LA DONNA CHE DECIFRO’ I CODICI SEGRETI DEL TERZO REICH

UNA STORIA DIMENTICATA

Elizebeth Smith Friedman, la donna che per decenni ha decifrato i messaggi in codice dei criminali, da Al Capone ai nazisti.

Il giornalista e scrittore Jason Fagone, attraverso la biografia The woman who smashed codes, ha fatto luce sulla storia di una donna dal nome pressoché sconosciuto, sperando che nessuno lo dimentichi più. Elizebeth Smith era una ragazza americana che, dopo la laurea in letteratura inglese nel 1916, desiderava avere una vita tranquilla e dedicarsi alle sue passioni: tra queste, la più grande era lo studio delle opere di William Shakespeare. Elizebeth passava il tempo aggirandosi per le librerie di Chicago alla ricerca di edizioni rare delle opere del poeta inglese. Avrebbe tanto voluto avere un’occupazione legata al suo amore per i libri e così un giorno chiese a un bibliotecario di trovarle un lavoro. Lui glielo trovò, cambiandole la vita.

Il bibliotecario chiamò George Fabyan, un eccentrico e ricco personaggio convinto che il reale autore delle opere attribuite a Shakespeare fosse Francis Bacon. Voleva a tutti i costi dimostrare questa tesi: era addirittura arrivato a costruire dei laboratori nella sua tenuta di Riverbank, in Illinois, dove aveva convocato diversi ricercatori per decifrare eventuali “tracce” lasciate da Bacon nelle opere. Elizebeth venne assunta proprio con questo compito bizzarro. L’estenuante lavoro non portò a nulla, ma a Riverbank Elizebeth conobbe il ricercatore William Friedman, che sposò. Inoltre, pur non avendo risolto l’arcano dei presunti codici di Bacon, in quell’occasione acquisì competenze nella ricerca di parole e numeri nascosti, e si rese conto di avere un innato talento nel decifrare i messaggi in codice.

A quei tempi gli Stati Uniti non erano ferrati nella crittoanalisi, agenzie come Cia e Nsa ancora non esistevano, e quella che oggi viene definita intelligence all’epoca era un insieme di apparati raffazzonati, non al passo con i tempi. Era dunque necessario reclutare esperti nella ricerca di messaggi nascosti, soprattutto perché i gangster comunicavano liberamente senza essere scoperti, grazie a un linguaggio in codice. Quando il dipartimento del Tesoro venne a conoscenza delle abilità di Elizebeth, fece di tutto per farla lavorare con loro. Erano gli anni successivi alla Grande Guerra, quelli del proibizionismo. Elizebeth divenne una risorsa fondamentale per contrastare la criminalità organizzata. Per sfuggire alla guardia costiera, i contrabbandieri usavano messaggi radio codificati: Elizebeth riusciva a decifrarli, inferendo un duro colpo per gli affari di Al Capone e dei suoi uomini. Il suo lavoro si intensificò negli anni successivi, fino alla creazione di un’intera squadra ai suoi comandi. Quando gli Stati Uniti presero parte alla Seconda Guerra Mondiale, Elizebeth Smith – ora Friedman – fu chiamata a svolgere il lavoro più importante della sua vita.

Durante la guerra, molte spie naziste furono mandate in Sud America. La Friedman e la sua squadra riuscirono a decodificare più di quattromila messaggi, smantellando le reti di spionaggio naziste e sventando gli attacchi che stavano organizzando. Lavorò sottotraccia per il suo Paese e per il mondo intero, contribuendo alla sconfitta del nazismo, proprio perché riuscì a interpretare quei codici che nessuno riusciva a decifrare, nemmeno i russi. Di fatto il lavoro della Friedman servì a salvare numerose vite, ma nessuno se ne accorse. A prendersi i meriti per queste operazioni fu J. Edgar Hoover, direttore dell’Fbi per 37 anni e funzionario del Dipartimento della Giustizia sotto otto presidenti degli Usa, mentre il nome della Friedman non venne mai fatto –anche perché la sua era un’attività classificata come top secret e non poteva essere oggetto di contestazione, a causa dei contratti di riservatezza che Elizebeth aveva firmato. Hoover aveva tutto il potere di manipolare la stampa, sfruttando il lavoro delle persone alle sue dipendenze e attribuendosi la gloria. Così cancellò dalla storia Elizebeth Friedman.

Negli anni le tecnologie e i conseguenti codici sono cambiati, tutto è stato velocizzato e i sistemi si sono evoluti, ma il modello su cui si basa il codebreaking resta lo stesso. Dove gli altri vedevano il disordine, Elizebeth trovava un suo ordine e ricreava un’immagine nitida, individuando messaggi che gli altri non erano in grado di visualizzare. Serviva un’estrema pazienza, un lavoro meticoloso incentrato anche su una costruzione logica non strettamente collegata al calcolo matematico – d’altronde il grande amore di Elizebeth era stato Shakespeare, più delle equazioni, e tutto nacque da una biblioteca. Elizebeth morì nel 1980, e oggi viene finalmente ricordata come una pioniera della crittoanalisi: nel 2002, l’Nsa ha intitolato a Elizebeth e al marito William un edificio all’interno del suo complesso, restituendole il posto nella storia che le apparteneva di diritto.

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