CARSOLI – QUANDO L’ARINGA DURAVA DA NATALE A PASQUA

I RACCONTI DI MIA NONNA

Che emozione ascoltare i propri nonni raccontare, ed oggi che purtroppo non me li posso godere, li tengo in vita raccontando attimi di vita vissuti. Mia nonna era nativa di una piccola frazione di Carsoli, Villaromana, che all’epoca aveva circa duemila anime, oggi, purtroppo, un centinaio. Portava il nome di San Panfilo, patrono di Sulmona, Panfila, un nome strano eppure di una dolcezza uditiva. La vita di mia nonna non è stata delle piu’ delicate, come molti nell’epoca, si andava avanti tra sacrifici e stenti, ampliati dalla malattia di mio nonno, che purtroppo era seminfermo. Ogni tanto andava a Roma, a servizio dei “ricchi”, e proprio grazie a loro nasce il racconto di natale che ancora custodisco nel mio cuore.

” Il freddo delle campagne allungava la fame, il calore degli animali in casa scaldavano le anime, galline, alcuni anche le pecore, in casa non c’erano differenze. L’uomo e l’animale da mangiare, erano un unico corpo. Tramite un signorotto del paese, che all’epoca aveva messo a lavorare alla Voxson di Roma, tanti paesani, riesco ad avere un servizio in casa, ai nobili di città, la capitale. Sei giorni prima del Natale. Portai ai signori, per reverenza, due grossi grappoli d’uva, della vigna di zii Angeluccio. Quante cose in casa avevano i signori, alcune strane, alcune confuse…. stetti tre giorni. Molte le richieste dei signori, sulla mia vita, il da fare, pulire, piegare i panni, sbattere i grossi stracci a terra di tanti colori. L’ultimo giorno, la signora mi fece l’ammutina, con un grosso fazzoletto da testa, e mi disse che li vi era tutto. Portai in cucina i piatti, dove i signori avevano cenato, e vidi in un piatto, di color grigio lungo, dei pesci neri e gialli, ristretti dalla vergogna….. il profumo che emanavano era forte, buono……..restai ad osservarli come se aspettavo che uno di loro saltasse… la signora entrò in cucina e mi chiese se sapevo che fossero, io un po vergognosa dissi…… “credo sia pesce”, e aggiunsi che non avevo mai saputo che sapore avesse quell’animale. Tornai nella mia campagna abruzzese, tra i miei figli e mio marito, con quell’oro chiamato pesce, era solo uno, ma per me era tutto. Per il Santo Natale, il pesce era il cibo da far invidia al vicinato, e chi lo aveva mai mangiato…. Il 24 mattina, il profumo della pizza gialla, che dal coppo del camino avvolgeva la casa, risvegliava anche il pesce di Roma….. ci mettemmo a tavola, il buio aveva già spento la campagna,……verdure cotte alla pignatta, pizza gialla, ed il pesce giallo……..per non finir subito il pesce, mi accorsi che premendolo lasciava del succulento olio d’oro, ed allora ogni membro della famiglia, poteva premete con la propria fetta di pizza gialla, due volte sul pesce, ed il sapore della pizza divenne ricco. ogni sera il rito si ripeteva, ed il povero pesce diventava sempre piu’ piccolo, secco. Ed allora mi venne in mente un idea, di ammorbidirlo, per fare in modo che il sapore restasse, ma l’olio di oliva non esisteva per noi, ci aggiunsi due cucchiai abbondanti di strutto, lo avvicinai al fuoco, ed il pesce riprese colore…….il sapore cambiò ….. ma restò vivo fino a Pasqua………..ed il brodo lascio l’ultimo profumo al pesce dei signori “

La ricchezza della povertà era la semplicità degli attimi, ogni singolo gesto era vivo, pieno di sentimento, di vita, di sudore, niente era lasciato senza morale. Quanta era profumata e buona quell’acqua calda, chiamata brodo, attorno ad un tavolo malconcio, in famiglia, con lo scoppiettio del camino che scaldava la casa……….

dedicato a mia nonna ………

About Redazione - Il Faro 24