rifugiati, rischiano ora di trasformarsi in un conflitto globale. Il nostro mondo ha raggiunto un punto in cui vi è il pericolo reale di una rottura delle relazioni internazionali e della cooperazione per il bene comune della famiglia umana. Chiaramente, gli orrori delle guerre mondiali del secolo scorso non possono essere paragonati alle terribili conseguenze di una guerra mondiale in questo momento”. Ma di fronte a questa “terribile minaccia”, le Chiese chiedono alla comunità internazionale di intraprendere la via del dialogo e non del confronto militare. È stato il Patriarca Kirill di Mosca, nel corso di un incontro con i giornalisti che si è svolto il 14 Aprile, a parlare di questa iniziativa di pace che vede impegnati in prima linea i Patriarchi ortodossi del Medio Oriente. Secondo quanto spiegato dal Patriarcato, Kirill ha avuto una serie di conversazioni telefoniche anche con Papa Francesco e il Patriarca Bartolomeo di Costantinopoli. “Abbiamo intrapreso questa iniziativa – spiegato il Patriarca Kirill ai giornalisti – sapendo che i cristiani non possono rimanere indifferenti di fronte a quanto sta accadendo in Siria in questi giorni. La Siria, il Medio Oriente, sono il luogo, dove nacque il Cristianesimo, e i terribili conflitti che oggi stanno lacerando la terra siriana non possono che creare minaccia, tra l’altro, alla presenza cristiana. È anche ben evidente che la gente sta soffrendo tanto. Il messaggio della Chiesa al mondo è sempre legato all’annuncio della pace tra gli uomini e della giustizia. Allora è impossibile tacere quando avvengono cose come quelle degli ultimi giorni in Siria”, ha ribadito Sua Santità. Ed ha aggiunto: “Sono contento di queste conversazioni: tutti i miei interlocutori condividono la mia preoccupazione. C’è il desiderio di continuare questo dialogo per cercare di influire in qualche maniera sulla situazione”.

(di Nicola Facciolini)

“Non si ripeterà un’altra Iugoslavia, un altro Iraq, un’altra Libia” (Presidente Vladimir Putin). La Siria è stata cinicamente e criminalmente attaccata da potenze ostili alla pace mondiale. È inaccettabile questa linea di condotta bellicista senza soluzione di continuità e spregiudicamente giustificata nell’inconsistenza di prove (Habeas Corpus). Scacco! Nel Mar Mediterraneo si rischia davvero la Terza Guerra Mondiale. Le navi e i sottomarini da battaglia si moltiplicano. È molto pericoloso. Molte guerre nella Storia sono scoppiate per errore. Il ramoscello d’ulivo offerto dalla Santa Russia (www.youtube.com/watch?v=r8DJJ9JMJEs&feature=share) è stato spezzato dalle potenze Isis della famigerata “coalizione occidentale” a guida Usa che ha già raso al suolo Raqqa, la “capitale” del sedicente stato islamico, nel silenzio complice dei media mainstream. La Siria è stata cinicamente e criminalmente attaccata da potenze ostili alla pace mondiale. Perchè il Vescovo di Roma, Papa Francesco, non condanna i bombardamenti criminali sulla Siria lanciati da Usa, Israele, Uk, Francia, Nato, Unione Europea? Sulle responsabilità degli Usa gravano le sorti della Terra, per stessa ammissione del Presidente russo Vladimir Putin. Tutti quei missili (100mila euro cadauno) semi intelligenti non potevano essere indirizzati sulle roccaforti Isis in Siria per alleviare le sofferenze dei Siriani? Perché colpire la capitale Damasco e il suo aeroporto internazionale? Cui prodest? Le vergognose e disgustose sceneggiate in salsa hitleriana al Parlamento italiano ed europeo, di Gentiloni e Taiani, dopo le gravi decisioni assunte dalla Segreterìa Generale delle Nazioni Uniti e della Nato, per giustificare le guerre altrui con vere e proprie menzogne ai danni del Popolo Siriano, costituiscono un gravissimo precedente per una “democrazia” come l’Italia che non può più permettersi le Guerre Umanitarie (www.youtube.com/watch?v=cOf_MZ5DpjQ&t=139s) inaugurate nell’Anno Domini 1990. Anche Mussolini scimmiottò potenza, gloria e grandezza imperiali. E sappiamo quale sorte il Popolo italiano gli riservò. Fu il nostro 25 Aprile della Liberazione dal gioco nazifascista. L’attacco missilistico condotto da Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia contro la Repubblica Araba Siriana, Stato sovrano membro delle Nazioni Unite, viola ogni più elementare norma del diritto internazionale. È un crimine di guerra compiuto dagli aggressori in base a un’accusa, rivolta al Governo siriano di Assad, rivelatasi falsa. Vi sono prove inconfutabili che l’attacco chimico a Douma sia stato una messa in scena organizzata dai servizi segreti occidentali. Non a caso Stati uniti, Gran Bretagna a Francia hanno lanciato i missili contro la Siria nel momento in cui stavano arrivando gli ispettori Onu e contro gli obiettivi oggetto dell’indagine. Il proditorio attacco Isis alla pace mondiale contro la Repubblica Araba Siriana, il 14 Aprile 2018, è un colpo inferto al cuore delle Nazioni Unite e della Carta fondamentale dei Diritti Umani (1948-2018) che celebriamo quest’anno nel settantesimo anniversario. La Segreterìa Generale dell’Onu, la Nato, l’Unione Europea, il Parlamento Italiano ed Europeo, nei loro documenti ufficiali, si schierano apertamente con la barbarie del caos in Siria per un’unica ragione: la Terza Guerra Mondiale. La già pacificata Siria, dopo otto anni di Resistenza, dopo oltre mezzo milione di morti e 12 milioni di profughi, rinasce dalle sue ceneri grazie agli aiuti della Russia, si ribella e scende in piazza a Damasco celebrando quel governo legittimo di Assad che il Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano (www.youtube.com/watch?v=_i0pIHaiViU&feature=share) durante la sua visita ufficiale, la prima di un capo di stato italiano, non esitò a giudicare come il più illuminato esempio di laicità nel Medio Oriente. Prima che gli Usa e i loro alleati Isis imponessero all’Italia di considerare il Presidente Assad “un dittatore” e la Siria uno “stato canaglia”, Giorgio Napolitano elogiò Assad e sua moglie per aver reso la Siria un paese civile, laico, tollerante, rispettoso delle minoranze e difensore delle comunità cristiane in Medio Oriente. Correva l’Anno Domini 18 Marzo 2010. “A qualcuno verrà un infarto – sottolinea il giornalista siriano di Aleppo, Naman Tarcha – ma stiamo rinascendo”.  Gli ingiustificabili “raid mirati” di Usa, Francia e Gran Bretagna contro la Scienza, la Cristianità, la Democrazia e la Libertà siriani, sono cominciati molto prima. Precisamente otto anni fa, con l’invasione Isis e gli illegittimi attacchi israeliani dai cieli del Libano contro la Siria. Missili regolarmente abbattuti dall’eroica contraerea siriana che molto presto potrà disporre delle potenti batterie russe S-300. E non solo la Siria, fanno sapere in quel di Mosca. La Russia smaschera la doppia messa in scena (fake news e cinema hollywoodiano) dell’attacco chimico in Inghilterrra e a Douma (Damasco), e decreta il fallimento del bombardamento missilistico americano, fornendo le prove. Servirà a qualcosa? Lo dubitiamo fortemente. I leader religiosi cristiani delle Chiese di Oriente firmano un documento comune di condanna dei bombardamenti occidentali contro la Siria (www.youtube.com/watch?v=x7n8FBo1pZI&feature=share). Padre Alberto Viganò, frate domenicano di Perugia, invia una testimonianza da Damasco. Ma a parlare sono anche i patriarchi ortodossi che inviano una dichiarazione congiunta. Si unisce il Patriarca Kirill di Mosca e di Tutte le Russie. Ma non Papa Francesco. “Con questi missili hanno gettato la maschera. Prima era una guerra per procura. Ora a combattere sono gli attori principali. Sono sette anni, è iniziato l’ottavo, che si combatte sul suolo siriano e ora che gli attori minori sono stati sconfitti, in campo sono scesi i veri protagonisti del conflitto”. Non usa mezzi termini il vicario apostolico di Aleppo dei Latini, mons. Georges Abou Khazen, nel commentare i raid aerei di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia sferrati nella notte contro obiettivi a Damasco e Homs, come reazione al presunto attacco chimico a Douma del quale il “regime di Assad” è stato ritenuto colpevole dalle potenze Isis. “Aspettiamo gli esperti per indagare sul presunto attacco chimico a Douma ma dopo questi raid sarà tutto più difficile. Ogni appello alla pace cade nel vuoto, solo Papa Francesco continua a sperare nella pace e noi con lui – afferma il vicario – intanto cresce la sofferenza della popolazione che chiede pace e in cambio ottiene bombe e missili. Qui la gente si aspettava qualcosa di simile e purtroppo è avvenuto”. L’auspicio di mons. Abou Khazen è che “questi attacchi non si allarghino anche in altri luoghi della regione perché sarebbe davvero pericoloso e tutto potrebbe sfuggire di mano. Serve una soluzione condivisa da raggiungere senza menzogne. Non abbiamo altre armi che la preghiera. Oggi – osserva il francescano – il Vangelo ci propone il racconto degli Apostoli sulla barca in mezzo alla tempesta, di notte, salvati da Gesù che, apparso loro, diceva: Sono io, non abbiate paura! Questa sia la nostra speranza e la nostra forza”. Il Presidente dell’Iran, Hassan Rouhani, condanna gli attacchi. Il Presidente Vladimir Putin dichiara: “On April 14, the United States, supported by its allies, launched an airstrike against military and civilian targets in the Syrian Arab Republic. An act of aggression against a sovereign state that is on the frontline in the fight against terrorism was committed without a mandate from the UN Security Council and in violation of the UN Charter and norms and principles of international law. Just as one year ago, when the Shayrat Airbase in Syria came under attack, the US used as a pretext a staged chemical attack against civilians, this time in Douma, a Damascus suburb. Having visited the site of the would-be chemical attack, Russian military experts did not find any traces of chlorine or any other toxic agent. Not a single local resident was able to confirm that a chemical attack had actually taken place. The Organisation for the Prohibition of Chemical Weapons dispatched its experts to Syria in order to investigate all the circumstances. However, in a sign of cynical disdain, a group of Western countries decided to take military action without waiting for the results of the investigation. Russia condemns in the strongest possible terms the attack against Syria, where Russian military personnel are assisting the legitimate government in its counterterrorism efforts. Through its actions, the US makes the already catastrophic humanitarian situation in Syria even worse and brings suffering to civilians. In fact, the US panders to the terrorists who have been tormenting the Syrian people for seven years, leading to a wave of refugees fleeing this country and the region. The current escalation around Syria is destructive for the entire system of international relations. History will set things right, and Washington already bears the heavy responsibility for the bloody outrage in Yugoslavia, Iraq and Libya. Russia will convene an emergency meeting of the UN Security Council to discuss the aggressive actions by the US and its allies”.  L’attacco missilistico Usa e dei loro “alleati” contro la Siria “è molto simile a un allenamento prima di iniziare il vero e proprio attacco”, rivela in una intervista a Radio Baltkom il primo e unico Presidente sovietico Mikhail Gorbaciov. “Penso che un attacco come questo, con questi risultati, non serve a nessuno. Questo è inaccettabile. Questo non fa bene a nessuno”, tuona Gorbaciov, premio Nobel per la Pace. Usa, Gran Bretagna e Francia, Sabato mattina 14 Aprile 2018, compiono attacchi missilistici su obiettivi civili, scientifici e governativi siriani che, secondo la coalizione Isis, sarebbero “utilizzati per la produzione di armi chimiche”. Dalle ore 3:42 alle 5:10 AM piovono sulla Siria più di 100 missili, la maggior parte dei quali viene “irradiata” dalle contromisure elettroniche russe e colpita dalla difesa aerea siriana. Le Forze Aerospaziali Russe sul campo non sono state coinvolte, ma hanno monitorato i lanci, analizzando il “cervello” e il “software” degli ordigni. Nello storico Briefing del 16 Aprile 2018, il Ministro russo della Difesa, Maggiore Generale Igor Konashenkov, rivela: “As it was promised, the Russian Defence Ministry analyzed effectiveness of missile and bomb strike made by the United States, Great Britain, and France on Syria as well as actions held by Syrian air defence units. It is to be reminded that on April 14 from 3.42 a.m. to 5.10 a.m. (MSK) different objects of the Syrian Arab Republic were attacked air and sea-based missile carriers of the United States and allies. The cruise missile strikes were delivered from the areas of the Red Sea, Arabian Gulf, Mediterranean Sea, al-Tanf illegally controlled by the US troops. Radar systems of the Syrian Arab Republic tracked 103 air targets. According to official statements made by representatives of military departments of the United States, Great Britain, and France all strikes were targeted at three Syrian objects. Therefore, each object was targeted at by 30 and more cruise missiles and air-to-ground missiles. However, such statements cause great skepticism. The fact is that all Syrian objects declared as targets are not subsurface ones or well protected by the echeloned air defence system of bunkers. As it can be clearly seen at space images spread by Western media, these are ordinary buildings on the surface. It is to be reminded that, for example, warhead of the Tomahawk cruise missile, depending on the type, carries up to half a ton of explosive weight. Therefore, it was enough not more than 10 missiles for each of the three targets in order to destroy them by any calculation methods, taking into account the triple overlap for their guaranteed destruction. Survey of the territory of the affected sites in Syrian settlements of Barza and Jaramana confirms these calculations. As it can be seen on the photograph of the facility in the Barza area, the nature of destruction as a result of a missile strike does not correspond to the scale of destruction from the use of three tens of cruise missiles. Moreover, the survey of the territory of this and other objects did not reveal either a large number of debris and fragmentations of ammunition, or a corresponding number of impact craters. Now, there is a real situation. Real targets of the strikes made by the US, Great Britain, and France on April 14 were not only objects in Barza and Jaramana but also Syrian military objects, including airfields. The Syrian Arab Army used S-200, S-125, Osa, Kvadart, Buk, and Strela air defence systems in order to repel this missile strike. It is to be stressed that Soviet designed systems were produced more than 40 years ago. The government troops also actively used the Russia-made Pantsyr air defence system, which had been received by the SAA earlier. This system during the anti-aircraft battle showed almost 100 percent efficiency. It is to be stressed that Syrian air defence system was organized on the principle of object defence. Almost all objects protected by air defence systems repelled the strike. In total, the Syrian AD systems eliminated 71 cruise missiles of 103 ones. Four missiles targeted the Damascus International Airport; 12 missiles, the Al-Dumayr airdrome, all the missiles have been shot down. 18 missiles targeted the Blai airdrome, all the missiles shot down. 12 missiles targeted the Shayrat airbase, all the missiles shot down. Two missiles targeted the Tiyas airfield, all the missiles shot down.  Five out of nine missiles were shot down targeting the unoccupied Mazzeh airdrome. Thirteen out of sixteen missiles were shot down targeting the Homs airdrome. There are no heavy destructions. Almost 30 missiles and corrected air bombs were targeted research-and-development objects located near Barza and Jaramana. Five of them were hit by Syrian AD systems. In total, Syrian air defence systems fired 112 air defence missiles. Pantsyr AD system fired 25 missiles and hit 24 targets; Buk system fired 29 missiles and hit 24 targets; Osa system fired 11 and hit 5 targets; S-125 system fired 13 missiles and hit 5 targets; Strela-10 system fired 5 missiles and hit 3 targets; Kvadrat system fired 21 and hit 11 targets; S-200 system fired 8 and hit no targets. It is to be added that no one should be misled by low results made by S-200 air defence missile systems. This system is primarily designed to hit aircraft. However, this system shot down a fighter of a neighboring country. The aircraft took efforts to intrude airspace of the Syrian Arab Republic. The rest systems showed very high efficiency despite high speed of targets and extremely small radar-cross section”. Il Presidente Vladimir Putin definisce l’attacco Usa “un atto di aggressione contro uno stato sovrano, la Siria”. Inoltre, né esperti militari russi né locali confermano “l’attacco chimico a Douma” diventato il mantra politico-istituzionale (anche euro-italiano) e il pretesto per la banditesca operazione Isis. Per motivare la guerra di invasione del 2003, gli Usa accusarono l’Iraq di possedere armi di distruzione di massa: il segretario di stato Colin Powell presentò all’Onu una serie di “prove” risultate poi false, come ha dovuto ammettere lui stesso nel 2016. “Prove” analoghe vengono oggi esibite per motivare l’attacco alla Siria effettuato da Stati Uniti d’America, Gran Bretagna e Francia. Il generale Kenneth McKenzie, Joint Staff Director del Pentagono, ha presentato il 14 Aprile una relazione, corredata da foto satellitari, sul Centro di ricerca e sviluppo Barzah a Damasco, definendolo “il cuore del programma delle armi chimiche siriane”. L’Italia è coinvolta pienamente sul piano logistico, come rivela il Comitato “No Guerra No Nato” per la serie “Falsi made in Usa e bugie made in Italy” (www.youtube.com/watch?v=02toJRYsEBQ&feature=share). Il che “consacra” gli Italiani come nazione co-belligerante. Con tutti gli oneri della Storia. Comprese, dunque, le sue amare conseguenze. Dove sono finiti i pacifinti? Che fine hanno fatto i partiti anti Nato e anti Bombe sui Civili? Così, come annunciato su Twitter, la Casa Bianca lancia i suoi “confetti” nelle tenebre della notte siriana! In televisione, ai suoi giovani concittadini storditi dall’ideologia del gender e dalla pornografia on line, Trump confessa di essere stato costretto a lanciare l’attacco perché “in Siria sono state usate armi chimiche”. Inoltre, ringrazia Francia e Gran Bretagna (non gli ascari Italiani che hanno promesso supporto alle missioni Usa, nascondendo però la mano complice, nell’ipocrisia dei partiti vittoriosi alle inutili elezioni politiche 2018) per un intervento privo di un via libera delle Nazioni Unite, lanciato prima dell’arrivo a Douma degli investigatori indipendenti dell’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPAC) per tentare di verificare cosa sia stato fatto veramente e da chi. Il rappresentante permanente della Siria alle Nazioni Unite, Bashar Jaafari, afferma che la missione dell’OPCW è in grado raggiungere il sito Mercoledì 18 Aprile 2018. La notizia di un presunto attacco chimico nella città siriana di Douma è apparsa il 7 Aprile. Dopo un’indagine approfondita della città da parte dei funzionari del Centro Russo per la Riconciliazione non sarebbero state trovate tracce dell’uso di armi chimiche. Bashar Jaafari denuncia che “gli attacchi lanciati contro la Siria sono un altro messaggio ai terroristi i quali saranno incoraggiati ad usare armi chimiche nei loro futuri attacchi. Le mie controparti in Francia, negli Stati Uniti e nel Regno Unito hanno dichiarato di aver bombardato i centri di produzione chimica in Siria: se i governi di questi tre Paesi conoscevano la posizione dei centri di produzione che hanno bombardato, perché non hanno condiviso queste informazioni con l’OPCW?”, domanda Bashar Jaafari in una sessione straordinaria del Consiglio di Sicurezza convocato dalla Russia. Jaafari precisa che un gruppo di esperti dell’OPCW è già arrivato a Damasco, dove incontra le autorità siriane. “Il mio governo darà pieno sostegno a questa delegazione affinché possa svolgere la sua missione”, sottolinea il diplomatico della Repubblica Araba Siriana bombardata dall’Occidente, osservando che “la costruzione del centro di ricerca di Barzeh, bombardato, è stato visitato dagli ispettori dell’OPCW lo scorso anno. Fu allora stabilito che la Siria aveva adempiuto ai suoi impegni con l’OPCW e che non c’erano tracce di sostanze chimiche in queste strutture. “Se gli esperti dell’OPCW ci hanno inviato un documento ufficiale l’anno scorso dicendo che il centro non era utilizzato per un’attività che potrebbe contravvenire ai nostri obblighi nell’ambito dell’OPCW, come si possono conciliare questo con le accuse che sono state presentate?”, domanda Jaafari ribadendo che “l’aggressione occidentale non impedirà al popolo siriano di decidere il proprio futuro politico”. Secondo gli analisti, l’attacco è probabilmente stato lanciato più per motivi politici interni agli Stati Uniti d’America che per motivi etici, e per “rassicurare Tel Aviv e Riad” anche se il Segretario alla Difesa James Mattis avrebbe dichiarato che “bisogna intervenire quando vengano violate le leggi internazionali”, spesso violate a dire il vero dagli stessi Stati Uniti e da Israele e dall’Arabia Saudita in Yemen dove milioni di persone soffrono la fame e i bombardamenti sauditi a suon di ordigni made in Italy. La serie di conseguenze di questi interventi illegali statunitensi portano a volte, non ad abbattere governi “totalitari”, come peraltro ce ne sono molti altri che continuano a operare indisturbati sotto il vessillo della “democrazia”, ma su pressioni politiche interne o per essersi “stancati del giocattolo”, a vedere gli Usa “ritirarsi” o limitare al massimo il proprio “impegno”, lasciando poi la regione destabilizzata: Iraq, Libia, Afghanistan lasciano sul terreno milioni di morti. Nel reale rispetto delle convenzioni internazionali oggi violate e nell’evitare vittime civili nei conflitti, non sembrerebbe emergere una superiorità morale degli Usa e di Israele. Gli Usa sono stati gli unici finora ad aver usato armi nucleari sul Giappone, non hanno certo risparmiato in termini di Napalm e Agente Orange lanciati sul Vietnam, sulla Cambogia e sul Laos, ma anche tralasciando il “passato remoto” dei crimini di guerre non prescrivibili, gli Usa e Israele non hanno sottoscritto molte delle convenzioni internazionali che tendono a rendere meno disumani i conflitti, come quella per la messa al bando delle mine antiuomo e del munizionamento a grappolo. Ordigni di cui anche Washington e Gerusalemme continuano a prevedere la possibilità di farne uso. Senza contare le loro fabbriche di armi chimiche (smantellate dalla Russia con l’intero arsenale) che per le medesime “ragioni” preventive andrebbero disintegrate immediatamente! Tali convenzioni sembrano diventare poco realistiche quando, oltre agli interessi, è in gioco la sopravvivenza personale o della patria. Peraltro, la sopravvivenza degli Usa dal 1776 non è mai stata veramente a rischio. E, nonostante il tragico strano “incidente” dell’11/9, normalmente sembrano a rischio gli interessi geo-strategici e politico-economici statunitensi. Come lo sono oggi, con una crescente sacrosanta credibilità e influenza russa in Medio Oriente e nel Mediterraneo nella lotta all’Isis e nella pacificazione della Siria. Altri stati “infestati” dal terrorismo hanno chiesto aiuto alla Russia. L’attenzione statunitense a prevenire danni collaterali delle loro azioni militari tra la popolazione civile, ha spesso lasciato perplessi, come dimostrano certi loro attacchi non esattamente “chirurgici” in Iugoslavia, in Siria (Raqqa) e in Afghanistan che hanno provocato non pochi problemi alle missioni “espansive” Nato. Dunque, non è pienamente comprensibile né legittimo che Trump si atteggi a giustiziere mondiale di fronte ai suoi elettori sia per far passare in secondo ordine i suoi problemi politici interni sia per controbilanciare una politica estera russa più efficace e più credibile sulla faccia della Terra e nella regione mediorientale. Non è altrettanto comprensibile che l’enfant prodige dell’Eliseo, distruttore della UE, ne approfitti per cercare di imporre la Francia come potenza europea di riferimento per il Nord Africa e il mondo arabo, dopo i macelli del XX Secolo. La distruzione della Libia di Gheddafi ne è il triste esempio. Analogamente, il contenzioso Londra-Mosca ha origini lontane e profonde nella Russofobia che ben poco ha a che fare con la “indignazione” britannica per l’eventuale uso di armi chimiche la cui matrice sembra essere tutta occidentale! Come spiegare al proprio di popolo di averlo avvelenato per errore durante una esercitazione militare che poteva finire molto peggio? Troppo facile tirare in ballo i Russi e Putin. Tutto sembra essere incomprensibile nell’ottica sia di interessi politici interni immediati dei tre leader sia di interessi nazionali a lungo termine dei rispettivi Paesi. A meno di un non voler davvero costruire una escalation. Ciò detto, è criminale che l’intervento illegittimo del 14 Aprile 2018 venga anche da noi Italiani inquadrato per quello che è: un atto di guerra militare, in aperta violazione dell’Articolo 11 della Costituzione Italian, tendente a “contenere” (mera chimera Usa, Nato, Ue!) l’influenza russa, a indebolire il Popolo di Assad, a mandare segnali ai propri alleati regionali quali Israele e Arabia Saudita peraltro attivi e pienamente responsabili della carneficina siriana. Azione che risponde esclusivamente agli interessi Isis delle tre potenze intervenute che non ha nulla di “umanitario” benchè il raid missilistico abbia provocato solo tre morti. Analogamente, sarebbe opportuno sapere se le dichiarazioni di pieno supporto all’azione prontamente rilasciate dal Segretario Generale della Nato, Stoltenberg, siano prima state concordate con gli ambasciatori tutti i Paesi membri (come avrebbe dovuto essere) o se si tratti della sua ennesima “iniziativa” personale per il fatto compiuto! Non ci sarebbe nulla di male se Roma si dissociasse da certe iniziative criminali di Paesi “amici” e ne evidenziasse i rischi per la stabilità del Mediterraneo e per la sicurezza nazionale dell’Italia. Ma così non è stato per bocca del governo Gentiloni e dei suoi sodali. “Difficile fare un bilancio dell’attacco unilaterale condotto nella notte tra Venerdì e Sabato scorsi da forze aeree e navali anglo-franco-americane contro obiettivi legati al supposto programma di armi chimiche siriano”, osserva Gianandrea Gaiani di Analisi & Difesa. “Sul piano politico e strategico tutti i protagonisti hanno incassato qualche vantaggio anche se i raid sono stati puramente simbolici, tesi a salvare l’onore della comunità internazionale come ha pomposamente affermato il presidente francese Emmanuel Macron”. Pura follia! Quanto al bilancio dell’attacco, da un lato non appaiono affatto gonfiati i dati sui missili abbattuti dalle difese aeree siriane, ben 71 su 103 ordigni lanciati secondo fonti russe e siriane confermate e non smentite da Washington, Londra e Parigi; dall’altro sembrano esagerate le valutazioni del Pentagono secondo cui “l’attacco ha azzoppato il programma di armi chimiche di Damasco, lo ha riportato indietro di anni e ha quindi indebolito la possibilità di futuri attacchi chimici da parte del regime di Assad”. Il governo legittimo di Damasco non dispone più di armi chimiche da quando ha consegnato i suoi arsenali all’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche nel 2014 e, se anche avesse conservato clandestinamente quantità di gas nervini come deterrente contro la potenza nucleare e chimica israeliana, certo non le avrebbe impiegate nella guerra di resistenza civile all’invasore Isis con il rischio di avvelenare il proprio popolo già “martirizzato” dagli squartatori di cristiani! No. La Russia ha distrutto l’Isis. Un eventuale utilizzo di questi gas sarebbe stato facilmente attribuibile al governo di Assad dal momento che oggi Usa e alleati conoscono bene i nervini siriani di cui hanno smaltito molte tonnellate quattro anni or sono, e potrebbero segnalarne l’utilizzo con un minimo margine di errore. Invece le cosiddette “armi chimiche” impiegate nel conflitto militare sono per lo più sostanze che possono diventare letali se ad alta concentrazione, specie in ambienti chiusi. Parliamo di Cloro o di precursori, cioè sostanze che miscelate opportunamente costituiscono aggressivi chimici. Una pazzia bombardarli! Anche volendo dar credito istituzionale alle denunce dell’Isis, che andrebbero invece prese con pinze, le immagini che mostrano soccorritori in maniche di camicia e privi delle protezioni adeguate a operare in ambienti contaminati, indicano l’assenza di gas nervini di tipo militare, letali in poche decine di secondi anche per assorbimento attraverso la pelle! Le fake news sulla Siria però abbondano anche al Parlamento italiano. Probabile quindi che i bersagli colpiti dai “missili da crociera” Usa, abbiano fatto parte di un programma siriano per le armi chimiche da tempo abbandonato? Ggli obiettivi erano evidentemente vuoti poiché colpire siti di stoccaggio e produzione avrebbe comportato il rischio elevato di liberare nell’ambiente sostanze in grado di uccidere milioni di persone. Per quanto concerne il ruolo dell’Italia, l’attacco non avrebbe coinvolto direttamente le basi italiane. Le ragioni sono evidenti: se queste “installazioni” sono risultate indispensabili per le forze aeree e navali statunitensi e Nato in occasione degli illegittimi attacchi contro i Serbi in Bosnia (1995), Kosovo (1999) e soprattutto durante le operazioni illegali contro il governo libico di Muammar Gheddafi (2011), per intervenire illegalmente in Siria gli Usa hanno potuto utilizzare “installazioni” ben più vicine al teatro operativo. I britannici conservano due basi aeree a Cipro, gli statunitensi dispongono di una rete di aeroporti a Creta, in Qatar, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Giordania e Turchia, come del resto i francesi che hanno però preferito far decollare i propri aerei convolti nel banditesco blitz dal territorio metropolitano. Le unità navali statunitensi coinvolte nell’attacco hanno lanciato i propri missili dalle acque del Golfo Persico e del Mar Rosso. Solo il sottomarino a propulsione nucleare “John Warner” ha lanciato sei missili Tomahawk dalle acque del Mediterraneo. Se è per questo, le polemiche sorte intorno alla sosta del battello nel porto partenopeo hanno poco a che fare con il suo ruolo nell’attacco alla Siria, avvenuto in tempi successivi alla sosta a Napoli che fece seguito alla conclusione di una esercitazione “Nato Dynamic Manta” nel marzo scorso, a cui parteciparono navi di superficie e sottomarini di diverse marine alleate. Impossibile “processare” le imbarcazioni militari per le guerre combattute prima o che combatteranno dopo l’ingresso in un porto di uno Stato alleato. Ma di certo il sottomarino Warner non ha lanciato i 6 missili da crociera contro gli obiettivi in Siria dall’interno di un porto o nelle acque territoriali italiane. Il lancio è avvenuto in mare aperto e in immersione, com’è previsto per ogni battello subacqueo impiegato in operazioni belliche. Obiettivi sempre sotto il tiro dei Russi che avrebbero potuto abbatterli e affondarli tutti in pochi secondi. Dalle basi statunitensi in Italia non è partito nessuno degli 85 missili (66 Tomahawk navali) lanciati dagli Americani contro Damasco e Homs né sono decollati i bombardieri B-1B che hanno lanciato i 19 missili aria-terra AGM-158B Jassm ER impiegati nel blitz dalle forze aeree di Washington: tali bombardieri sono decollati molto probabilmente dalla base qatarina di al-Udeid e, del resto, non sono mai stati basati in Italia. L’aeroporto di Aviano (Pordenone) non sembra aver avuto un ruolo nelle missioni sulla Siria, poiché i cacciabombardieri F-16 che equipaggiano il 31° Stormo non sarebbero stati coinvolti in questa operazione come i fanti aeromobili della 173a brigata dell’Us Army basati a Vicenza o i mezzi e le munizioni stoccati a Camp Darby (Pisa). L’unica base che ha ricoperto un ruolo di supporto all’attacco illegale contro la Siria, è quella di Sigonella. L’aeroporto “siciliano” ha visto il decollo degli aerei spia U2 e dei droni a lungo raggio per la ricognizione strategica “Global Hawk”, che potrebbero aver sorvolato la Siria per raccogliere informazioni o individuare i bersagli. Forse per sganciare ordigni. Anche i pattugliatori marittimi P8 Poseidon armati con missili antinave e antisommergibile sono decollati dalla base siciliana per “tenere d’occhio” la quindicina di navi e sottomarini Russi che hanno lasciato il porto siriano di Tartus nelle ore precedenti il blitz missilistico Isis. Un’attività che finora non ha registrato incidenti scongiurando così il rischio potenziale di coinvolgimento dell’Italia nell’escalation della crisi. Ma tutte le basi Usa in Italia sono sotto tiro! L’attacco delle potenze Occidentali sarebbe stato quindi “simbolico” anche perché non ha comportato scontri diretti con mezzi e armi della Russia. Ma se i P8 avessero aperto il fuoco contro le navi di Mosca, automaticamente la loro base di partenza in Sicilia sarebbe diventata un obiettivo legittimo per una ritorsione missilistica anche nucleare! Per questa ragione in termini politico-strategici la vera questione in ballo circa l’utilizzo delle basi italiane da parte delle forze statunitensi non riguarda tanto l’autorizzazione o meno del nostro governo all’impiego per azioni belliche, bensì la valutazione, che prima o poi dovrà essere fatta a Roma, se corrisponda o meno ai nostri interessi appoggiare iniziative militari unilaterali statunitensi e delle potenze nucleari europee contro la Russia che sta distruggendo l’Isis. Una riflessione che non mette certo in discussione la “fedeltà” alla Nato aggressiva e non più difensiva, sebbene il blitz sulla Siria abbia coinvolto l’Alleanza dopo il “misfatto”, non prima, considerato che nessuno Stato membro è stato invaso o minacciato dalla Siria e che gli anglo-franco-americani hanno condotto i raid unilateralmente e senza chiedere il via libera alle Nazioni Unite, al Consiglio d’Europa, alla Ue, agli alleati europei e ai loro Parlamenti. Quando nell’Anno Domini 2003 Washington e Londra invasero illegalmente l’Iraq vi furono dure reazioni da parte di alcuni alleati: la Turchia vietò agli statunitensi l’uso di Incirlik e di altre basi per attaccare Baghdad, mentre Francia e Germania criticarono duramente l’operazione “Iraqi Freedom”, rifiutandosi persino di partecipare alle operazioni di stabilizzazione post bellica che pure furono istituite sotto l’ombrello di una risoluzione dell’Onu. Incrinature forti nei rapporti tra alleati che non misero però in discussione il ruolo della Nato espansiva! Anche in base a queste valutazioni appaiono fin troppo servili, sulle posizioni di Washington e delle potenze europee, le esilaranti dichiarazioni rese dal presidente del Consiglio, dimissionario, Paolo Gentiloni: “L’Italia non è un Paese neutrale, che sceglie di volta in volta con chi schierarsi tra l’Alleanza Atlantica e la Russia: è un coerente alleato degli Stati Uniti”, tuona Gentiloni che, alla faccia delle Elezioni Politiche 2018 del 4 Marzo, ritiene “inaccettabile l’uso ripetuto di armi chimiche” (non provato) e “motivato l’intervento degli alleati anche se unilaterale e privo di quel mandato internazionale che l’Italia ha sempre considerato copertura necessaria alle azioni militari”. Dall’ottava potenza economica in piena crisi da dieci anni, decima per spesa militare mondiale, sarebbe lecito aspettarsi una maggiore autonomia nelle valutazioni strategiche, specie nei confronti di “alleati” che negli ultimi anni hanno contribuito sensibilmente a destabilizzare il nostro “giardino di casa”, alimentando il terrorismo internazionale di matrice islamista! Il limitato blitz missilistico anglo-franco-americano contro la sovranità della Siria ha distrutto obiettivi probabilmente di valore marginale per il governo di Assad. Ma consente a tutti i protagonisti di incassare qualche “vantaggio” dopo la loro figuraccia mondiale. Donald Trump ha ottenuto il plauso degli alleati più stretti degli Stati Uniti in Medio Oriente, Israele e Arabia Saudita, e ha compattato la Nato nel supporto non entusiastico a un blitz, pur se del tutto privo di legittimità giuridica internazionale. Soprattutto Trump è riuscito a mostrarsi più irrazionale del suo predecessore che rinunciò, dopo tanti moniti rivolti ad Assad, ad assumere iniziative belliche minacciandone di nuove in caso di ulteriori “impieghi di armi chimiche da parte di Assad”. Accuse infondate. Ma le prove, si sa, servono a poco nel mondo del crimine organizzato! Un “Trump con l’elmetto in testa” però serve a poco poiché solo in futuro la Storia potrà analizzare quanto il presidente Usa abbia scelto la strada dell’attacco, pur solo simbolico, alla Siria o quanto sia stato indotto a percorrerla per dimostrare ancora una volta di “non essere” amico del Presidente Putin. L’ombra della Russofobia sembra infatti continuare a influenzare pesantemente le scelte di Trump, Macron, May e chissà quanti altri leader Isis, fattosi eleggere e nominare in base a un “programma termonucleare” che prevede non certo la distensione con Mosca. Non è un caso che in un “tweet” risalente a 48 ore prima dell’attacco, il Presidente o chissà chi altri attribuisse proprio al “Russiagate” e ai suoi accusatori il deteriorarsi dei rapporti tra Usa e Russia. Follia! Ciò nonostante il raid missilistico limitato e simbolico ha evitato una rottura traumatica con la Russia e soprattutto una pericolosa escalation bellica, sempre possibili in qualsiasi istante. Parigi, che aveva preventivamente reso noto di non voler colpire obiettivi russi, pena la disintegrazione, dopo aver lanciato da navi e aerei 12 missili da crociera sulla Siria sottolinea ora la necessità di “aprire la strada alla soluzione diplomatica” di quel conflitto. Quasi una autocandidatura a inserirsi nel dialogo a tre (Russia, Iran e Turchia) che cerca da tempo di disegnare il futuro assetto del Paese mediorientale, ex protettorato francese, in un’ottica di stabilità. Ma il Popolo siriano ha scelto Assad. La Francia accetterà la democrazia siriana o farà di testa sua? Londra ha svolto il ruolo di “cenerentola” nel blitz sulla Siria con appena 8 “miseri” missili lanciati dai cacciabombardieri Tornado basati a Cipro. Del resto Theresa May è apparsa quasi obbligata a partecipare al blitz dal suo partito. Molti ambienti conservatori temono che l’attivismo militare di Parigi valga a Macron lo status di partner militare preferenziale di Washington a scapito delle tradizionali prerogative britanniche. La Ue è quindi defunta! Un pugno di missili per restare seduti alla destra dello Zio Sam? Per fare cosa? Altre guerre umanitarie? Può darsi ma la May ha pagato il prezzo per il blitz notturno sulla Siria con una feroce contestazione da parte delle opposizioni di Corby che lamentano l’assenza di un dibattito parlamentare e la presentazione di prove concrete circa le responsabilità del governo di Assad nel presunto mai provato “attacco chimico a Douma”, prima di accodarsi agli alleati in operazioni belliche illegittime. Un tema, quello delle prove di attacchi chimici, delicato e imbarazzante per il governo di Londra dopo la figuraccia del ministro degli Esteri sul caso Skripal. La pioggia di missili, per almeno due terzi abbattuti dalle difese aeree di Damasco, ha portato inaspettatamente vantaggi anche a chi l’ha subita, vincendo la partita, vista la folla di popolo nelle piazze siriane per celebrare Assad. Roba da infarto per i creatori di fake news londinesi! Mosca ha sottolineato che i suoi reparti militari e sistemi di difesa aerea non sono stati coinvolti nella difesa, evidenziando così come le potenze occidentali riconoscano la forza russa e temano di doverla fronteggiare con ingenti perdite (stimate al 95%). Certo la Russia non minaccia ma risponde con adeguate tesi difensive e esce rafforzata dal blitz guidato dagli Americani, riconfermando il peso strategico della Federazione Russa anche in Medio Oriente e sottolineando la contrapposizione tra il suo ruolo di stabilizzatore e quello dei destabilizzatori occidentali Isis che violano il Diritto internazionale schierati al fianco dei “terroristi” contro il governo legittimo siriano. Tre ore dopo la fine degli attacchi occidentali, i Siriani di Bashar Assad erano già mobilitati spontaneamente per organizzare manifestazioni di sostegno al governo, spacciato per “regime” in Occidente. Il che la dice lunga sul livello di disinformazione mondiale nei fatti siriani e non solo. Il Presidente Assad può vantarsi alle Nazioni Unite di essere sopravvissuto, e quindi molto più che simbolicamente di essere uscito vincitore dall’attacco illegale dei tre principali alleati occidentali dell’Isis, e di aver tenuto testa con onore ai loro missili “stupidi” facilmente accecabili già nella primissima fase di “lancio”! Il fatto che l’attacco sia stato puramente simbolico poco importa in termini propagandistici e non ci sarebbe da stupirsi se il blitz determinasse un ulteriore rafforzamento di Assad sul fronte interno ma anche nel mondo arabo. Per queste ragioni pare poco probabile che al di là delle giuste reazioni rituali, in casi come questo, sia la Siria sia la Russia sia l’Iran (l’attacco israeliano a una sua base in Siria, vicino ad Aleppo, che avrebbe provocato almeno 20 morti, la dice lunga sulla situazione di guerra!) passino a vie di fatto scatenando rappresaglie militari legali. Certo non sarebbe loro difficile colpire alcuni degli oltre 7mila militari statunitensi schierati illegalmente nella Siria settentrionale e Orientale al fianco delle forze curde e delle milizie arabe raggruppate nelle presunte “Forze Democratiche Siriane” senza alcun permesso del governo di Damasco! Un atto del genere offrirebbe vantaggi rilevanti alla causa russa solo se il mondo si unisse contro eventuali risposte militari di Washington che provocherebbero un’escalation forse inarrestabile e di certo costringerebbe Trump ad abbandonare definitivamente il proposito di ritirare le sue truppe dalla Siria. Un piano annunciato due settimane or sono, sgradito al Pentagono e ai Sauditi a cui, forse non a caso, ha fatto seguito la denuncia dei ribelli Isis di Riad dell’attacco “chimico” a Douma. Gli schieramenti sono quindi noti e sul campo. La Russia vuole la pace. La Siria vuole la pace. Ma gli invasori vogliono la guerra. L’Italia sembra rimanere fuori dalla nuova guerra voluta dagli Usa. Ma nella escalation gli Italiani saranno costretti ad obbedire agli Usa. Carabinieri compresi. E non alla Costituzione della Repubblica. Bocciata vergognosamente la risoluzione russa all’Onu, testo che denunciava i raid occidentali e chiedeva la cessazione immediata dell’aggressione contro la Siria, Washington al contrario si dice pronta ad un eventuale ulteriore attacco: mentre gli americani hanno il colpo in canna, nessuno si preoccupa di fornire le prove, peraltro distrutte nel bombardamento del 14 Aprile 2018, del presunto utilizzo di armi chimiche da parte di Assad. E i Russi hanno sempre tutto e tutti sotto tiro. Mentre la Francia e l’Inghilterra si sono affiancate felicemente agli Americani per bombardare un Paese sovrano in guerra di Resistenza da 8 anni, l’Italia non sembra voler rimanere fuori dal conflitto. È bene tener conto che le basi americane di Sigonella vengono utilizzate già adesso per i voli da ricognizione sulla Siria. I bombardamenti dell’Occidente, oltre a provocare destabilizzazione e vittime, rischiano di portare ad un’escalation fra Americani e Russi. Secondo Mirko Molteni, giornalista esperto di storia e argomenti militari, “in questo caso a differenza delle crisi degli anni scorsi, l’Italia potrebbe riuscire a mantenere un ruolo più limitato per varie ragioni. Prima di tutto essendoci ancora un governo uscente, la classe politica italiana preferirebbe non mettere il Paese in una situazione del genere quando vi è incertezza nella leadership. La posizione che sta emergendo e che probabilmente verrà confermata, dopo che il governo uscente di Gentiloni sarà andato a riferire in Parlamento, è di consentire il decollo di aerei da ricognizione da Sigonella, come sta avvenendo in questi giorni. Voli del genere infatti non necessitano del permesso del Parlamento italiano. Mentre invece se si trattasse di decolli di aerei da combattimento per missioni di guerra, in quel caso dovrebbe essere il Parlamento di Roma a dare l’assenso agli americani. Dai partiti del centrodestra allo stesso Movimento 5 Stelle è probabile che non si vada per l’approvazione dei voli di combattimento da basi italiane. Infine, mentre Francia e Gran Bretagna si sono subito schierate a fianco degli Stati Uniti, un altro grande alleato come la Germania ha già manifestato la sua opposizione ad una campagna militare. L’Italia potrebbe facilmente mettersi all’ombra della Germania e del Giappone che, pur essendo lontanissimo, ha preso una posizione politica di contrarietà sull’aggressione contro la Siria. Per ora abbiamo visto una replica di quanto era successo già nell’Aprile 2017, quando già Trump, da solo, lanciò una cinquantina di missili da crociera sulla Siria in una notte. Questa volta, cambia che al suo fianco ci sono anche Francia e Gran Bretagna, ma il quadro generale è simile. Certamente questa rapidità nella presa di posizione di Londra e Parigi fa pensare a qualcosa di preconfezionato. Nel caso di Londra potrebbe essere una conseguenza del misterioso dossier sull’avvelenamento di Serghei Skripal e di sua figlia Julia attribuito con troppa facilità alla Russia, anche in quel caso senza fornire prove. Nel caso di Parigi potrebbe avere contribuito in questi giorni anche il fatto che è stato in visita nella capitale francese il principe ereditario Bin Salman del trono saudita. Tutti conosciamo come l’Arabia Saudita sia indirettamente coinvolta nel conflitto siriano per il fatto di sostenere molti ribelli di ispirazione salafita e wahabita. Sappiamo bene come l’Arabia Saudita sia contrapposta all’Iran, il quale è alleato di Bashar al-Assad. Non stupisce che inglesi e francesi abbiano preso posizione quasi automaticamente a fianco di Trump dando adito alla formazione di questa alleanza che potrebbe scontrarsi anche con la Russia in Siria. Sono anche emerse fonti secondo cui gli stessi servizi segreti inglesi potrebbero avere contribuito a creare l’incidente del gas a Douma, come sostiene il Cremlino. Una guerra condotta dall’Occidente contro la Siria potrebbe portare a nuovi profughi verso l’Europa e a un passo indietro nella lotta al terrorismo. Gioverebbe agli Stati Uniti, perché non hanno molto da perdere sentendosi protetti dall’Oceano, mentre invece creando problemi all’Europa gli americani potrebbero continuare a presentarsi come l’alleato indispensabile senza cui l’Europa occidentale affonderebbe. Un altro effetto sarebbe minare i rapporti fra l’Europa occidentale e la Russia. Non è un caso che questa crisi arrivi pochi giorni dopo le ultime approvazioni in Germania per la seconda tratta del Nord Stream. Sembra tutto combaciare in questo senso. Inoltre un altro effetto dell’intervento in Siria è limitare l’espansione dell’Iran tramite le milizie sciite come Hezbollah. Si apre un’altra parentesi, cioè quella di Israele, che ha effettuato pochi giorni fa un attacco con missili lanciati da F15. Per quanto riguarda l’attuale crisi Israele sarà a favore di qualsiasi intervento che vada a colpire militari iraniani in Siria”. Israele sembra divenuta la vergogna di Dio! L’attacco missilistico a guida americana contro la Siria può portare ad un’escalation fra Stati Uniti e Russia. “Non è forse un caso che l’attacco sia stato deciso mentre si veniva a sapere che Lunedì 16 Aprile si sarebbe tenuta l’udienza per interrogare l’avvocato di Trump, Cohen, implicato nel caso della relazione del presidente con la pornostar Stormy Daniels: quale migliore occasione che far passare in secondo piano problemi di politica interna? Per certi aspetti sono ottimista: potrebbe disinnescarsi la crisi, come è avvenuto già nel 2011 quando Obama era sul punto per attaccare la Siria e le strutture del governo di Assad”. All’epoca fu dissuaso dalla pronta reazione di Putin e di Papa Francesco. “Russi e americani si staranno parlando per canali segreti per evitare errori di valutazione. Il problema in questo tipo di crisi è quando si fanno errori di valutazione sulle intenzioni dell’altra parte. Spesso si attribuiscono agli altri intenzioni più minacciose di quanto esse non siano. Sia Russi sia Americani devono continuare a parlarsi per canali segreti indipendentemente dalla facciata che passa sui telegiornali. Credo che le classi dirigenti di entrambi i Paesi siano molto preparate per lanciarsi i segnali giusti”. Se è salita alle stelle la tensione attorno allo scacchiere siriano, per un presunto attacco chimico contro i civili, a inasprire la situazione innestando una preoccupante reazione a catena è sempre la solita storia che mette in bilico gli equilibri mondiali: la russofobia. In Siria, l’Occidente perderà la nuova guerra mondiale, la terza e l’ultima. Senza uno straccio di prove (Habeas Corpus) l’Occidente filo Isis punta il dito contro Bashar al-Assad per un presunto utilizzo di armi chimiche in Siria. Attraverso un “tweet” il Presidente americano Donald Trump annuncia l’arrivo di missili contro la Siria. Pirateria allo stato puro! Facendo eco agli alleati americani, Inghilterra e Francia si dicono pronti per un attacco alla Siria. Vergogna l’Europa! Lasciando da parte la campagna mediatica delle fake news esplosa sui “social” dove molti personaggi famosi italiani incitano ad un’aggressione militare, il rischio di una possibile nuova guerra contro la già martoriata Siria è di per sé uno spregevole atto terroristico. Sebastiano Caputo, autore del libro “Alle porte di Damasco. Viaggio nella Siria che resiste” (GOG edizioni), giornalista e reporter, diverse volte in Siria per documentare la situazione in prima persona, ha potuto seguire da molto vicino tutti gli ultimi avvenimenti del conflitto siriano, essendo stato in Siria tutto il mese di Marzo. “Quando ero a Damasco tre settimane fa avevo assistito ad una conferenza stampa presso il Ministro della Difesa siriano, in cui hanno preso la parola i generali Russi e Siriani. Già tre settimane fa i relatori della conferenza avvertivano che i mass media occidentali con il supporto dei media della regione avrebbero scatenato una campagna mediatica sulle armi chimiche; abbiamo visto come tre settimane dopo questa previsione si è concretizzata nella campagna mediatica di questi giorni sul presunto attacco chimico. I giornalisti occidentali parlano di questo attacco chimico senza fornire le prove, gli unici che hanno le prove sono i militari sul campo a Douma, cioè i militari Russi e i militari Siriani. Loro hanno una posizione legittima per parlare di prove, sono gli unici a poterle fornire. Abbiamo visto al Consiglio delle Nazioni Unite come gli Smericani hanno ostacolato un’inchiesta indipendente proposta dall’Ambasciatore russo presso le Nazioni Unite, perché sanno che, a differenza degli Americani, i Russi possono fornire delle prove evidenti. Sappiamo benissimo inoltre la cornice di notizie in cui si parla sempre di attacchi chimici, queste campagne mediatiche avvengono in momenti specifici. Ora, per esempio, era il momento in cui Bashar al-Assad con il supporto degli Iraniani, dei Russi e degli Hezbollah aveva ormai riconquistato il 90% del territorio siriano. Che motivo avrebbe Assad di usare le armi chimiche scatenando su di sé questa ondata di aggressività da parte dell’Occidente? Con Trump siamo in una fase storica e rivoluzionaria da un punto di vista politico e mediatico. Abbiamo un presidente che manda dei tweet che si contraddicono in un’ora. Siamo di fronte ad un’Amministrazione palesemente divisa: vediamo dei personaggi, principalmente neoconservatori, che vogliono la guerra in Siria, vogliono recuperare terreno in Siria, perché hanno perso la guerra. Il loro scopo è riposizionarsi in Medio Oriente. Soltanto facendo un salto in avanti così importante possono in qualche modo presentarsi al tavolo delle negoziazioni con una posizione più forte. Non si capisce bene a che gioco stia giocano Trump, evidentemente vuole creare confusione all’interno della sua Amministrazione calmando le pressioni che riceve dal complesso militare industriale. Potremmo assistere ad un caso simile avvenuto qualche mese fa con la Corea del Nord: si parlava di un possibile scontro militare e poi si è concluso con un nulla di fatto, addirittura si paventa l’idea che Kim Jong-un si incontrerà con Trump. Inoltre dobbiamo dire che la Siria, rispetto ad altri casi storici precedenti, è dotata di un sistema anti missilistico molto sviluppato, non dimentichiamoci tutto il complesso militare russo sul campo. La situazione è molto diversa e potrebbe trascinarsi in una fase ancora più critica. L’Italia, nonostante una sovranità limitata, ha una indipendenza politica legata al fatto che non siamo una superpotenza con il diritto di voto al Consiglio delle Nazioni Unite. Ciò ci permette di muoverci in controtendenza rispetto ai diktat provenienti dall’America. L’Italia ha ricevuto qualche settimana fa il capo sei servizi segreti siriano, Ali Mamlouk, l’incontro è avvenuto in forma privata, una mossa abbastanza di rottura rispetto alla politica estera occidentale. Parliamo di un incontro eclatante, perché si tratta di un personaggio che non può viaggiare in Europa, eppure è stato accolto dal nostro ministro degli Interni e dall’Aise. L’Italia per quanto riguarda il passato durante l’attacco alla Libia in un primo momento ha cercato di ostacolare l’aggressione, poi ha dovuto cedere quando hanno minacciato di bombardare anche gli uffici dell’Eni sul territorio libico. Nel contesto di oggi Sigonella gioca un ruolo decisivo, è la base americana più importante nel Mediterraneo. Speriamo che l’Italia possa in qualche modo mantenere la schiena dritta, perché andare contro la Siria significa andare contro i propri interessi nazionali. Purtroppo ci troviamo in una situazione in cui il governo è dimissionario, c’è da dire che la coalizione del centrodestra e il Movimento 5 Stelle si stanno schierando abbastanza contro la guerra. Ci stiamo comportando tutto sommato bene, staremo a vedere anche lo sviluppo della situazione. Anche quando c’è stato il caso libico in un primo momento ci siamo comportati bene, in seguito ci siamo calati le braghe, detto in forma non giornalistica. Sui social si parla di attacchi chimici e di Siria senza conoscere la realtà dei fatti. Il tutto è partito dalle notizie arrivate dai canali informatici legati ai gruppi terroristici in Siria. Ad esempio i White Helmets non sono una Ong, ma si tratta di terroristi che si mettono l’elmetto bianco durante le riprese. È già grave che queste notizie vengano rilanciate senza alcuna verifica. A casa mia questa si chiama connivenza con i gruppi terroristici. Ancora più grave è la campagna mediatica nata con i personaggi come la Littizzetto, Saviano e Fabio Volo. Sono persone che non sanno assolutamente nulla di geopolitica, fanno tutt’altro nella vita, ma hanno un’audience in Italia. Queste persone hanno un seguito molto forte, sensibilizzano l’opinione pubblica verso le vittime della guerra siriana, senza sapere chi sono gli attori in campo, chi sono esattamente le vittime. Stanno preparando il terreno culturale per un’aggressione militare, possiamo definirli “testimonial di guerra”. Faccio un invito agli intellettuali, agli scrittori e agli artisti: ovviamente è giusto prendere una posizione, anche contraria. Non capisco perché un intellettuale non possa prendere posizione per fermare la guerra senza la paura di essere tacciato come sostenitore del governo siriano. Si tratta di fermare una guerra che potrebbe essere devastante per tutti quanti, compresa l’Italia, perché sarebbe un conflitto contro i nostri interessi nazionali. L’interesse nazionale è qualcosa che va al di là dello schieramento politico, della destra e della sinistra”. La Sicilia si trova al centro di una possibile escalation del conflitto siriano dai risvolti ancora imprevedibili. L’Isola italiana, soprattutto in queste ore di alta tensione, si trasforma in una vera piattaforma militare galleggiante a stelle e strisce! È inammissibile che la Sicilia sia già in guerra. Di fatto la base di Sigonella nella Sicilia Orientale, da dove partono aerei da ricognizione verso la Siria, è territorio americano. Le missioni in atto sono ovviamente segrete, ma l’importanza strategica per gli Americani dell’aeroporto di Sigonella e del Muos di Niscemi nel contesto siriano è indubbia. Il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, ha inviato la lettera al contrammiraglio Arturo Faraone, comandante della Capitaneria di Porto di Napoli, per protestare contro fatti avvenuti nelle scorse settimane, quando un sottomarino nucleare della Marina statunitense è spuntato nel Golfo partenopeo. Dopo aver preso inizialmente le distanze dall’intervento militare in Siria, il premier uscente Gentiloni ha riferito alle Camere in merito alla crisi siriana che “l’Italia non è neutrale, ma è un coerente alleato degli Stati Uniti”. Mentre i pareri dei partiti italiani si dividono sulla posizione dell’Italia nel conflitto siriano, un dato è certo: in una possibile escalation internazionale la Sicilia per la sua posizione strategica e per le sue basi americane si troverebbe al centro dello scacchiere e ne subirebbe le tristi conseguenze. Secondo Ciro Lomonte, segretario del Movimento Siciliani Liberi, “da un punto di vista geopolitico i siciliani sono un po’ divisi, di fatto perché non sono liberi, le decisioni di Roma spesso vanno contro la Sicilia stessa. In questo momento ci troviamo in uno scenario internazionale che è profondamente evoluto, prima c’erano i due blocchi. La situazione è cambiata, ma gli Stati Uniti continuano ad usare il mondo a proprio piacimento e nel caso specifico della Sicilia si comportano come se fossero i poliziotti mondiali che hanno il compito di risolvere i conflitti locali. Ai Siciliani non va bene, non ha più senso nel 2018. In Sicilia invece si percepisce la Russia come un baluardo della sovranità di tante nazioni che altrimenti verrebbero schiacciate da una visione di globalizzazione che massacra le identità locali. Inoltre alcune basi americane, come il Muos ad esempio, rappresentano un pericolo per la salute dei siciliani. La Sicilia viene usata per scopi militari americani, di fatto è stata trascinata nella guerra siriana, una guerra che non c’entra niente con i Siciliani. Oggi ho firmato un appello di vari Italiani per uscire da questo sistema per cui l’Italia ospita basi militari con addirittura delle armi nucleari che possono essere usate a piacimento dalla Nato e dagli Stati Uniti. Tutto ciò può travolgerci senza motivo in un conflitto nucleare. Il Presidente della Regione per le vicende che viviamo in questi giorni dovrebbe sedere nel Consiglio dei Ministri italiano e dovrebbe battere i pugni per esprimere il dissenso dei Siciliani. Siamo coinvolti senza volerlo in un conflitto internazionale che potrebbe avere conseguenze tragiche. Gentiloni ha riferito alle Camere che l’Italia non è neutrale nella vicenda siriana, ma è un alleato coerente degli Stati Uniti. È una situazione tragicomica. Gentiloni è l’ennesimo presidente non eletto dal Popolo da quando l’Unione Europea si è imposta di far cadere Berlusconi. L’Unione Europea ci impone di avere dei governi che ci spingano verso un asservimento alla globalizzazione e in particolare ad alcuni interessi americani. Proprio nei confronti della Russia è stata imposta una serie di sanzioni che hanno penalizzato l’Italia. Noi non stiamo parlando di presidenti del Consiglio liberi, stiamo parlando di uomini politici che rappresentano delle volontà estranee all’Italia. Il mio auspicio è che le basi vengano smantellate. Non è più tollerabile che in Sicilia, ma anche in altre regioni italiane, si corrano questi pericoli. Ho partecipato qualche giorno fa ad un convegno in cui si è parlato di una mappa disegnata 750 anni fa, trovata in un monastero tedesco, la Mappa di Ebstorf, che rappresentava il mondo allora conosciuto. All’epoca c’era Federico II, in quella mappa la Sicilia era rappresentata come il cuore del mondo, aveva un ruolo di protagonista dentro l’Europa, l’Africa e l’Asia. In questo momento la Sicilia è diventata lo zerbino delle potenze internazionali. Il mio auspicio non è solo che vengano smantellate le basi, ma che i Siciliani, popolo con una grande identità, possano ritornare ad essere protagonisti della propria storia con la loro ospitalità e la loro capacità di dialogare con i popoli di tutto il mondo. Abbiamo bisogno di recuperare la sovranità, non vogliamo essere asserviti agli interessi di multinazionali e agli interessi internazionali”. Ma Donald Trump in diretta tv annuncia l’attacco sottolineando “la necessità di agire contro i crimini e la barbarie perpetrati dal regime di Bashar al Assad” in contemporanea con il lancio dei missili Tomahawk. Chi è l’Isis? “La linea rossa fissata dalla Francia nel Maggio del 2017 è stata superata. Quindi ho ordinato alle forze armate francesi di intervenire questa notte nell’ambito di un’operazione internazionale congiunta con gli Stati Uniti d’America e il Regno Unito e diretta contro arsenali chimici clandestini del regime siriano”, dichiara il presidente francese, Emmanuel Macron, twittando la foto del momento in cui ordina l’attacco. “Non c”erano alternative praticabili all’uso della forza per degradare e dissuadere dal ricorso alle armi chimiche il regime siriano”, annuncia il premier britannico Theresa May aggiungendo che “non stiamo intervenendo nella guerra civile, non si tratta del cambio di regime”, precisa la May, che descrive i raid come “un attacco limitato e mirato”. Il Pentagono riferisce del lancio di 120 missili. La Russia parla di “oltre 100 lanciati contro obiettivi militari e civili in Siria da navi e velivoli statunitensi, britanniche e francesi”. Il ministero della Difesa russo precisa che nessuno missile è entrato all’interno delle “bolle” protette dalle difese aeree russe che sono situate intorno alle basi di Hmeymin e Tartus. Sempre secondo Mosca la difesa aerea siriana ha intercettato tutti i 12 missili cruise che erano stati lanciati contro l’aeroporto militare di Dumayr. I Russi sostengono inoltre di non aver attivato i loro sistemi di difesa aerea dislocati in Siria precisando che i raid di Usa, Gran Bretagna e Francia “sono stati contrastati unicamente dai sistemi antimissilistici siriani (recentemente ammodernati da Mosca) S-125, S-200, Buk e Kvadrat” che avrebbero distrutto 71 dei 103 missili lanciati dalla “coalizione occidentale” come riferisce il responsabile del dipartimento delle operazioni dello Stato maggiore russo, Sergei Rudskoi, alla Tass. Secondo lo Stato maggiore siriano la difesa aerea è riuscita ad abbattere la maggior parte dei 103 missili lanciati. Il Pentagono riferisce che l’attacco ha visto l’impiego di 105 missili, due in più di quelli registrati dai Russi e quasi il doppio dei 58 impiegati illegalmente un anno or sono dagli statunitensi contro la base aerea siriana di Sharyat. Gli Usa hanno lanciato dal mare 66 missili da crociera Tomahawk: 37 partiti da un incrociatore e un cacciatorpediniere dislocati nel Mar Rosso e 23 da un altro cacciatorpediniere in navigazione nel Golfo Persico. Altri 6 missili dello stesso tipo li ha lanciati dal Mediterraneo orientale un sottomarino. Altri 19 missili da crociera del tipo Jassm ER sono stati lanciati da due bombardieri B-1B, portando a 85 il numero di ordigni illegittimamente lanciati sulla Siria dalle forze statunitensi. Dodici i missili impiegati dai francesi, 3 dei quali lanciati da una fregata tipo FREMM (l’Aquitaine) che ha impiegato gli Scalp Naval al loro battesimo del fuoco, mentre 5 cacciabombardieri Rafale decollati dal suolo francese hanno lanciato 9 missili da crociera Scalp/Storm Shadow, gli stessi impiegati dai 4 cacciabombardieri britannici decollati dalla base cipriota di Akrotiry e che hanno lanciato sempre illegalmente 8 ordigni. Gli anglo-francesi, che hanno quindi contribuito con oltre il 20 percento delle armi impiegate, hanno colpito solo gli obiettivi intorno ad Homs. Tre gli obiettivi specifici ai quali ha mirato l’attacco sferrato dagli Usa alle 21 ora di Washington, tutti associati con il “potenziale chimico siriano”, riferisce la FNN (Fake News Network) citando fonti della Difesa Usa. Bersagliati a Damasco il centro per gli studi scientifici, due siti di stoccaggio per armi chimiche nell’area di Homs, un vicino posto di comando e forse anche la base aerea di Dumayr. Un vero atto terroristico in stile Isis, per chi non è disposto più a credere alle favole! Le installazioni prese di mira sarebbero in totale almeno cinque e includerebbero depositi logistici della Quarta divisione della Guardia Repubblica siriana nella base aerea di Mezzeh e nell’area di Kiswah, a Sud della capitale Damasco. Soprattutto il secondo obiettivo suscita perplessità. Possibile che il deposito di armi chimiche fosse vuoto e del resto gli stessi americani annunciarono nel 2014 che il “regime di Assad” aveva consegnato tutte le armi chimiche a sua disposizione. In caso contrario risulta incredibile che sia stato attaccato un deposito di armi del genere col rischio di disperderle nell’ambiente provocando un numero imprevedibile di vittime. Un attacco dal valore simbolico quindi, come quello dell’Aprile dello scorso anno scontro la base aerea di Shayrat. Anche oggi la Russia è stata avvertita in anticipo dell’attacco imminente, come ha reso noto il ministro della difesa francese, Florence Parly. Dettaglio che sembra confermare le notizie diffuse di fitti scambi di comunicazioni tra la “coalizione” a guida Usa e il Comando Russo in Siria, ma non confermato dopo il blitz dal capo di Stato maggiore delle forze armate americane, generale Joseph Dunford, il quale sostiene che Washington non ha avvertito in anticipo il governo russo degli attacchi né ha comunicato gli obiettivi nel mirino. Informazioni però note ai Russi. Rispondendo a una domanda specifica, nel corso di una conferenza stampa a Downing Street, anche  il premier britannico Theresa May ha negato che vi siano stati contatti preventivi con Mosca sull’attacco, almeno da parte del suo Paese. Le prime notizie sulle vittime siriane inducono a ritenere che si sia trattato di una “ammuina” con cui i leader anglo-franco-americani hanno tentato di salvare la faccia dopo essersi esposti promettendo rappresaglie “contro il regime di Damasco” per un impiego di armi chimiche ancora tutto da provare. Fonti russe a Douma riferiscono si sia trattato di una montatura organizzata con un vero set cinematografico dietro cui si nasconderebbe l’iniziativa dei servizi segreti di Londra. Parigi sostiene invece di avere prove delle responsabilità di Damasco ma non le ha mostrate mentre lo stesso segretario alla Difesa aveva ammesso di non disporre di prove concrete per accusare Assad e che gli elementi disponibili erano stati raccolti sui social media. Gli esperti dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) sono a Douma e iniziano ad effettuare rilievi: il fatto che il blitz degli alleati sia scattato poche ore prima dell’arrivo dei tecnici e, non dopo il rapporto dell’Opac, sembra confermare l’assenza di “pistole fumanti” concrete nelle mani degli Occidentali filo Isis, gli invasori della Siria, coloro che hanno sempre dipinto il conflitto come una “guerra civile siriana” fin dall’inizio. Mentendo e sapendo di mentire al mondo. Nella serata un altro attacco illegale di Israele, vergogna del Signore mio Dio, ha provocato almeno 20 morti a Sud di Aleppo in una base di miliziani iraniani, Hezbollah libanesi e milizie sciite afghane alleate di Assad. Secondo la Cnn Turca e i media israeliani, è stata colpita una base militare iraniana. Alcune fonti, hanno identificato i caccia che hanno sorvolato l’area, nella regione di Jabal Azzan, come aerei da combattimento israeliani. Fonti dei media di Hezbollah hanno però smentito le notizie e hanno affermato che le esplosioni sul sito sono state causate dallo scoppio di esplosivi all’interno del magazzino. “Ci può essere solo una valutazione politica: questa è una flagrante violazione del Diritto internazionale e un attacco contro uno stato sovrano senza alcuna ragione adeguata – tuona alla Tass, Konstantin Kosachev, Presidente della commissione Affari Internazionali del Senato russo – con un alto grado di probabilità, questo è un tentativo di creare difficoltà per la missione Opac che sta iniziando il suo lavoro a Douma o di farla saltare del tutto”. Per ora è un attacco una tantum che “ritengo abbia inviato un messaggio molto forte al Presidente siriano Bashar al Assad, tale da dissuaderlo rispetto all’utilizzo di armi chimiche”, spiega il Segretario Usa alla Difesa James Mattis. Il generale avverte tuttavia che “se Assad decidesse di utilizzare ancora una volta il gas, le nazioni che hanno firmato la Convenzione contro la armi chimiche avranno tutto il diritto di intervenire”. Un chiaro invito agli agenti Isis ancora sul campo. Ma la sorte della Siria non può essere decisa dagli invasori stranieri. L’attacco illegittimo contro la Siria, di Usa, Francia e Gran Bretagna non è stata una “operazione legittima, proporzionata e mirata” come sostenuto dal ministro degli esteri francese Jean-Yves Le Drian, poiché “l’uso delle armi chimiche” che viola il diritto internazionale, non è stato provato. È invece inaccettabile l’uso della forza di aggressione di un Paese sovrano. Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha dato il suo sostegno al bombardamento dei Stati Uniti, Francia e Regno Unito contro la Siria in risposta ai presunti attacchi chimici da parte del regime di Bashar al Assad. “Sostengo le azioni intraprese dagli Stati Uniti, il Regno Unito e la Francia: questo consentirà di ridurre la capacità del regime di riattaccare il popolo della Siria con armi chimiche”, ha detto Stoltenberg in una dichiarazione. Ankara pare abbia definito i raid alleati “adeguati”, mentre per il governo israeliano sarebbero “giustificati”. La prima risposta della Russia, stretta alleata di Damasco, è arrivata dopo l’annuncio della fine della prima ondata di raid e di bombardamenti: “Le azioni degli Usa e dei loro alleati non resteranno senza conseguenze”, tuona l’ambasciatore russo a Washington Anatoly Antonov. La prima reazione di Damasco è tesa a sminuire i risultati dell’operazione degli Usa e dei suoi alleati: se i raid sono finiti qui, hanno affermato fonti del governo di Damasco, i danni sono limitati. L’Iran avverte che ci saranno “conseguenze regionali” dopo i raid condotti da Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna contro obiettivi del regime di Damasco, raid che condanna “fortemente”. Secondo quanto si legge sul canale Telegram del portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, “gli Stati Uniti ed i loro alleati, senza alcuna prova e prima anche di una presa di posizione dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac), hanno condotto questa operazione militare contro la Siria e sono responsabili delle conseguenze regionali di questa azione avventurista”. Nel frattempo la nave da pattugliamento “Yaroslav Mudry” e la nave cisterna “Lena” della Flotta Russa del Baltico si uniscono al Gruppo navale della Marina Militare russa dislocato su base permanente nel Mediterraneo a seguito di una programmazione pianificata. Come dichiarato dal portavoce della Flotta Russa, il capitano di primo rango Roman Martov, “il distaccamento delle navi della Flotta del Baltico, comprendente la fregata di pattugliamento Yaroslav Mudry e la nave cargo Lena, ha intrapreso la rotta verso il Mediterraneo. Si tratta di una rotazione programmata delle forze del gruppo navale militare permanente della Russia nel Mar Mediterraneo. A bordo della fregata e della nave cargo, unità di antiterrorismo delle truppe da sbarco della Flotta del Baltico. “Durante la traversata l’equipaggio della Yaroslav Mudry svolgerà diverse manovre di combattimento di addestramento, comprese esercitazioni di difesa aerea e anti-sommergibile ed esercitazioni navali”, osserva il rappresentante della Flotta. La precedente traversata di lunga distanza dell’equipaggio della Yaroslav Mudry è stata completata nel 2016. La nave aveva garantito la sicurezza della navigazione vicino al Corno d’Africa ed in altre parti degli oceani del mondo. Secondo l’analista Germano Dottori, “da alcuni giorni i media si affannano a descrivere cause e contorni della nuova crisi internazionale sorta in Siria a causa del presunto impiego militare di ordigni al Cloro contro bersagli civili a Douma. Pochi si sono domandati come mai questo episodio bellico minore abbia determinato un confronto tanto aspro tra Stati Uniti e Federazione Russa a pochi giorni di distanza da quello sorto in seguito all’avvelenamento degli Skripal a Salisbury. Se tuttavia si sottopone ad un’analisi combinata i due eventi e ciò che è avvenuto successivamente, è difficile sfuggire alla tentazione di inquadrare i fatti in una prospettiva più ampia. L’idea che degli agenti al servizio del Cremlino possano aver condotto un attentato alla vita di una ex spia proprio alla vigilia delle elezioni presidenziali russe – e mentre il Governo di Mosca stava intensificando gli sforzi tesi alla rimozione delle sanzioni imposte contro la Russia per l’annessione (legittima, NdA) della Crimea – sfida la logica. Come fa a pugni con la razionalità politico-strategica anche l’ipotesi di una eventuale scelta fatta da Assad o dai suoi militari in favore dell’uso di armi proibite proprio mentre l’attenzione nei confronti della Federazione Russa e dei suoi alleati era massima e la situazione sul campo in Siria non lo giustificava con alcuna impellente necessità operativa. I dubbi che circondano le due vicende sono quindi tanti – anche dopo la caduta degli ordigni alleati – ed è interessante notare come ne nutrano anche persone che normalmente non mostrano alcuna simpatia nei confronti della Russia. A sollevarne ha contribuito anche la circostanza che Mosca avesse espresso più volte dopo Salisbury il timore di un prossimo attacco chimico sotto falsa bandiera proprio in Siria. Cosa spingesse le autorità russe a denunciare questo pericolo non è mai stato spiegato. Alla luce dei fatti, tuttavia, le interpretazioni relativamente convincenti non sono tantissime. E ce n’è solo una capace di spiegare le notevoli oscillazioni manifestate dal Presidente americano in questi giorni. Secondo alcuni analisti, quanto si è verificato a cavallo tra Inghilterra e Douma deriverebbe dalla battaglia in atto negli Stati Uniti tra coloro che appoggiano l’originaria agenda di Trump in politica estera e coloro che invece l’avversano con ogni mezzo possibile, in quanto aperta ad una più contenuta esposizione militare esterna degli Stati Uniti ed al riconoscimento di un ruolo russo di più alto profilo nella gestione dell’ordine internazionale. Si pensi al caso Skripal: Trump aveva ordinato l’espulsione di ben 60 diplomatici russi accreditati negli Stati Uniti e la chiusura del consolato di Seattle, reciprocate a stretto giro di posta da Mosca. Pochi giorni dopo, però, causando malcelato disappunto in molti ambienti, il Presidente aveva altresì dichiarato l’intenzione della Casa Bianca di ritirare i militari americani dalla Siria, affidando le sorti di quello sfortunato Paese a chiunque volesse occuparsene. Dopo Douma, Trump ha fatto certamente di più: innanzitutto accusando apertamente il Presidente russo di essere corresponsabile di un crimine di guerra e quindi annunciando l’arrivo imminente di una tempesta di missili in Siria, prima di affermare in un tweet privo di precedenti nella storia delle relazioni russo-americane che l’attuale acrimonia contro la Russia non sarebbe mai sorta, se a scatenarla non vi fosse stata un’indagine “illegale” condotta ai danni del tycoon per il presunto aiuto ricevuto in campagna elettorale dagli hackers russi. A rendere ancora più grottesca l’intera situazione erano giunte in extremis le voci concernenti la ripresa dei contatti tra i militari di Mosca e quelli di Washington e, addirittura, la possibile concertazione congiunta dei bersagli da colpire. Le anomalie di queste dinamiche sono fin troppo evidenti, poiché di solito i tacchini non collaborano alla preparazione del pranzo di Natale. Ma sono anche del tutto compatibili con l’attuazione di una complessa offensiva trasversale al cuore delle politiche di Trump, promossa, occorre ammettere con un certo successo, da chi pensa che gli Stati Uniti non debbano cambiare postura internazionale né, tanto meno, fare la pace con Mosca. Se neanche l’ultimo attacco alla Siria bastasse a piegare il Presidente americano, non si dovrebbero perciò escludere ulteriori incidenti futuri, anche in altri teatri, come ad esempio quello ucraino. Sono infatti in gioco privilegi e rendite importanti, sui quali ha da poco gettato la luce un apprezzato giornalista del New York Times, Jerome Corsi, secondo cui Trump potrebbe persino essere assassinato se non si adeguasse. Il volume “Killing the Deep State” sta andando molto bene nelle vendite e nessuno lo sequestra, malgrado vi sia scritto che gli apparati americani controllano il traffico mondiale di stupefacenti. C’è davvero poco di cui essere ottimisti”. Crolleranno le fondamenta dell’Isis e sarà la Russia a farle crollare. I partecipanti diretti alle riprese del video sulle “conseguenze di un attacco chimico” nella città di Douma in Siria sembra abbiano rivelato che il video è una messa in scena, come dichiarato dal maggiore generale Igor Konashenkov nel Briefing: “È stato possibile trovare i partecipanti diretti alle riprese di questo video e intervistarli. Oggi presentiamo un’intervista in diretta di queste persone. Gli abitanti di Douma hanno descritto dettagliatamente come sono state condotte le riprese alle quali hanno partecipato e che cosa hanno fatto. L’Esercito russo è riuscito ad assicurarsi che queste siano proprio le persone riprese nel video”. Secondo Konashenkov, tra queste ci sono “due medici che lavorano in un ospedale locale nel pronto soccorso. Questi ultimi hanno detto che tutte le vittime che sono state portate in ospedale non avevano sintomi di avvelenamento. Durante il primo soccorso medico all’ospedale, sono entrate delle persone sconosciute, ed alcune di loro avevano delle videocamere. Queste persone hanno iniziato a urlare, a provocare panico lanciando con dei tubi dell’acqua sulle persone e gridando a tutti i presenti che erano a rischio di avvelenamento. I pazienti e i loro parenti in preda al panico hanno iniziato a versarsi acqua addosso”, riferisce il Ministero della Difesa. “Tutto questo è stato ripreso e montato in un video, ma gli sconosciuti protagonisti sono fuggiti via rapidamente”, aggiunge Konashenkov.  Il 13 Marzo 2018 il capo di Stato Maggiore, Valery Gerasimov, riporta ai giornalisti che gli Stati Uniti volevano usare la provocazione dei guerriglieri nella Goutha orientale come scusa per bombardare i distretti governativi delle forze governative siriane a Damasco: “Abbiamo informazioni affidabili sulla preparazione da parte dei guerriglieri di una messa in scena sull’uso di armi chimiche contro i civili da parte delle forze governative. Con questo fine i guerriglieri stanno riunendo donne, anziani e bambini in Goutha orientale per mostrarli come vittime di attacchi chimici”, rivela il generale. Questi i fatti. La Cina si allea con la Russia in difesa della sovranità della Siria, e schiera la sua possente Flotta. L’alleanza militare della Russia con la Cina è l’altro evento storico dell’anno. Le esercitazioni navali della Cina nelle acque dello Stretto di Taiwan (www.youtube.com/watch?v=yRsKWQvJ_p4) possono già essere interpretate in primo luogo come un segnale a Taipei sulla necessità di rispettare il principio di “una sola Cina”, ma anche come il supporto cinese a Mosca nel contesto di tensioni crescenti con gli Usa in Siria. Lo riporta il South China Morning Post, citando fonti militari informate. In precedenza il Presidente degli Stati Uniti aveva promesso di prendere una decisione sulla risposta da dare alla Siria alla luce del presunto attacco chimico nella Ghouta orientale, che le legittime autorità siriane smentiscono. Il ministero degli Esteri russo dichiara che l’obiettivo della campagna mediatica di fake news sull’uso di armi chimiche da parte delle truppe siriane è quello di proteggere i terroristi e giustificare eventuali attacchi a Damasco dall’esterno. Lo Stato Maggiore delle Forze Armate Russe, il 13 marzo, aveva messo in guardia da una provocazione con armi chimiche da parte dei ribelli siriani nella Ghouta orientale. “Uno degli obiettivi principali delle esercitazioni nello Stretto di Taiwan è quello di dimostrare il sostegno di Pechino a Mosca che si trova di fronte a un possibile confronto militare con gli Stati Uniti”, riferisce una fonte militare cinese. Secondo l’interlocutore del giornale, “l’avvertimento del Presidente americano Donald Trump sull’attacco militare contro la Siria è stato in qualche modo inaspettato per Mosca e Pechino. La Cina, come un partner strategico della Russia, cerca di creare un improvviso problema controllabile per gli Stati Uniti, le esercitazioni nello Stretto di Taiwan sono l’opzione più praticabile, da cui usciranno vincitori Mosca e Pechino”, aggiunge la fonte del giornale. Allo stesso tempo l’esperto militare Antony Wong Dong di Macau osserva che “Pechino sta cercando di aiutare Mosca nel confronto aggravato con gli Stati Uniti intorno alla crisi siriana”. Gli esperti militari ritengono che Pechino non abbia scelto casualmente il 18 Aprile 2018 come data per le esercitazioni presso Taiwan: in questo giorno il capo dell’Amministrazione di Taiwan, Tsai Ing-wen, si reca all’estero in Africa, poi in Svizzera. Come notato da Song Zhongping, la partecipazione della prima portaerei Liaoning dovrebbe inviare un “segnale forte deterrente all’Amministrazione di Tsai Ing-wen, così come ai sostenitori dell’indipendenza dell’isola”. La Conferenza internazionale sulla Sicurezza in Russia è stata un osservatorio privilegiato per misurare gli orientamenti della politica estera e di difesa di Mosca, tra proiezione internazionale di influenza e isolamento da parte di un Occidente determinato a considerare la Russia una minaccia non inferiore a quella dell’Unione Sovietica! Ma il “contenimento” non funziona perché il mondo ha capito la verità. Entrambe le facce della medaglia sono apparse nitidamente alla settima edizione della Moscow Conference in International Security tenutasi nell’imponente Royal Radisson Hotel, l’ex Hotel Ucraina di sovietica memoria, situato simbolicamente di fronte, al di là del fiume Moscova, alla Casa Bianca dove ha sede il governo della Federazione Russa. Assente Vladimir Putin, impegnato ad Ankara nel vertice sulla Siria con Recep Tayyip Erdogan e Hassan Rohani, dove, a quanto pare, tra l’altro è emerso che le prime batterie del sistema di difesa anti missili balistici S-400 verranno fornite dalla Russia alla Turchia nell’Anno Domini 2019. Non l’anno successivo. Dopo le parole del sottosegretariato all’Industria della Difesa turca, Ismail Demir, i media turchi hanno evidenziato il disappunto della Nato: la fornitura potrebbe determinare sanzioni nei confronti di Ankara da parte degli Usa. La conferenza moscovita ha visto come relatori il ministro della Difesa Sergey Shoygu, che ha aperto i lavori in qualità di padrone di casa (l’evento è organizzato dal Ministero) e quello degli Esteri Sergey Lavrov che ha tenuto l’intervento conclusivo. L’assenza di delegazioni Occidentali, inclusa quella italiana, e una presenza europea limitata al 10% degli 850 partecipanti provenienti da 95 Stati, hanno sottolineato l’attuale momento di crisi nelle relazioni tra la Russia e la Nato, ingigantita dal caso Skripal. Alla faccia dello storico “evento” di Pratica di Mare del 2002 sempre citato per “convenienze” puramente interne in Italia ma senza proiezioni “unioniste” concrete. Il Consiglio Russia-Nato non decolla! Una vicenda che sta creando non pochi imbarazzi a Londra e dovrebbe crearne ancor di più negli Stati che, come l’Italia, hanno seguito le indicazioni anglo-americane di espellere diplomatici russi, soprattutto perché in concomitanza con la MCIS di Mosca è emerso che i laboratori militari britannici di Porton Down non hanno trovato alcuna prova che l’aggressivo nervino che ha colpito Sergey Skripal e sua figlia Yulia sia di origine russa. Anzi. Il responsabile del laboratorio, Gary Aitkenhead, ha riferito infatti in un’intervista che non è stato possibile “risalire all’origine precisa dell’agente chimico” smentendo clamorosamente il ministro degli Esteri che aveva dichiarato in un Tweet la certezza espressa dagli stessi laboratori al “110 per cento”! Una figuraccia a cui J. ha cercato sinistramente di rimediare cancellando il Tweet facendo così sprofondare nel grottesco la credibilità e la reputazione del Regno Unito. Non a caso la vicenda ha determinato anche un vivace dibattito politico interno in Gran Bretagna dove il leader laburista Jeremy Corbyn ha bacchettato J. per aver mentito attribuendo ai laboratori di Porton Down le prove della responsabilità russa del tentato omicidio di Skripal. Il leader laburista ha invitato J. ad essere “responsabile” (il ministro ha replicato accusando Corbyn di “fare il gioco della Russia cercando di screditare il Regno Unito”) ma il ministro degli Interni “ombra” laburista Diane Abbott ha detto chiaramente che “pare che Boris Johnson abbia fuorviato l’opinione pubblica sostenendo che gli scienziati di Porton Down gli avevano confermato che la Russia era la fonte del gas nervino usato a Salisbury. Boris Johnson rappresenta la Gran Bretagna sulla scena mondiale, ma ancora una volta ha dimostrato di non poterlo fare in modo responsabile”. Il governo di Theresa May, in evidente affanno, ha affermato che i test di Porton Down sono “solo una parte del quadro di intelligence” e che “non c’è altra spiegazione plausibile che una responsabilità russa”. Risposta deboluccia che rafforza l’impressione che Londra abbia cercato di manipolare i governi e l’opinione pubblica europea. Alla Conferenza di Mosca il capo dei servizi di spionaggio russi all’estero (Svr) Sergey Narishkin, ha accusato l’Occidente di “essere pronto a costruire una nuova cortina di ferro”. Frutti amari della Russofobia non curata da mille anni! Il comunismo occidentale, spacciato per creazione russa dai britannici in sede Onu, con c’entra affatto stavolta. A rivoltarsi nella tomba non è Marx, bensì l’Ammiraglio Nelson. La lotta contro l’inesistente cosiddetta “minaccia russa” è diventata una vera fissazione della politica di Washington, Londra e Parigi, ha raggiunto dimensioni tali e acquisito tratti “psichiatrici” talmente grotteschi da far parlare del ritorno al cupo periodo della Guerra Fredda. “Fa impressione il livello di ipocrisia con cui Washington e i suoi satelliti accompagnano l’espansione della potenza americana o, in termini più generali, occidentale”, osserva Narishkin. La “pressione aggressiva sui Paesi europei e Nato nel quadro del caso Skripal – rivela Narishkin – è una manifestazione evidente di questo approccio da parte di Washington”. Il capo degli “007” russi sottolinea che quello che occorre oggi non sono “divisioni ma uno sforzo comune per affrontare sfide del tutto nuove, come il terrorismo internazionale e lo sviluppo sostenibile del mondo in cui viviamo. È impensabile trovare la risposta a queste sfide, senza il coinvolgimento di Russia, Cina, India e Brasile e altri poli di un mondo policentrico”. Già, la visione multipolare “ostile” agli Usa unipolari, egocentrici, narcisisti, egoisti! Il tema del policentrismo è il leit-motiv dell’intera conferenza moscovita, sviluppato dai diversi ministri e militari intervenuti (arabi, iraniani, vietnamiti, indonesiani, indiani, mongoli, dell’America Latina, africani e dell’Asia Centrale e Orientale intervenuti con 31 ministri della Difesa e capi da stato maggiore) ma interpretato, soprattutto da Russi, Iraniani e Cinesi, come contrapposizione alla potenza globalista statunitense. Emarginata dall’Occidente, la Russia guarda ad altri continenti prendendo atto dell’isolamento impostole dall’Europa. Non dall’Italia che subisce! Il nuovo ministro della Difesa cinese, Wei Fenghe, esprime sostengo alla Russia sottolineando “l’alto livello dello sviluppo dei nostri rapporti bilaterali nonché la ferma determinazione delle nostre forze armate a rafforzare la cooperazione strategica”. Fenghe dichiara che “la partecipazione cinese alla conferenza di Mosca punta a far capire agli americani gli stretti rapporti tra le forze armate cinesi e russe, soprattutto in questa situazione”. La crisi siriana e in generale la minaccia jihadista dall’Asia Centrale al Sahel, dal Medio all’Estremo Oriente, sono stati al centro di diversi “panel” della conferenza di Mosca, anche se non è stato dibattuto direttamente il recente annuncio della Casa Bianca di voler ritirare le truppe statunitensi dal Paese mediorientale. Iniziativa contestata dal Pentagono e da molti ambienti governativi americani perché lascerebbe campo libero alle forze turche e a quelle di Bashar Assad con i suoi alleati Russi e Iraniani. “Non solo nei confronti della politica americana in Siria, ma anche nei confronti di tutta una serie di importanti questioni internazionali, abbiamo difficoltà a capire quali obiettivi perseguano gli americani. Anche se noi abbiamo le nostre valutazioni e supposizioni preferiremmo avere una presentazione più chiara degli obiettivi che gli americani hanno in questa o quest’altra parte del mondo, soprattutto nelle zone dove si intrecciano gli interessi di molti paesi chiave”,  dichiara il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, che non risparmia una frecciatina all’Amministrazione Trump imputando in parte “la contraddittorietà” degli Usa ai cambiamenti tra i responsabili della politica estera Usa, visto che “nessuno dei membri dell’Amministrazione Usa con delega agli affari esteri ha lavorato almeno un anno con tale incarico”. Un colpo basso con cui la “vecchia volpe” Lavrov rimprovera i “dilettanti” della politica estera statunitense, ma al di là delle stilettate in stile “guerra fredda” l’Occidente e in particolare l’Europa dovrà porsi, prima che sua troppo tardi, il problema dell’inadeguatezza della sua classe politica. Come in Italia. La MCIS ha quindi evidenziato le tensioni esistenti indicando prospettive e limiti dalla politica di potenza della Russia, costretta a puntare le sue carte oltre l’Europa a causa di una nuova Guerra Fredda che in pochi anni, dalla crisi in Ucraina del 2014, ha eretto muri e scavato profonde trincee dove prima c’erano solidi ponti gettati fin dagli Anni ‘90. Frutti amari degli Usa che non amano gli Europei. L’estromissione della Russia dall’Europa, ben evidente alla MCIS di quest’anno, rappresenta probabilmente il più grande successo strategico conseguito negli ultimi anni dagli Stati Uniti di Obama e Trump, e naturalmente dai loro alleati britannici. Ovviamente questi temi vengono ignorati dai politicanti italiani servili. Semmai desta perplessità la rinnovata sudditanza degli Europei nei confronti di un disegno che storicamente rappresenta gli interessi anglo-americani ma non certo quelli di un’Europa che, proprio perché in cerca di una dimensione strategica autonoma, non ha certo bisogno di nuove “cortine di ferro” ai suoi confini orientali. Se nessun osservatore neutrale, prima del bombardamento criminale Isis, ha potuto raggiungere Douma dove i miliziani salafiti filo sauditi di Jaysh al-Islam hanno denunciato un “attacco chimico” da parte delle forze di Damasco, lo dobbiamo a tutto questo. L’area è già sotto il controllo degli uomini di Bashar Assad dopo che i ribelli hanno accettato di consegnare le armi pesanti e di venire evacuati in altre zone sotto il controllo degli insorti ma solo militari e reporter Siriani e Russi avevano potuto raggiungere Douma nelle ore precedenti l’attacco, riferendo di non aver trovato prove di tali ordigni chimici né civili che ne fossero stati colpiti o avessero informazioni in proposito. Nonostante l’assenza di riscontri oggettivi sul terreno o comunque resi pubblici, la stessa convinzione di Macron viene riscontrata in ambito Ue da Maja Kocijancic, portavoce della Commissione europea: “in base ai nostri rapporti la maggior parte delle prove indicano che siano state usate armi chimiche”! Mentre, 24 ore prima del criminale blitz missilistico anglo-franco-americano,  anche il cancelliere tedesco Angela Merkel riteneva “evidente che la distruzione delle armi chimiche siriane non è stata completa”. In totale assenza di prove. Damasco ha posseduto per decenni un ampio arsenale di armi chimiche, come oggi possono vantare di avere gli Usa e Israele, comprendenti molti tipi di aggressivi, dai più rudimentali iprite e fosgene fino ai più letali nervini tipo Sarin e VX. Armi concepite come deterrente nei confronti delle testate nucleari di Israele ma che il governo siriano ha sempre negato di aver impiegato durante la guerra di resistenza all’invasione Isis. Come arma di rappresaglia contro i civili l’impiego più massiccio di armi chimiche risale al 1988 quando i jet di Saddam Hussein uccisero in pochi munti circa 6mila Curdi nella cittadina di Halabja. Sui campi di battaglia l’impiego più recente su vasta scala si registra durante la guerra Iran-Iraq (1980-88) mentre nel conflitto in Siria e Iraq degli ultimi anni l’utilizzo Isis pare sia stato sporadico e di tipo tattico, solitamente con l’obiettivo di impedire al nemico di avanzare o per indurlo ad abbandonare postazioni o centri urbani. La discussa strage di Ghouta, nell’Agosto 2013, denunciata dai “ribelli” jihadisti e in cui morì un numero imprecisato di persone (stime variabili tra 280 a 1.700) rischiò di provocare un intervento armato di Usa, Francia e Gran Bretagna. In quel caso le Nazioni Unite accertarono l’impiego di gas Sarin ma non fu possibile attribuirne la responsabilità. L’ipotesi che non si trattasse del gas in dotazione all’Esercito Siriano sembrò suffragata dalle immagini, ricorrenti anche nelle successive denunce di attacchi chimici, di soccorritori privi degli indumenti necessari a sopravvivere in ambienti contaminati dalle armi di distruzione di massa. Cinque anni or sono Mosca riuscì a scongiurare l’intervento militare degli Usa e dei loro alleati impegnando Damasco a consegnare i suoi arsenali chimici che vennero portati fuori tutti dal Paese, come certificò l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, a cui non aderiscono ad esempio gli Usa e Israele, per essere smaltiti in alcuni centri specializzati in Europa e a bordo di una nave americana specificatamente allestita nel Mediterraneo. L’ipotesi che la strage di Ghouta fosse una montatura provocata dagli “insorti” Isis per addossarne la colpa a Damasco, è risultata credibile. Nel Novembre 2015 il deputato del Partito Popolare Repubblicano turco, Eren Erdem, rivelò che la strage era stata effettuata dai “ribelli” qaedisti che avrebbero ricevuto il materiale per produrre il gas dalla Turchia. Erdem mostrò in Parlamento il fascicolo aperto dalla Procura di Adana, poi archiviato, accusando il governo di Ankara di aver insabbiato il caso. Da quanto è emerso alcune milizie salafite avrebbero avuto a disposizione aggressivi chimici e “precursori”, cioè gli elementi che miscelati da tecnici esperti permettono di disporre di armi letali. Inchieste giornalistiche hanno evidenziato come Cloro e precursori sarebbero stati forniti a diverse milizie ribelli, mentre in alcune interviste comandanti salafiti ammisero di avere la possibilità di produrre agenti nervini in laboratori artigianali grazie al supporto di Riad e anche della Turchia secondo quanto riferito nel 2015 dal Dipartimento per la non proliferazione delle armi di distruzione di massa del Ministero degli Esteri russo. Il conflitto siriano ha visto quindi l’impiego soprattutto di sostanze chimiche a elevata concentrazione, come il Cloro che evapora in tempi rapidi, più che di vere e proprie armi chimiche. I governativi sono stati accusati più volte di aver lanciato dagli elicotteri barili esplosivi pieni di Cloro per sloggiare i “ribelli” da alcune aree urbane, come sarebbe avvenuto a Douma, ma anche molte milizie hanno impiegato armi simili in diversi contesti. Jaysh al Islam ha colpito col Cloro i Curdi nell’Aprile 2016, mentre cinque mesi dopo i caccia americani individuarono e distrussero vicino a Mosul, nell’Iraq settentrionale in mano al “Califfato”, un ex impianto farmaceutico in cui i jihadisti producevano armi chimiche a base di Cloro e gas mostarda, che ebbe il battesimo del fuoco nelle trincee francesi durante la Prima Guerra Mondiale. Non è chiaro se l’Isis avesse recuperato materiale chimico idoneo all’uso bellico in depositi segreti appartenuti alle forze di Saddam Hussein, molti combattenti del “Califfato” erano ex militari del raìs “creati” dagli Usa, o se i prodotti chimici venissero reperiti in Turchia dove il sedicente “stato islamico” vendeva il petrolio estratto dai pozzi occupati in Iraq e Siria, come scoperto dai Russi. Di certo tra le diverse milizie jihadiste che hanno utilizzato aggressivi chimici, inclusi i qaedisti del Fronte al-Nusra, l’Isis è quella che le ha impiegate su scala più vasta e sul campo di battaglia, come hanno denunciato i “peshmerga” Curdi Iracheni e come confermò, dopo la cattura da parte delle forze speciali americane, Suleiman Daoud al-Afari, il responsabile del programma dell’Isis per la produzione del gas mostarda. L’intelligence statunitense rivelò che lo “stato islamico” non era in grado di sviluppare armi chimiche più evolute come il gas nervino, ma è evidente che aggressivi chimici, pur se rudimentali ma in mano a tutti i contendenti, possano costituire anche una formidabile arma di propaganda per accusare gli avversari di crimini di guerra. In Italia preoccupano personalità che, pur avendo rivestito incarichi ministeriali nel governo, dimostrino idee confuse su materia tanto delicata come l’appartenenza all’Alleanza Atlantica che ha ormai esaurito la sua funzione originale difensiva preferendo verstire i panni dell’espansionismo aggressivo, innaturale per la nostra Costituzione. L’ignoranza dei politici è totale. Dunque è pericolosa. Pare che la Nato abbia deciso tutto. Il fatto che gli UsA attacchino illegalmente obiettivi siriani in Siria farebbe scattare l’Articolo 5 che impone a tutti gli alleati di intervenire in armi se uno Stato membro viene attaccato. È il casus belli ricercato da Trump e associati Isis. Che siano o meno state impiegate armi chimiche da parte delle forze di Bashar Assad, è comunque più o meno irrilevante da un punto di vista degli eventuali obblighi degli alleati a sostenere o meno un intervento militare Usa, sebbene illegittimo, di cui peraltro nulla si conosce se non quanto Trump condivida improvvisamente su Twitter! Immaginate Hitler sui “social”! L’eventuale azione militare americana si svilupperebbe senza alcuna copertura di un mandato Onu e già questo fattore, tutt’altro che trascurabile, ne farebbe un’azione squisitamente criminale. Le guerre scoppiano a volte per caos! La Nato è stata tirata in ballo dopo i fatti, è stata coinvolta dall’insofferente inquilino della Casa Bianca che ha esposto all’Alleanza le sue preoccupazioni, non ha condiviso le eventuali prove in suo possesso né ha sollecitato una decisione consapevole e soprattutto unanime degli Alleati per annunciare un intervento in armi in Siria. Francia e Gran Bretagna hanno obbedito al padrone. L’azione militare in escalation contro la Santa Russia verrebbe quindi condotta da assetti sotto comando nazionale e sulla base di decisioni assunte a Washington, Parigi e Londra. Preparatevi, Italiani! Nel migliore dei casi si tratterebbe di una “coalition of the willing” che nulla avrebbe a che fare con l’Alleanza Atlantica, come non lo ebbero né “Enduring Freedom” nè “Iraqi Freedom”, lanciate dagli Usa di Bush junior con britannici e pochi altri alleati. Non partecipare e non fornire appoggio a questa operazione, di cui ci sfuggono gli obiettivi finali tra i quali certo non ve ne sono che corrispondano alla stabilità nel Mediterraneo e neppure agli interessi di UE e di Italia, non significherebbe certo una dimostrazione di scarso attaccamento ai “valori” atlantici e ai “legami” che ne discendono. Che sono sotto gli occhi di tutti con i loro “frutti” amari. Anzi, sottrarsi a questa avventura militare dimostrerebbe la capacità di elaborare una politica estera e di sicurezza autonoma, che tenga in considerazione i tanto vilipesi interessi nazionali italiani. Come ad esempio fecero Parigi e Berlino nel 2003 quando non solo contestarono l’invasione dell’Iraq ma posero il veto a fornire una copertura Nato all’intervento a guida Usa, a cui l’Italia si accodò quando la guerra contro Saddam Hussein era finita e sotto l’ombrello di una risoluzione dell’Onu che raccomandava la stabilizzazione del Paese arabo. Dovrebbe essere chiaro che rifiutarsi di sostenere l’operazione illegale di invasione che va configurandosi in Siria o di accodarvisi bovinamente, nella cui pianificazione e condotta gli organi dell’Alleanza Atlantica sono ormai stati coinvolti, non inficerebbe assolutamente la fedeltà atlantica dell’Italia che ripudia la guerra di aggressione contro uno stato sovrano! Né ci si può nascondere ancora dietro a posizioni di ambiguo compromesso come il “supporto agli Usa ma senza partecipare ai raid”, nella peggiore tradizione italiana. In quest’ottica e nei limiti fissati dagli accordi bilaterali Italia-Usa al riguardo (richiederebbero una riscrittura che ci veda in posizione di minor sudditanza dato che il contesto non è più quello della Guerra Fredda) non dovrebbe essere concessa neanche la disponibilità delle basi aeree situate sul territorio italiano per azioni militari statunitensi nel quadro di questo potenziale intervento che sarebbe squisitamente Usa e Nato. A meno che non si riconoscano dall’esperienza le amare lezioni apprese partecipando alla guerra contro la Libia di Gheddafi, dopo aver firmato un tratto di amicizia. Non ci hanno insegnato nulla? In verità, la guerra termonucleare ucciderà tutto e tutti. Quello che ci hanno raccontato sulla Siria è infatti tutto falso (www.youtube.com/watch?v=svJkywriX7U&feature=share). Già nel 2015, un anno prima della liberazione di Aleppo grazie ai Russi, Suor Guadalupe de Rodrigo, missionaria argentina dell’Istituto del Verbo Incarnato, smontò le fake news sulla guerra in Siria diffuse dai mass media, la cui opera di manipolazione ancora oggi fa credere anche a Papa Francesco l’opposto di ciò che realmente accade in Siria. Il padre predicatore domenicano Alberto Viganò rivela: “In Siria, non c’è nessuna banca centrale Rothschild; la Siria ha vietato gli alimenti geneticamente modificati e la coltivazione e l’importazione degli stessi; la Siria è l’unico Paese arabo che non ha debiti con il fondo monetario internazionale né con la Banca Mondiale né con chiunque altro; la famiglia Assad appartiene all’orientamento Alauita: trattasi di una corrente sciita minoritaria di Islam tollerante; gli sciiti vengono combattuti dalla morte di Maometto dalla maggioranza sunnita; le donne siriane hanno gli stessi diritti degli uomini allo studio, sanità e istruzione gratuiti; le donne siriane non sono obbligate a indossare il velo; la Sharia (legge islamica) è incostituzionale in Siria; la Siria è l’unico Paese arabo con una Costituzione laica e non tollera movimenti estremisti islamici che vengono combattuti severamente (anche con metodi estremi); circa il 10% della popolazione siriana appartiene a uno dei molti rami cristiani, sempre presenti nella vita politica e sociale; in altri Ppaesi arabi la popolazione cristiana non raggiunge l’1% a causa dei maltrattamenti subiti; la Siria è l’unico Paese del Mediterraneo interamente proprietario del suo petrolio (circa 500.000 barili/giorno) e che non ha privatizzato le sue aziende statali; la Siria ha un’apertura verso la società e la cultura occidentale, come solo il Libano nel mondo arabo; la Siria era il solo Paese pacifico in zona, senza guerre o conflitti interni; la Siria è l’unico Paese al mondo che ha ammesso i rifugiati iracheni, senza alcuna discriminazione sociale, politica o religiosa; il dottor Bashar Al-Assad (oculista) ha un’elevata approvazione popolare; la Siria ha discrete riserve di petrolio (circa 2,5 miliardi di barili) riservate alle imprese statali”. Ecco invece cosa raccontano agli Italiani sulla Siria al Parlamento della Repubblica d’Italia dove ogni fondamento del Diritto internazionale e della Giurisprudenza costituzionale è stato tradito, offeso, umiliato, distrutto sull’altare del maligno, per mano di bravi “cristiani” timorati degli Usa e non di Dio (www.senato.it/Leg18/3818?seduta_assemblea=5). Vergogna condivisa con il Parlamento Europeo, il suo Presidente Taiani, e dalla Segreteria Generale delle Nazioni Unite che non condanna i bombardamenti di Usa, UK e Francia contro la Siria, anche in assenza di verifica indipendente Onu delle fonti per manifesta “incapacità”. Il Segretario Generale giudica la Siria la “peggiore minaccia alla pace mondiale”. Pura follia! L’attacco aveva richiesto una convocazione d’urgenza del Consiglio che dopo due ore si è di fatto concluso con un nulla di fatto o meglio ha mostrato un inasprimento nei rapporti tra Stati Uniti e Russia. Con 8 voti contrari, 4 astensioni e 3 favorevoli, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha bocciato Sabato 14 Aprile 2018 la proposta di condanna dell’aggressione alla Siria richiesta dalla Federazione Russa. L’attacco di Venerdì notte a “sospetti siti di armi chimiche” da parte di Stati Uniti, Francia e Regno Unito, è stato solo una prova di forza militare. Ma la costruzione di un’idea di guerra attraverso accuse di notizie prefabbricate a favore di un intervento armato, prove dichiarate attendibili ma non esibite, “consacra” il totale oblio della Carta delle Nazioni Unite. Nella proposta russa respinta si chiedeva agli Usa e ai suoi alleati di astenersi da ogni ulteriore uso della forza anche per non interferire con il lavoro dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opcw) che nel frattempo era giunta in Siria e aveva iniziato a raccogliere prove sul sospetto gas utilizzato contro i civili nella città di Douma. Ma i bombardamenti non garantivano l’incolumità dei membri. Il Segretario Generale António Guterres, stupendo il Consiglio Onu, ricorda che è suo dovere far presente agli Stati membri il loro obbligo in materia di pace e sicurezza, e che il loro agire deve essere improntato in modo coerente alla Carta delle Nazioni Unite e al Diritto internazionale. Guterres afferma che “la Siria oggi rappresenta la più seria minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale, con guerre per procura, milizie nazionali e internazionali, combattenti stranieri da tutto il mondo e vari gruppi terroristici, nonché violazioni del diritto internazionale, del diritto internazionale umanitario”. È palese il disappunto di Guterres per l’incapacità degli Stati membri di istituire un processo investigativo indipendente bocciato durante la settimana da veti incrociati: “Se la legge viene ignorata, è indebolita”. Poi esorta tutti: “Serve mostrare moderazione in circostanze così pericolose ed evitare azioni che potrebbero aggravare le cose e peggiorare la sofferenza del popolo siriano che per otto anni ha sopportato fame, attacchi civili, uso di armi chimiche, violenze sessuali, torture, detenzioni e sparizioni forzate”. Il dialogo che ne è seguito ha immediatamente archiviato la parola “moderazione”. La Russia attraverso il suo ambasciatore Assily Nebenzia ha condannato l’attacco perpetrato contro la Siria, giudicandolo “un atto aggressivo nei confronti di uno Stato sovrano senza un mandato del Consiglio e in violazione della Carta e delle norme internazionali”. E ha proseguito accusando i servizi di intelligence straniera “di aver architettato la messinscena di Douma, perché gli esperti militari della Federazione Russa non hanno trovato tracce né di cloro né di altri agenti tossici”. Nebenzia continua a citare esperti che non hanno trovato traccia di attività che avrebbe contravvenuto alla Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, produzione, stoccaggio e uso delle armi chimiche e della loro distruzione (Convenzione sulle armi chimiche), osservando che le strutture scientifiche in Siria erano utilizzate per scopi pacifici. Nebenzia sottolinea che la mancanza di indagini indipendenti e le notizie diffuse falsamente attraverso i social media delle Ong hanno alimentato la propaganda su “un’iniziativa militare illegale” a cui hanno preso parte anche Regno Unito e Francia per le “costanti tentazioni di neo-colonialismo. Non avete bisogno di indagini. Non ne avevate bisogno prima e non ne avete bisogno oggi”, ha riconosciuto giustamente l’ambasciatore russo sottolinenado che “il conflitto potrebbe finire in un giorno, se Washington, Londra e Parigi ordinassero ai terroristi scelti di proposito di smettere di combattere le autorità siriane”. Non meno dura è stata l’ambasciatrice Usa, Nikki Haley, che ha chiaramente espresso la posizione imperiale del suo Paese: “Gli Stati Uniti sono pronti e carichi e se il regime sfiderà ancora la nostra volontà, utilizzando nuove armi chimiche non si escludono ulteriori azioni di pressing”. Che tradotto vale a dire nuovi attacchi militari. “Il tempo per parlare si è concluso la notte precedente – ha ribadito Halley – quando gli Usa, il Regno Unito e la Francia hanno agito, non per vendetta, punizione o uno spettacolo simbolico di forza, ma per scoraggiare il futuro uso di armi chimiche da parte del regime siriano ritenuto responsabile degli attacchi a Douma”. L’ambasciatrice Usa accusa la Russia di architettare una campagna di disinformazione poiché le prove che dimostrano la colpevolezza di Assad sono inequivocabili, ma anche qui nessun documento ufficiale viene esibito. Lo scambio di accuse evidenzia un clima teso, reso rovente dall’affermazione che la Russia non ha garantito la distruzione delle scorte chimiche siriane e al contrario “ha difeso il regime che in tal modo ha agito impunemente. È il veto della Russia ad aver ucciso il meccanismo di investigazione indipendente e Assad ha ottenuto in questo modo il via libera per usare le armi chimiche contro il popolo siriano”. Infine Haley, che aveva sentito Trump poco prima dell’inizio del meeting, ha detto che quando “il presidente attraversa la linea rossa, quella linea intendende rafforzarla”. Nel suo intervento l’ambasciatrice britannica, Karen Pierce, ha spiegato che il suo governo si era sentito autorizzato “dal diritto internazionale a prendere misure serie per alleviare le gravi sofferenze umanitarie del popolo siriano” e che i 113 incontri del Consigli sulla Siria erano stati “una litania di violazioni del diritto internazionale”. Il Regno Unito ha proposto un piano di quattro punti per uscire dall’empasse decisionale: “la fine del programma di produzione di armi chimiche in Siria e la distruzione delle scorte; la cessazione immediata delle ostilità; il ritorno del regime siriano ai colloqui di Ginevra; il mantenimento degli impegni dell’agenda dell’inviato speciale del segretario generale per la Siria”. Anche Londra parla di prove inequivocabili sulle responsabilità di Assad e cita la presenza di un elicottero del regime su Douma il giorno dell’attacco e l’assenza di forze legate al Daesh. La Francia attraverso il suo ambasciatore François Delattre assicura di non avere dubbi sulle responsabilità di Assad anche in seguito ad un rapporto dei suoi servizi segreti ricevuto, dove erano evidenti le violazioni della Convenzione sulle armi chimiche e del Protocollo di Ginevra, violazioni che si aggiungono a quelle già messe in atto dalla Siria nei confronti delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza. Ma anche qui nessun rapporto viene distribuito ai presenti e consegnato al segretario Guterres. Fumo e missili che potrebbero scatenare la Terza Guerra Mondiale in pochi istanti, senza prove perché saremmo tutti morti prima di vederle. La Francia attribuisce alla Russia la responsabilità per lo stallo del Consiglio e spiega che l’attacco “proporzionato e preciso” eseguito era “una risposta forte per far sì che gli orrori non restassero impuniti”. La Francia ha annunciato la presentazione di una nuova bozza di risoluzione assieme a Regno Unito e Usa per istituire un meccanismo internazionale di sradicamento del terrorismo, per giungere ad un cessate il fuoco in tutta la Siria, per una soluzione politica inclusiva e per garantire l’accesso agli aiuti umanitari, mai fatti mancare dalla Russia in questi otto anni di guerra e sanzioni occidental contro i Siriani. Dichiara a New York il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, nella seduta del 14 Aprile 2018 del Consiglio di Sicurezza Onu: “I have been following closely the reports of air strikes in Syria conducted by the United States, France and the United Kingdom. Last night at [21:00] hours in New York, the US President Trump announced the beginning of airstrikes, with participation by France and the UK, indicating they were targeting the chemical weapons capabilities of the Syrian government and to deter their future use. His statement was followed by announcements from Prime Minister May and President Macron. The airstrikes were reportedly limited to three military locations inside Syria. The first target included the Syrian Scientific Studies and Research Centre at al-Mazzah Airport in Damascus; the second, an alleged chemical weapons storage facility west of Homs; and the third – an alleged chemical weapons equipment storage site and command post, also near Homs. The Syrian government announced surface-to-air-missile response activity. Both US and Russian sources indicated there were no civilian casualties. The UN is, however, unable to independently verify the details of all these reports. As Secretary-General of the United Nations, it is my duty to remind Member States that there is an obligation, particularly when dealing with matters of peace and security, to act consistently with the Charter of the United Nations and with international law in general. The UN Charter is very clear on these issues. The Security Council has primary responsibility for the maintenance of international peace and security. I call on the members of the Security Council to unite and exercise that responsibility. I urge all Member States to show restraint in these dangerous circumstances and to avoid any acts that could escalate matters and worsen the suffering of the Syrian people. As I did yesterday, I stress the need to avoid the situation from spiraling out of control. Any use of chemical weapons is abhorrent. The suffering it causes is horrendous. I have repeatedly expressed my deep disappointment that the Security Council failed to agree on a dedicated mechanism for effective accountability for the use of chemical weapons in Syria. I urge the Security Council to assume its responsibilities and fill this gap. I will continue to engage with Member States to help achieve this objective. A lack of accountability emboldens those who would use such weapons by providing them with the reassurance of impunity. This in turn further weakens the norm proscribing the use of chemical weapons and the international disarmament and non-proliferation architecture as a whole. The seriousness of the recent allegations of the use of chemical weapons in Douma requires a thorough investigation using impartial, independent and professional expertise. I reaffirm my full support for the Organisation for the Prohibition of Chemical Weapons – the OPCW — and its Fact-Finding Mission in undertaking the required investigation. The team is already in Syria.  I am informed that their operations plan to visit the site is completed and they are ready to go. I am confident that they will have full access, without any restrictions or impediments to perform their activities. Allow me to repeat what I said yesterday. Syria today represents the most serious threat to international peace and security. In Syria, we see confrontations and proxy wars involving several national armies, a number of armed opposition groups, many national and international militia, foreign fighters from everywhere in the world, and various terrorist organizations. From the beginning, we have witnessed systematic violations of international humanitarian law, international human rights law, and international law tout court, in utter disregard of the letter and spirit of the United Nations Charter. For eight long years, the people of Syria have endured suffering upon suffering. Syrians have lived through a litany of horrors:  atrocity crimes, sieges, starvation, indiscriminate attacks against civilians and civilian infrastructure, the use of chemical weapons, forced displacement, sexual violence, torture, detention and enforced disappearances.  The list goes on. At this critical juncture, I call on all Members to act consistently with the Charter of the United Nations and with international law, including the norms against chemical weapons. If the law is ignored, it is undermined. There is no military solution to the crisis.  The solution must be political. We must find ways to make credible progress towards a genuine and credible political solution that meet the aspirations of the Syrian people to dignity and freedom in accordance with resolution 2254 and the Geneva Communiqué. I have asked my Special Envoy to come to New York as soon as possible to consult with me on the most effective way to accelerate the political process. Thank you, Mr. President”. La situazione è delicata. “Posso solo esprimere una deplorevole constatazione delle divisioni in seno al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, soprattutto di fronte a fatti tanto gravi come il recente supposto utilizzo di armi chimiche a Douma sobborgo della Ghouta orientale. È da deplorare l’ennesima divisione in seno al Consiglio di Sicurezza dell’Onu”. Così si esprime il nunzio apostolico in Siria, il cardinale Mario Zenari, nel commentare quanto sta accadendo in queste ore nel Paese dove soffiano venti di guerra alimentati dalle dichiarazioni di Russi e Americani, con i primi pronti ad “abbattere missili e distruggere le fonti di lancio” in caso di aggressione contro Damasco, e i secondi a minacciare, con un Tweet del presidente Trump, il lancio di missili “belli, nuovi e intelligenti”. Poi rivelatisi stupidi e nemici della Scienza siriana. Sembrano essere caduti, dunque, nel vuoto gli appelli per la pace in Siria delle Chiese cristiane. Anche quelli di Papa Francesco. “Sono tanti gli appelli di Papa Francesco per la pace in Siria, due nel giro di una settimana, nel giorno di Pasqua e la Domenica successiva – dichiara il nunzio – il Papa ogni volta che si riferisce alla Siria usa sempre i termini: amata e martoriata, il che dice tutto dell’affetto e del pensiero che il Pontefice ha verso questo Paese”. Intercalando però le parole con le fake news diffuse dall’Isis e stranamente contenute nei messaggi di Papa Bergoglio. Come l’accusa di uso dei gas a Douma, mai provata, poche ore prima del bombardamento Usa. La pace sembra essere scomparsa dalle agende dei leader e delle potenze mondiali come annota mons. Giovanni Ricchiuti, arcivescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti e presidente di Pax Christi Italia, che in occasione del 55.mo anniversario della Pacem in terris, l’ultima enciclica di Giovanni XXIII, pubblicata l’11 Aprile 1963. Osserva come “da tempo tra Siria, Gaza, Congo ci chiediamo come mai questa prospettiva data 55 anni fa da Giovanni XXIII nella Pacem in terris trova poca accoglienza. C’è una logica che resiste testardamente alla strada del dialogo e del negoziato come auspicato anche Domenica scorsa da Papa Francesco per la situazione della Siria”. Riferendosi al fatto che “oggi sentiamo notizie piuttosto preoccupanti di raid, di interventi armati”, il presidente di Pax Christi rileva come “è chiaro che siamo un po’ sconcertati, perché non bastano più le parole, le prese di posizione. Ancora una volta, si insinua la distinzione tra guerra giusta e guerra non giusta. Ma la guerra è sempre follia”. Un appello “a tutti i leader mondiali affinché riconoscano la loro responsabilità nei confronti delle loro rispettive nazioni, dell’umanità e di Dio” e un “appello ai Paesi che aderiscono alle Nazioni Unite, e in particolare ai membri del Consiglio di Sicurezza, perché ricordino i loro doveri verso la famiglia delle nazioni. Li imploriamo, nel nome di Dio, di superare i loro disaccordi e di lavorare insieme per la pace nel mondo. Insieme chiediamo ai leader politici di evitare un’ulteriore escalation di tensioni, di rinunciare alla via del confronto e di abbracciare il dialogo”. È quanto si legge in un appello di pace pubblicato sul sito del Patriarcato di Mosca e sostenuto da un gruppo di Patriarchi delle Chiese ortodosse del Medio Oriente: “Sua Beatitudine Papa e Patriarca Teodoro II di Alessandria e di tutta l’Africa, Sua Beatitudine Patriarca Giovanni X di Antiochia e di tutto l’Oriente, Sua Beatitudine Patriarca Teofilo di Gerusalemme e Palestina, Sua Santità Tawadros II, Papa di Alessandria e Patriarca della Chiesa copta ortodossa, Sua Santità Patriarca Mor Ignatius Aphrem II di Antiochia e di tutto l’Oriente”. Nel preambolo dell’appello, si dice che il testo è stato discusso durante la conversazione telefonica avvenuta il 14 Aprile 2018 tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill di Mosca. Padre Alexej Dikarev, numero due del Dipartimento delle relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, afferma: “Dal preambolo, credo, si capisca quanto è stato importante l’appoggio di Papa Francesco. L’appello è stato fatto a causa del bombardamento della Siria e, di per sé, è chiaro nel suo scopo”. Nel testo, infatti, i Patriarchi scrivono: “Spinti dal senso di responsabilità per i milioni di cristiani che Dio ha affidato alla nostra cura spirituale e per il bene dell’intera famiglia umana, che condivide un destino comune, uniamo le nostre voci per parlare in questo momento di altissima tensione internazionale. Le ostilità in corso in Medio Oriente, che negli ultimi anni hanno portato immense sofferenze, hanno causato la morte di molte migliaia di persone e costretto alla fuga milioni di rifugiati, rischiano ora di trasformarsi in un conflitto globale. Il nostro mondo ha raggiunto un punto in cui vi è il pericolo reale di una rottura delle relazioni internazionali e della cooperazione per il bene comune della famiglia umana. Chiaramente, gli orrori delle guerre mondiali del secolo scorso non possono essere paragonati alle terribili conseguenze di una guerra mondiale in questo momento”. Ma di fronte a questa “terribile minaccia”, le Chiese chiedono alla comunità internazionale di intraprendere la via del dialogo e non del confronto militare. È stato il Patriarca Kirill di Mosca, nel corso di un incontro con i giornalisti che si è svolto il 14 Aprile, a parlare di questa iniziativa di pace che vede impegnati in prima linea i Patriarchi ortodossi del Medio Oriente. Secondo quanto spiegato dal Patriarcato, Kirill ha avuto una serie di conversazioni telefoniche anche con Papa Francesco e il Patriarca Bartolomeo di Costantinopoli. “Abbiamo intrapreso questa iniziativa – spiegato il Patriarca Kirill ai giornalisti – sapendo che i cristiani non possono rimanere indifferenti di fronte a quanto sta accadendo in Siria in questi giorni. La Siria, il Medio Oriente, sono il luogo, dove nacque il Cristianesimo, e i terribili conflitti che oggi stanno lacerando la terra siriana non possono che creare minaccia, tra l’altro, alla presenza cristiana. È anche ben evidente che la gente sta soffrendo tanto. Il messaggio della Chiesa al mondo è sempre legato all’annuncio della pace tra gli uomini e della giustizia. Allora è impossibile tacere quando avvengono cose come quelle degli ultimi giorni in Siria”, ha ribadito Sua Santità. Ed ha aggiunto: “Sono contento di queste conversazioni: tutti i miei interlocutori condividono la mia preoccupazione. C’è il desiderio di continuare questo dialogo per cercare di influire in qualche maniera sulla situazione” (https://mospat.ru/it/2018/04/14/news159136/). “Abbiamo detto che i cristiani devono influire sulla situazione per fare in modo che si fermi la violenza e la guerra, perché non vi siano ancora tante tragiche vittime, come quelle che abbiamo visto in questi giorni. È stato un dialogo chiaramente pacifico”, ha affermato il Primate della Chiesa ortodossa russa. Il Patriarca Kirill ha anche sottolineato che la Chiesa non persegue alcuno scopo politico: “La Chiesa sta fuori da qualsiasi contesto e lotta politica, e proprio per questo possiamo dialogare con tutti, il che nella situazione del conflitto è già parecchio”. Rispondendo alle domande dei giornalisti sui dettagli delle conversazioni telefoniche, il portavoce del Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, sacerdote Aleksandr Volkov, ha comunicato che la conversazione tra il Patriarca e il Papa “si è svolta in un’atmosfera cordiale di reciproca comprensione. È partita dai reciproci auguri per la solennità della Pasqua ed è continuata nel contesto della problematica siriana, nonché delle minacce che oggi riguardano il mondo intero. Il Papa e il Patriarca si sono accordati per continuare il loro costruttivo dialogo”. Lo stesso giorno, per incarico del Patriarca Kirill, il Presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, metropolita Hilarion di Volokolamsk, ha discusso gli stessi temi con il Patriarca della Chiesa Copta Teodoro II e il Primate della Chiesa ortodossa siriaca (precalcedonese) Mar Ignazio Efrem II. Non firma Papa Francesco. I nemici della pace, ovvio, combattono il principio giuridico dell’Habeas Corpus. Vogliono la Terza Guerra Mondiale. Coloro che hanno distrutto la Siria. Hanno distrutto il Diritto, la Vita, la Giurisprudenza! La Battaglia di Berlino (https://it.sputniknews.com/infografica/201705104462877-La-battaglia-di-Berlino/) e il suicidio di Hitler, il 30 Aprile 1945, nel bunker della cancelleria del Terzo Reich “millenario” non insegnano proprio nulla? L’Isis getta la maschera! La vittoria totale della Santa Russia si avvicina. Se vogliamo salvare la dignità, l’etica, la morale giuridica degli Italiani, è ragionevole pensare a immediate sanzioni economiche private contro i prodotti che più ci piacciono made in Usa,Uk, France e Israel, stati responsabili in Siria della imminente Terza Guerra Mondiale sulla faccia della Terra. Prima di dare un’occhiata ravvicinata agli Alieni ET degli altri mondi extrasolari, grazie al nuovo telescopio spaziale Tess della Nasa, sarebbe logico evitare la guerra, cari Americani, salvaguardando la vita sulla Terra, invece di bombardarla indiscriminatamente. La Siria si difende da otto anni non da una guerra “civile” ma da un’aggressione di stati esteri, da un’invasione. Oggi dal vile brutale selvaggio attacco Isis proveniente dal cielo infernale dei suoi aguzzini. Resiste Damasco. Resiste Homs. Resiste Aleppo. Le madri alla ricerca dei figli della distrutta Raqqa piangono. Ossa spezzate. Fiamme. Terrore. La vergogna ricopra l’Occidente.

© Nicola Facciolini

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