Caldo estivo: disagio nei luoghi di lavoro

Bologna, 10 Lug – Il rischio microclimatico è un rischio che dipende dalla non correttezza dei parametri termici che caratterizzano un luogo di lavoro, con particolare riferimento ai luoghi di lavoro chiusi. Un rischio che, a seconda delle diverse situazioni e ambienti, può portare uno stress termico, il cosiddetto discomfort termico, oppure può anche arrivare a costituire un pericolo immediato per la salute.

Ed è evidente che tale rischio da microclima tende generalmente ad aumentare con la stagione estiva e il conseguente innalzamento delle temperature esterne.

 

Per parlare, proprio in questo periodo estivo, di rischio/ stress termico e di microclima, facciamo riferimento ai contenuti di un documento correlato al progetto Impresa Sicura, un progetto multimediale – elaborato da EBEREBAM, Regione Marche, Regione Emilia-Romagna e Inail – che è stato validato dalla Commissione Consultiva Permanente come buona prassi nella seduta del 27 novembre 2013 e che ha affrontato in questi anni il tema della sicurezza in vari comparti lavorativi.

 

Nel documento “ Settore agroalimentare_La lavorazione della carne” un intero capitolo è dedicato al microclima con riferimento a varie tipologie di ambiente:

– ambiente termico moderato: “ambienti di lavoro dove lo sforzo che deve compiere il sistema di termoregolazione del corpo umano per adeguarsi alle temperature ambientali è moderato;

– ambienti termici severi caldi: ambienti di lavoro nei quali è richiesto un notevole intervento del sistema di termoregolazione del corpo umano per diminuire il calore che potenzialmente si accumula sul corpo, dovuto alle alte temperature dell’ambiente di lavoro (orientativamente ta>30 °C);

– ambienti termici severi freddi: ambienti di lavoro che richiedono al sistema di termoregolazione un notevole sforzo per limitare l’eccessiva perdita di calore e quindi la eccessiva diminuzione di temperatura del corpo umano, dovuta a temperature ambientali molto basse (orientativamente ta<10 °C)”.

 

Soffermandoci in particolare sugli ambienti termici moderati, il documento ricorda che generalmente in questi ambienti “non si hanno patologie dirette collegate ad un discomfort termico”. Tuttavia si sottolinea che un ambiente lavorativo con condizioni microclimatiche di discomfort “può comportare tra l’altro il deterioramento delle condizioni e delle capacità sia fisiche-muscolari che cognitive, diminuendo la capacità di reazione ed aumentando il rischio di infortunio”. Inoltre “umidità relative fuori dal range 40% < Um < 60% possono causare un aumento crescente di batteri, virus, miceti, acari ecc. con aumento dei rischi di igiene”.

Si segnala poi che è stato inoltre dimostrato che “condizioni di disagio termico comportano una diminuzione anche della produttività”.

 

Inoltre si indica che negli ambienti di lavoro, “sebbene globalmente vi siano temperature ed umidità accettabili”, può essere comunque presente “un ‘disagio termico localizzato’, che può essere costituito da:

– una corrente d’aria fredda o calda che investe una parte del corpo;

– differenza di temperatura tra testa e caviglie dovuta ad una differenza di temperatura in verticale;

– pavimento troppo freddo o troppo caldo;

– differenza di temperatura ad esempio tra una parete posta a sud della stanza rispetto ad un’altra posta a nord (asimmetria radiante);

– una energia metabolica troppo elevata;

– un abbigliamento troppo o poco pesante; ecc”.

E, si sottolinea ancora, che il raffrescamento o riscaldamento locale “aumentano il senso di disagio termico del lavoratore aumentando i rischi di infortunio”.

 

Il documento, che vi invitiamo a visualizzare integralmente, riporta indicazioni sui parametri principali che intervengono nel “benessere termico”, anche con specifico riferimento agli ambienti delle sale di lavorazione, trasformazione e conservazione carni che “richiedono una attenta valutazione ed un continuo monitoraggio delle condizioni microclimatiche per armonizzare esigenze di tutela igienica del prodotto alimentare ed esigenze di tutela del benessere termico del lavoratore. Scopo del datore di lavoro è quello di garantite il benessere termico ed igrometrico dei lavoratori”.

 

Riguardo poi alla valutazione del microclima si indica che per il giudizio sul microclima, sia di ambienti moderati che di ambienti severi, si fa generalmente “ricorso ad ‘indici sintetici’ (che esprimono in un unico valore tutti i parametri) che vengono confrontati con standard di riferimento (TEC: temperatura effettiva corretta; WBGT: temperatura al globotermometro a bulbo bagnato; HSI: indice  di stress termico; PMV: voto medio previsto, PPD: percentuale di insoddisfatti…) previsti da norme tecniche (ISO, UNI…). Per il calcolo di questi indici sono necessarie misure specifiche effettuate da tecnici competenti dotati di apposita strumentazione. Il loro impiego è necessario per una valutazione precisa e in particolare per valutare situazioni di stress e per il controllo di impianti di condizionamento”.

In particolare si ricorda che per una corretta valutazione del microclima in ambienti termici moderati è “utile riferirsi alla norma tecnica UNI EN ISO 7730 calcolando in particolare gli indici sintetici PMV (Voto medio previsto) e PPD (Percentuale prevista di insoddisfatti) e confrontandoli con i valori di benessere indicati nella stessa norma”.

Inoltre si indica che in un primo approccio per la valutazione del microclima “risulta di facile applicazione il concetto di temperatura operativa (To). Essa dipende da diversi parametri (velocità dell’aria, coefficienti di scambio termico convettivi e radiante, temperatura dell’aria e temperatura media radiante [Tr])”.

 

Concludiamo questa breve disamina sul rischio microclimatico riportando una serie di utili azioni di prevenzione.

 

Infatti il documento indica che il datore di lavoro “già in fase di progettazione dell’edificio aziendale deve prevedere un buon isolamento termico dell’edificio e delle superfici vetrate, una sufficiente aerazione naturale tramite, un numero adeguato di finestrature apribili. Tali finestrature non devono essere distribuite da un solo lato dell’edificio ma in maniera omogenea. Vi deve essere inoltre la possibilità di schermare l’irraggiamento solare diretto, mediante dispositivi più o meno oscuranti quali tende alla veneziana, frangisole e pellicole riflettenti”.

Tuttavia qualora gli interventi in fase di progettazione non portino ad un adeguato microclima, “per adeguare gli ambienti ad un comfort termico accettabile per i lavoratori è possibile procedere seguendo le seguenti modalità di intervento:

– dotarsi di impianto di condizionamento estivo e di impianto di ventilazione estivo in modo da regolare i parametri temperature ed umidità ambientali conformemente alle normative tecniche;

– aumentare in generale l’umidità ambientale in inverno e diminuire l’umidità ambientale in estate;

– ridurre od aumentare la ventilazione dei locali a secondo del disagio termico dei lavoratori;

– evitare di affollare troppe macchine o personale in pochi locali, ciò aumenterebbe le fonti di calore;

– schermare le superfici calde radianti interne ad esempio le superfici di macchine che riscaldano eccessivamente;

– potenziare l’impianto di riscaldamento e condizionamento;

– adozioni di sistemi di apertura e chiusura dei portoni che riducano al minimo gli scambi termici tra l’esterno e l’interno (porte a barriera/lamina d’aria ecc..), compatibilmente con le esigenze di sicurezza per l’evacuazione in caso di emergenza;

– posizionamento delle postazioni fisse di lavoro a distanza dalle porte che si affacciano su ambienti esterni troppo freddi o troppo caldi ecc.;

– dotazione nei diversi ambienti di termostati o regolatori della velocità dei ventilatori, permettendo ai lavoratori di regolare i parametri microclimatici più vicini alle proprie esigenze”.

 

Concludiamo segnalando che il documento di Impresa Sicura si sofferma su molti altri aspetti relativi al microclima, ad esempio con riferimento alla legislazione comunitaria, recepita dalle normative nazionali, sui vincoli microclimatici nei locali produttivi, per la tutela delle condizioni igieniche e sanitarie dei prodotti, ove sostano o transitano le carni.

Questi ad esempio alcuni elementi analizzati dal documento in relazione al rischio microclimatico:

– normativa tecnica;

– rischi per la salute;

– valutazione del microclima basata sugli indici PMW e PDD;

– attrezzatura per misurazioni microclimatiche;

– organizzazione di sopralluoghi per la valutazione del microclima.

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