LA LINCE NELL’APPENNINO ABRUZZESE

La presenza della lince in Italia, non solo nelle Alpi occidentali ed orientali, ma anche nell’Appennino (soprattutto centrale) è ormai ampiamente comprovata e non può essere posta seriamente in discussione. Mentre però alcuni studiosi tendono a considerarla frutto delle reintroduzioni operate con successo al di la delle Alpi (Francia, Svizzera, ex Jugoslavia) – ciò che non spiegherebbe comunque le presenze appenniniche – è assai probabile che in realtà nuclei relitti assai ridotti di tale felino, a comportamento spiccatamente criptico, abbiano potuto conservarsi in alcune zone montane particolarmente remote e segregate, tanto delle Alpi occidentali ed orientali, che dell’Appennino. Una importante monografia del Consiglio Nazionale delle Ricerche pubblicata nel 1981 ha ignorato completamente questa specie, escludendola dalla fauna italiana: è assai verosimile invece che, all’epoca, la lince fosse presente, sia pure in numero piuttosto ridotto, nel nostro Paese. Attualmente esistono prove molteplici, sicure e concordanti dell’esistenza della lince nel parco, dove la sua consistenza viene stimata a 2-3 coppie, mentre indizi significativi emergono da altre zone dell’Appennino centrale, e in parte meridionale. Benché ovviamente non possano escludersi ipotesi di immissioni o liberazioni clandestine ad opera di ignoti, la situazione obiettiva – esemplari perfettamente selvatici, elusivi, abituati al territorio e legati a zone particolari, in molti casi le stesse dove la loro presenza e stata storicamente riferita per decenni – fa propendere nettamente per la spiegazione più ragionevole e suggestiva: vale a dire l’effettiva sopravvivenza di piccoli nuclei relitti originari, oggi ampiamente favoriti dalla accresciuta salvaguardia ambientale e dalla aumentata disponibilità di prede. Anche la creazione di aree faunistiche della lince nel parco (una al momento attuale) ha svolto certamente un ruolo di potente catalizzatore, mentre la ripresa e l’intensificazione delle osservazioni e ricerche, attraverso il Gruppo Lince Italia, da ragione della dovizia di dati ormai acquisiti in merito. Gli obiettivi futuri di tutela mirano a consolidare la strategia finora seguita dal Parco, escludendo ovviamente ogni ipotesi di reintroduzione dall’esterno data l’estrema importanza di questa popolazione, presumibilmente autoctona, le cui caratteristiche morfologiche, genetiche, etologiche ed ecologiche meriteranno serio approfondimento.

( tratto dal sito ufficiale del Parco Nazionale D’Abruzzo)

 

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