GRAN SASSO – STORIA DEL TRAFORO PIU’ GRANDE D’EUROPA

Il traforo del Gran Sasso è un tunnel stradale, costituito da due tubi ciascuno a due corsie e senso unico di circolazione, che attraversa gli Appennini sotto il massiccio del Gran Sasso, in Abruzzo. Fa parte dell’autostrada A24 che collega Roma al mare Adriatico passando per L’Aquila e Teramo. È utilizzato come via di accesso ai laboratori sotterranei  dell’ Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Lunga 10 km, è la terza galleria stradale per lunghezza in Italia dopo il Traforo stradale del Frejus  e il tunnel del monte Bianco,  ed il più lungo traforo stradale realizzato interamente su territorio italiano; è inoltre la più lunga galleria stradale a due canne d’Europa. La storia del traforo è legata a quella dell’autostrada A24  la cui concezione risale agli anni sessanta  quando venne costituita un’apposita società per azioni. Nel 1963 venne approvata la costruzione del collegamento Roma-Giulianova attraverso L’Aquila e Teramo che prevedeva sin dal principio la realizzazione di una galleria stradale sotto il massiccio del Gran Sasso. I lavori cominciarono il 14 novembre 1968  e si protrassero per 25 anni con numerosi incidenti, che complessivamente costarono la vita a 11 persone, ed un costo totale che arrivò a sfiorare i 1700 miliardi di lire (ad oggi 2017, sarebbero 887 milioni di euro) a fronte degli 80 miliardi inizialmente previsti. Nel 1975 i lavori furono sospesi per la crisi economica e ripresero solo nel 1982 ed il 1º dicembre 1984, con una cerimonia ufficiale presieduta dall’allora presidente del Consiglio Bettino Craxi, venne inaugurata a corsia unica per senso di marcia la galleria in direzione Teramo tra gli svincoli di Assergi e Colledara. Nel 1982 era inoltre cominciata la costruzione dei laboratori sotterranei dell’Istituo Nazionale di Fisica Nucleare fortemente voluta dal fisico Antonino Zichichi la cui realizzazione procedette parallela alla costruzione della seconda galleria in direzione L’Aquila: i laboratori, appositamente situati alla quota dell’autostrada A24,  a circa 1000 metri di profondità sotto il massiccio del Gran Sasso, avrebbero goduto, in questo modo, di un funzionale accesso direttamente dall’arteria stradale tramite uno svincolo sotterraneo.

La seconda canna del traforo, e quindi i Laboratori Nazionali del Gran Sasso,  vennero aperti nel 1993.

Una tragedia segna questa grande opera d’ingegneria, era il 15 settembre 1970, durante l’esecuzione dei lavori di scavo, la grande talpa escavatrice bucò l’enorme serbatoio sotterraneo di acqua presente nelle viscere della montagna.

Gli ambienti montani caratterizzati da rocce calcaree lasciano penetrare l’acqua sui rilievi, per farla riemergere molto più a valle. Lo stesso ghiacicaio del Calderone ha sempre agito da cisterna di compensazione: l’acqua di fusione del ghiacciaio, infatti, contribuisce ad alimentare sia il bacino idrografico del Fosso San Nicola sia la circolazione sotterranea che avviene in profondità nella montagna.

Quando la “talpa” bucò il serbatoio sotterraneo, alto 600 m , un getto di acqua e fango dalla pressione di circa 6 MPa travolse ogni cosa. La parte bassa della città di Assergi fu allagata, costringendo a una evacuazione, e il corso di molte sorgenti fu compromesso. Complessivamente nella realizzazione dell’opera, costata negli anni settanta 2 mila miliardi di lire, persero la vita 11 persone, il livello della falda acquifera  si abbassò di 600 m e la portata delle sorgenti del Rio Arno e del Chiarino fu quasi dimezzata.

Nella tabella vengono riportati i dati approssimati per difetto (altre stime delineano un quadro della situazione ancora più fosco) relativi alla riduzione di portata delle sorgenti, causata dall’abbassamento della falda.

 

 

 

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