ESTRAZIONI SU LAGO DI BOMBA: REGIONE DA SEMPRE CONTRARIA

 

Numerosi gli atti prodotti avverso il progetto di estrazione gas della ‘CMI’ in Provincia di Chieti.

 

Sembra che a tutti i costi qualche nostrano personaggio, da tempo impegnato nella costante ricerca di un improbabile autore, voglia artatamente aprire un nuovo capitolo della saga disinformativa nella ormai annosa vicenda del progetto di estrazione e messa in produzione gas proposto dalla CMI Energia S.p.a., ovvero dei tentativi della stessa società di procedere alla coltivazione del giacimento di gas naturale denominato ‘Colle Santo’ afferente sempre al Lago di Bomba, rispetto al quale il Comitato VIA della Regione Abruzzo ha ripetutamente respinto l’istanza di concessione. 

 

Successivamente il Consiglio di Stato, riconoscendo fondata l’applicazione del “principio di precauzione” che aveva spinto il comitato VIA a negare l’istanza di concessione, nella motivazione della sentenza aveva parlato di “rischi di danni insostenibili per la collettività locale connessi al fenomeno della subsidenza”.

 

Nel mese di maggio 2016, probabilmente contando sulla modifica della legislazione introdotta dal cosiddetto ‘Sblocca Italia’ che affida al comitato VIA nazionale la valutazione dell’impatto ambientale, la CMI Energia SpA, ha presentato al Ministero dello Sviluppo Economico, sostanzialmente lo stesso progetto già bocciato dalla Comitato VIA regionale e dal Consiglio di Stato, senza produrre nuovi studi, con modeste e marginali modifiche.

 

Nella seduta del 25 agosto 2016 l’esecutivo regionale approvò il verbale della riunione del Comitato VIA della Regione Abruzzo con accluso parere negativo. Consequenzialmente la Regione, a mezzo di specifici atti a firma dello scrivente, inviò al Governo due richieste: la prima, al Ministero dell’Ambiente, inerente l’attivazione dello svolgimento di un’inchiesta pubblica di livello nazionale per l’esame dello studio di impatto ambientale del progetto in argomento; la seconda, al Ministero dello Sviluppo Economico, relativa alla caducazione della titolarità del permesso di ricerca (propedeutico alla coltivazione).

 

Nel frattempo, e non per “grazia ricevuta”, sono accaduti alcuni fatti di una certa rilevanza. 

1) Con la sentenza n°170 del 12 luglio 2017 la Corte Costituzionale ha dato ragione alla Regione Abruzzo dichiarando incostituzionale l’art.38 (comma 7) dello ‘Sblocca Italia’ che prevedeva che fosse il Ministero dello Sviluppo economico, con un proprio decreto, a stabilire le modalità di conferimento del titolo concessorio unico nonché i modi di esercizio delle attività di ricerca e coltivazione, senza il coinvolgimento della Regione.

2) Con la sentenza n. 198 del 14 luglio 2017 la suprema Corte ha nuovamente dato ragione alla Regione Abruzzo (unica a presentare ricorso) annullando il decreto del Ministro dello sviluppo economico (meglio noto come “Decreto Trivelle”) del 2015 in quanto emanato senza preventiva intesa con le Regioni.

3) Pende ancora il ricorso straordinario al Capo dello Stato contro il ‘Decreto Trivelle’ (Disciplinare Tipo) presentato il 12 luglio scorso sempre dalla Regione Abruzzo, opportunamente integrato alla luce di detti due pronunciamenti. 

4) È di pochi giorni fa l’ultimo ricorso della Regione Abruzzo contro il DM 09.08.2017 del MISE (Decreto Calenda-bis) che, con lo scopo dichiarato di adeguare il D.M. del 07/12/2016 alla sentenza n°170 del 2017, di fatto continua a non riconoscere il ruolo delle Regioni.

 

Una storia lontana anni luce da quella che taluni si affannano a raccontare. Tutt’altro dal non voler «essere di intralcio agli iter davanti ai Ministeri» come qualcuno sostiene. Da questo brevissimo sunto delle ultime azioni giudiziarie da noi promosse (che in totale superano la trentina a favore dello sviluppo sostenibile dell’Abruzzo) risultano evidenti la coerenza e la pervicacia con le quali la Regione ha condotto la battaglia per l’affermazione del diritto delle popolazioni locali ad intervenire, tramite le proprie istituzioni, nelle scelte di politica energetica. 

 

Ignorando tutto ciò, nei giorni scorsi, quel qualcuno ha voluto vedere in un atto dovuto dell’ARAP (in risposta a una richiesta di prenotazione di un’area da parte della CMI) un cambiamento di linea della Regione Abruzzo su questa vicenda. È chiaro ed evidente come questa sia un’ipotesi priva di ogni fondamento.

 

A tal riguardo si comunica che il Sottosegretario Regionale Mario Mazzocca ha promosso un’assemblea pubblica (la 261A dall’inizio del mandato) che si svolgerà nei prossimi giorni in uno dei centri dell’area nella quale, come sua consuetudine, si confronterà con tutti i cittadini per illustrare in dettaglio le iniziative messe in campo dalla Regione, oltre che quelle in programma, affinché venga definitivamente sancita la non coltivabilità del giacimento di gas del lago di Bomba. Un iter procedurale, vale la pena ricordare, che giace immobile in Comitato VIA Nazionale da un anno e mezzo circa (probabilmente) a causa di «qualche problematicità tale da renderla non approvabile» e sul cui andamento (sicuramente) la corposa attività messa in campo dalla Regione Abruzzo ha avuto sinora un peso determinante.

 

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