Cloroformio, nichel e altri inquinanti nei fiumi e corsi sotterranei abruzzesi

Acqua in Abruzzo: obiettivi europei mancati, ora è ufficiale.

Riportiamo il comunicato stampa, diffuso ieri dal Forum Abruzzese dei Movimenti per l’Acqua:

 

In Abruzzo il 71% dei fiumi e il 52% dei corpi idrici sotterranei non centra l’obiettivo europeo di qualità che bisognava raggiungere entro il 2015. Dati in ulteriore peggioramento. Inquinanti di ogni tipo in fiumi e falde, centinaia i punti critici nelle 4 province.

Nel dossier del Forum H2O la sintesi e le rielaborazioni di decine di migliaia di dati contenuti in due relazioni ARTA appena depositate.

Forum H2O: fermare ulteriori progetti impattanti, moltiplicare gli investimenti, copiare ed attuare le buone pratiche.

Ora è ufficiale e definitivo: l’Abruzzo non ha centrato gli obiettivi comunitari di qualità imposti dall’Unione Europea sia sui fiumi che sulle acque sotterranee presentandosi all’appuntamento fissato per il 2015 con dati tremendi. Infatti il 71% dei fiumi e il 52% dei corpi idrici sotterranei si discosta dallo standard richiesto dalla Direttiva 60/2000 “Acque” (stato ecologico “buono”).

I dati dei monitoraggi e le relazioni appena depositate dall’ARTA alla Regione Abruzzo concernenti una fase importantissima, quella del periodo sessennale di monitoraggio 2010-2015, sono stati riassunti e rielaborati dal Forum H2O in un dossier dal titolo “Acque in Abruzzo 2017: i dati e le ragioni del fallimento”. Il rapporto verte sull’enorme mole di dati dell’agenzia raccolta negli ultimi anni per tutti i corsi d’acqua abruzzesi e per le acque sotterranee, uno dei più significativi monitoraggi a cui è stato sottoposto l’ambiente abruzzese.

Il quadro che viene rappresentato è drammatico, con numerosissimi e diffusi casi di inquinamento delle acque sotterranee per nitrati, ione ammonio e solventi clorurati, dal tetracloroetilene al cloruro di vinile, dal cloroformio al tricloroetilene, nei corpi idrici sotterranei delle 4 province, con criticità sempre più diffuse nel 2015. Infatti nell’ultimo anno di monitoraggio si è passati da 14 a 17 corpi idrici sotterranei in stato “scadente” sui 27 individuati in Abruzzo.
Inoltre la stragrande maggioranza dei fiumi non rispetta gli obiettivi di qualità fissati dalla UE, con un significativo e ulteriore peggioramento rispetto al passato. Addirittura la provincia di Chieti si presenta con un clamoroso e misero 21,5% di tratti fluviali che rispetta gli obiettivi comunitari (classe “buono”) e il 46% nelle due classi peggiori, “scarso” e “cattivo”. Non se la passano molto meglio le province di Teramo con un 38,5% e di L’Aquila con un 45% in queste due classi così critiche. La provincia di Pescara si segnala per un incredibile 69% di campioni con positività alla Salmonella nel 2015.
In Abruzzo i seguenti corsi d’acqua detengono il triste primato di essere classificati nello stato di qualità ecologico “CATTIVO”. Questo l’elenco: PROVINCIA DI TERAMO: Calvano, Mavone (II tratto); PROVINCIA DI CHIETI: Feltrino, Cena; PROVINCIA DI L’AQUILA: Imele. Quelli classificati stato di qualità ecologico “SCARSO” sono invece: PROVINCIA DI TERAMO: Tronto, Vibrata (II tratto), Salinello (II tratto), Tordino (IV e V tratto), Vomano (V e VI tratto), Mavone (I tratto), Piomba, Cerrano; PROVINCIA DI CHIETI: Alento (II tratto), Arielli (II tratto), Fontanelli, Arno, Feltrino (II tratto), Foro (III tratto), Dendalo, Venna, Moro, Riccio, Buonanotte, Osento; PROVINCIA DI PESCARA: Baricello, Saline, Cigno (I tratto); PROVINCIA DI L’AQUILA: Aterno (II tratto), Sangro (II tratto), Raio, Vera, sagittario (II tratto), Turano, Imele (II tratto), Giovenco (II tratto).

L’unico segnale positivo sembrerebbe derivare dalla progressiva rarefazione dei casi di contaminazione da pesticidi nei fiumi e nelle acque sotterranee ma in realtà questo dato è da prendere con le pinze in quanto l’ARTA cerca solo 1/8 dei fitofarmaci in commercio (basti pensare che non cerca il glifosate, uno degli erbicidi più diffuso!). Sarebbe opportuno, come chiediamo da tempo, estendere il monitoraggio ampliando di molto il set analitico come hanno fatto altre regioni. In realtà basta vedere i dati del tutto fuori controllo per nitrati e ione ammonio nelle acque sotterranee di moltissime aree per comprendere come sia del tutto fallita la strategia degli ultimi Piani di Sviluppo Rurale per contenere le emissioni e risanare le acque sotterranee. L’agricoltura deve fare molto di più sia in termini di riduzione di imput di fertilizzanti e fitofarmaci sia per quanto attiene le captazioni ad uso irriguo con l’introduzione di tecnologie che in altre regioni sono utilizzate da decenni. Non servono nuove infrastrutture “pesanti”: serve tecnologia diffusa.
Ribadiamo quelle che sono le ormai note priorità, a partire dalla diffusione dei dati obbligatoria fin dal D.lgs.195/2005. Le relazioni ARTA sono state pubblicate lunedì scorso solo a seguito di un pressing continuo del Forum H2O sulla regione. Non si può andare avanti così: ARTA, regione, comuni, società di gestione del Servizio Idrico Integrato devono adempiere agli obblighi di legge coinvolgendo proattivamente i cittadini attraverso un’informazione costante. Tra l’altro, a parte le relazioni, vengono pubblicati dati che dovrebbero essere divulgati nell’immediatezza del referto. Inoltre ancora oggi esistono migliaia di altri dati relativi a siti inquinati che non fanno parte della rete di monitoraggio che rimangono nei cassetti degli enti. Se per i fiumi è più facile accorgersi di problemi ed intervenire, per le acque sotterranee la circolazione dei dati è fondamentale per aumentare la consapevolezza dello stato critico di un patrimonio strategico.

Per quanto riguarda gli interventi da porre in essere riteniamo prioritario che la Regione Abruzzo colmi l’inadempienza circa la tutela delle aree di ricarica delle falde. Stiamo vedendo al Gran Sasso i risultati di decenni di disattenzione e di omissioni in questo campo. Ci sono interessi particolari di chi vuole realizzare industrie, cave, infrastrutture in aree ad alta vulnerabilità dal punto di vista idrogeologico. Come per la carta delle valanghe, si approfitta dell’inerzia e del lassismo da parte della Regione Abruzzo quando la legge prevede di imporre vincoli specifici in vaste aree della regione fondamentali per salvaguardare un patrimonio strategico come quello dell’acqua.

A seguire, ovviamente, la solita ricetta di iniziative che cerchiamo di imporre all’attenzione dei decisori da anni. Ad esempio, abbandonare progetti ed interventi che tuttora vengono autorizzati dalla Regione Abruzzo: clamorose in questo senso sono le autorizzazioni a nuove captazioni a scopo idroelettrico sul Vomano e sul Giovenco, dove in questi anni le acque non fanno che peggiorare. A tutti i fiumi della regione bisogna “dare acqua”, non solo assicurando il Deflusso Minimo Vitale calcolato finora ma rivisitandolo aumentando notevolmente i rilasci di acqua dalle captazioni.

Si parla tanto di investimenti sulla depurazione. Poi però nel Masterplan per i 5,4 km della fondovalle Sangro si spende la stessa cifra destinata a tutta la Regione per i depuratori. Stiamo parlando di 190 milioni di euro, 36 milioni a km, di cui 78 regionali, una vera e propria follia visto che si poteva spendere 1/3 rifacendo la strada sul sedime attuale a minor rischio frana rispetto al nuovo tracciato scelto in maniera del tutto inopportuna. In questo modo si potrebbero destinare le risorse risparmiate per le altre priorità dell’Abruzzo. Una revisione profonda del Masterplan è necessaria, sottraendo risorse agli interventi sugli impianti di risalita e sulle nuove strade a favore della vera priorità della regione: la messa in sicurezza del territorio e il suo risanamento.

Bisogna obbligare in maniera più rigida i comuni a segnalare i siti industriali dismessi a rischio inquinamento così come bisogna pretendere la rimozione dei rifiuti lungo i fiumi, anche attraverso un’assistenza continua ai comuni da parte degli enti sovraordinati. Anche la Magistratura dovrebbe sanzionare in maniera più energica i casi di omissioni che riguardano la messa in sicurezza e la bonifica delle aree inquinate. Sui fiumi bisogna scommettere sulla rinaturalizzazione ampliando le fasce di vegetazione ripariale e investendo su interventi di restauro ambientale come quello in atto a Scontrone sul Sangro. Sono stati persi decenni in questo settore, serve una svolta radicale che però, dobbiamo dirlo amaramente, tarda a venire. Quanto avvenuto al Gran Sasso sta lì a dimostrarlo.

 

Redazione ilfaro24.it

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