Avezzano: chiude la Vesuvius fiore all'occhiello del nucleo industriale

C’era una volta l’Italia. C’era una volta il Bel Paese, quello dove, prima o poi, ogni turista, proveniente da ogni parte del mondo, voleva mettere piede. C’ erano una volta i suoi piccoli centri. C’ era una volta la Marsica; c’era una volta Avezzano. C’era, per chi ha ancora il coraggio di ricordarlo, una zona che era denominata “nucleo industriale”. Si, perché sotto l’attento quanto attonito sguardo di tutti noi ogni cosa si sta sgretolando lentamente. Ogni granello, di questa nefasta clessidra, viene giù inesorabile.

E così la Vesuvius, fiore all’occhiello di un recente e splendente passato, si adegua al cambiamento: chiude i battenti. Era già nell’aria da mesi, per i più pessimisti forse da anni ma, alla fine, il 31 dicembre la Multinazionale chiude baracca e vola in Polonia. A nulla è servito l’incontro di martedì al Ministero dello Sviluppo Economico se non ad apporre la parola fine. E così sono circa 83 gli operai marsicani, quasi tutti under 45, che dovranno abbandonare il proprio lavoro, i propri progetti, i propri sogni. “Che cosa faremo?” chiedono sbalorditi. Negli uffici e nell’androne della Vesuvius in via Pertini ad Avezzano riecheggiano le parole: mutuo, figli, studi, spesa, bollette, vita, sogni, futuro.

Come fronteggiare tutto questo? Come continuare ad amare la nostra terra? Come continuare ad essere fieri di appartenere a un paese che non fa altro che cacciarci via a calci? E in tutto questo, chi ci tutela dov’è? Perché spingerci a riempire le nostre valigie? Dov’è il nostro futuro e quello dei nostri figli? Dove sono le promesse che ci sono state fatte?

Quel che resta, forse, della nostra smarrita identità altro non è che questo recente passato. C’era una volta Avezzano. C’era una volta l’Italia.

 

Alex Amiconi

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