Gino Bartali, l’eroe silenzioso nel giorno della memoria

Se n’è andato in silenzio, sconfitto da un male incurabile, circondato dall’affetto dei suoi cari. Andrea Bartali, figlio del grande Gino, si è spento lo scorso 23 giugno . Andrea non ha mai corso in bicicletta, non ha mai conquistato una Maglia Rosa, non ha mai infiammato il popolo della montagna come era solito fare il padre. Eppure anche il primogenito di “Ginettaccio” è riuscito a regalare qualcosa, a raccontare una storia che emoziona più di una qualsiasi tappa alpina.

Dal 2010 Andrea Bartali era impegnato in un’attività di ricerca riguardo le vicende extraciclistiche di Gino nel periodo della Seconda Guerra Mondiale. Grazie alle testimonianze e ai documenti raccolti da Andrea, il mondo è venuto a conoscenza di un’altra, ennesima, impresa del mitico Gino. Durante il secondo conflitto mondiale, il campione di Ponte a Ema si rese protagonista di un gesto che valse più di una Maglia Rosa o Gialla. Firenze – Assisi, un itinerario appenninico ideale per gli allenamenti di un corridore che aveva già vinto Giro d’Italia e Tour de France. Un insospettabile per le truppe naziste che presidiavano il centro-nord Italia tra il terrore della popolazione ed un odio razziale che non aveva più confini. L’operazione di cui si rese protagonista Bartali coinvolgeva anche il Cardinale Elia Dalla Costa e il Rabbino di Firenze Nathan Cassuto. L’obiettivo era quello di salvare dalla deportazione centinaia di ebrei che vivevano a Firenze e dintorni. Lo stratagemma era semplice quanto geniale: Bartali avrebbe dovuto trasportare documenti falsi da Assisi a Firenze per fornire un’identità diversa ai cittadini ebraici, in modo tale da permettere loro di espatriare lontano dalle follie della guerra. La missione riuscì perfettamente, e grazie al sacrificio di “Ginettaccio” più di 800 ebrei sfuggirono ai nazisti.

La storia rimase segreta finché, poco prima della sua morte, Gino non ne parlò a suo figlio Andrea. “Il bene si fa, non si dice. E certe medaglie si attaccano all’anima, non alla giacca”. Un “mistero” che contribuì ad innalzare ancor di più il mito di Gino Bartali, un uomo che il figlio Andrea fece conoscere anche come eroe. Grazie al lavoro del figlio di Gino e Adriana, molti ebrei sfuggiti alla guerra hanno avuto la possibilità di ringraziare il loro salvatore, di alzare lo sguardo al cielo e rivolgere un pensiero a chi ha messo a rischio la propria vita per salvare la loro.

Gino e Andrea, padre e figlio. Due uomini, due eroi, seppur in maniera differente. Portare a galla la verità e raccontare una favola unica è da considerarsi un gesto ugualmente eroico. Questa mattina il destino ha permesso a Gino di riabbracciare Andrea, chissà quante altre storie nasceranno. Soltanto a noi sta l’onore e l’onere di raccontare ancora le storie di Gino e Andrea. Perché il nome “Bartali” vuol dire immortalità.

Luca Pulsoni

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