L’AQUILA, INCENDI BOSCHIVI TRA MITOMANI ,TERRORISMO E CRIMINALITA’ ORGANIZZATA

Senza contare la resposabilità della politica e l’incuria per l’ambiente

“Parigi brucia?”  E’ una domanda ormai famosa che chiedeva  alla Storia  il destino di una città durante l’ultimo conflitto mondiale.  Parigi ,per varie ragioni  fu risparmiata  dalla stessa “ferocia” nazista  che non è stata seconda a molte altre violenze  che popolano le pagine della storia del nostro pianeta.  La stessa domanda ci facciamo in questi giorni: “L’Aquila brucia?” E non è una domanda retorica come quelle che si fanno  ogni anno durante il picco della calura estiva. E’ una domanda che chiede la sorte di ettari ed ettari di bosco sulle montagne  prospicienti la città da  Arischia a Pettino. Si . Perchè la ferocia umana  non è riuscita a lasciar vivere  questo patrimonio verde  e gli animali che lo abitavano . Ha deciso :  perché non si tratta di autocombustione ma di inneschi  voluti e  dislocati con premeditazione. Un patrimonio di tutti che intere generazioni hanno  coltivato,preservato e valorizzato  che ha dato vita ad  espressioni del paesaggio e ad un habitat che li rappresentasse. Uno sfregio al Dna di un territorio che  ha subito in dieci anni cataclismi   pesanti , che ha dovuto affrontare con tutti i mezzi a disposizione, che hanno  lasciato segni. Come quelli che inevitabilmente lasceranno  questi incendi . E’ difficile dunque  non tener conto di quello che sta accadendo in questa estate 2020 ed è  difficile  rinunciare ad una riflessione .

Cominciamo dalla cronaca spicciola, quella che di ora in ora alimenta il tam tam dei socials e che di fronte a notizie come quelle di un incendio boschivo, proprio a ridosso della città, esplode attraverso  l’emozione, la rabbia, la preoccupazione di quanti possono osservare gli incendi dalle finestre delle loro stesse abitazioni . Sabato 1 agosto  sul sito del Corriere della sera on line si poteva leggere : “L’Aquila è ancora assediata dalle fiamme. Dopo gli spaventosi roghi che da giovedì hanno distrutto più di 200 ettari di bosco nei pressi di Arischia e Pizzoli, alle porte del capoluogo abruzzese, venerdì si è aperto un nuovo fronte, nella zona di Cansatessa, dove nella notte l’incendio, come riferito da testimoni sul posto, è arrivato a meno di duecento metri dal centro abitato, scatenando il panico fra gli abitanti. Un gruppo di giovani scout è stato tratto in salvo: il fuoco aveva sbarrato loro la strada. Impressionante la foto pubblicata nella tarda serata sul profilo twitter di Giovanni Barba, che mostra le montagne intorno alla città illuminate dai roghi nella notte. I roghi in linea d’aria sono a pochissimi chilometri di distanza da L’Aquila.”

Lo stesso 1 agosto  Virtù quotidiane scriveva : “Ormai è disastro ambientale tra le montagne aquilane. I fronti del fuoco sono due e sono estesi per diversi chilometri. Purtroppo, sono oltre 500 gli ettari di bosco già andati in fumo gran parte dei quali nel Parco nazionale del Gran Sasso e dei monti della Laga.” Una notizia diciamo così secca  il cui commento diventa superfluo . Se non fosse per il fatto che di fronte ad avvenimenti di questo genere,  non si può certamente dimenticare  come  l’esiguità dei mezzi a disposizione e le sciagurate  decisioni  del passato  compromettono oggi la possibilità di controbattere  avvenimenti devastanti  . Va infatti ricordato che questo comparto  è stato affidato dalla riforma Madia del governo Renzi  alle regioni  senza peraltro  dotarle delle risorse necessarie. E che la riforma è stata una riforma  che  ha distrutto una cultura che era quella del Corpo forestale dello Stato cancellando un patrimonio di conoscenze, esperienze  e impegno .Stando a tutte le iniziative, i progetti,  le ricerche, gli studi   che negli anni  gli uomini appartenenti a questo corpo  ( passati all’arma dei carabinieri come carabinieri forestali )  hanno saputo  realizzare  ,innanzitutto vigilando proprio  sugli incendi ma anche tutelando la vita dell’ambiente .

Una riforma  che  per la Federazione per la rinascita Forestale sta provocando questo ed altri disastri .Infatti  Virtù quotidiane  del 1 agosto riporta questa dichiarazione  della Federazione: “La Ferfa esprime un sincero e doveroso ringraziamento nei confronti dei vigili del fuoco e dei volontari di protezione civile che in questi giorni stanno lottando come possono tra le fiamme e i fumi per spegnere l’incendio boschivo. Ciò premesso, ci chiediamo perché oggi in Italia negli incendi boschivi si impiegano Direttori delle Operazioni di Spegnimento (Dos) che devono venire da lontano, non conoscono né il territorio da tutelare né le squadre Anti Incendio Boschivo (Aib) da coordinare?”. “Perché”, si domanda ancora la Federazione, “i 36 elicotteri dell’ex Corpo forestale dello Stato con i suoi piloti e tecnici forestali non vengono più impiegati prontamente negli incendi boschivi?” E ancora, “perché gli ex forestali che prima gestivano a tutto tondo le emergenze legate agli incendi boschivi (dal numero telefonico 1515 alle investigazioni, passando per la lotta aerea e il coordinamento a terra) ora o si limitano alle perimetrazione delle aree percorse dal fuoco ai fini statistici e alle indagini di polizia giudiziaria (quelli transitati nei cc), o vengono impiegati in compiti diversi (quelli transitati nei vv.f.), oppure non vengono impiegati per niente (quelli transitati nei ministeri)?”. “Perché alcuni influenti politici locali del Pd che all’epoca votarono in Parlamento la soppressione del Corpo forestale dello Stato, di fronte a questo ennesimo disastro ambientale (ricordiamoci anche i tragici eventi avvenuti nel 2017 nel Morrone e a Rigopiano) non riescono a riconoscere l’errore politico commesso e si limitano a lanciare generiche invettive contro i piromani (neanche contro gli incendiari, sic!)?”, chiede ancora la Federazione per la rinascita Forestale. “Per questa classe politica il problema non è una riforma che ha distrutto una struttura operativa efficiente nella lotta contro gli incendi boschivi (la Forestale per l’appunto). Il problema sono i piromani! Oppure il caldo!”. “Lo scorso anno la stessa classe politica dava la colpa degli incendi boschivi ai cambiamenti climatici, in ossequio alle denunce della ragazzina Greta Thumberg“, ricorda la Ferfa. “Torniamo indietro negli anni, per capire le enormi differenze tra spegnere gli incendi boschivi con e senza il Corpo forestale dello Stato. Estate 1994: stesso bosco di Arischia andato a fuoco. O all’estate 2003: l’estate più calda degli ultimi 150 anni”. “Ebbene”, rileva la Ferfa,  “nel 1994 ad Arischia bruciò una parte di bosco di gran lunga minore rispetto ad oggi e nel 2003 è bruciato un terzo del patrimonio forestale andato invece in fumo nel 2017”. “Gli incendi boschivi c’erano anche prima, gli incendiari pure, ma la differenza la faceva il Corpo forestale”, afferma senza mezzi termini la Ferfa.

“Perché? Perché il Corpo forestale era capillare, conosceva il territorio, aveva migliaia di Dos (direttori operazioni di spegnimento) di provata esperienza, adusi a cooperare con eccellente osmosi operativa con elicotteri e Canadair, nonché con i volontari di protezione civile che venivano formati nelle Scuole del Cfs”. “Il Dos dirigeva il tutto sul suo territorio (che, ripetiamo, conosceva palmo a palmo), da posizione dominante coordinava il tutto, il luogo dell’incendio veniva presidiato e bonificato”.

“Adesso? Adesso sono stati trasferiti i compiti dell’antincendio boschivo ai Vigili del fuoco, che fanno tutto quello che possono, ma non possono eguagliare nel settore l’efficienza dei Forestali”, fa osservare la Federazione. “Perché? Non fraintendete, stimiamo e rispettiamo i Vigili del fuoco, ma gli stessi – con soli 360 uomini ricevuti di rinforzo dal Corpo forestale (quasi tutti prossimi alla pensione), metà della flotta aerea dell’ex Forestale (l’altra metà è passata ai Carabinieri), con comandi nella città e nient’affatto capillari – come potrebbero eguagliare l’opera dei Forestali?”.“Ma proseguiamo nel dipingere al meglio questa riforma fantastica che ha soppresso la Forestale. Gli agenti che facevano i Dos nella Forestale (e che sono transitati coattivamente nei vvf per tale condizione), non hanno potuto proseguire l’opera per la quale erano specializzati, talché l’incarico di Dos, nei Vigili del fuoco, è devoluto esclusivamente ai caposquadra”.

“Risultato? Adesso un ex agente forestale, specializzato Dos, vede bruciare i boschi che conosce, ma non può intervenire, deve attendere il Dos neospecializzato dei Vigili del fuoco che si trova a 70 km di distanza. Fantastico”. “E questo solo per dirne una. Ci si dirà ‘sì, ma almeno abbiamo risparmiato!’ Eh no! Neanche questo!”.“A parte i danni incalcolabili all’ambiente, alle foreste e alla fauna selvatica morta o privata dei propri habitat naturali, che già basterebbero a sancire il fallimento della riforma, ci sono tutte le costose convenzioni fatte con ditte private”, rileva la Ferfa.“Risparmio? Macché. Spreco? Eccome. Sono aumentati i centri di costo della spesa pubblica. Sono aumentate le convenzioni con le ditte private di elicotteri per lo spegnimento degli incendi boschivi”. “Ma poi, secondo voi, i Forestali e i Vigili del fuoco sono la stessa cosa? Eh, no! Il Forestale ha una mentalità improntata sulla protezione dell’ambiente e della natura, il Vigile del fuoco invece è nato per il soccorso tecnico urgente nei centri abitati”. “Vi sembra uguale? Il Vigile del fuoco è aduso a proteggere case, beni e persone, il Forestale non soltanto! Il Forestale, oltre a questo, concepisce il bosco quale patrimonio naturalistico inestimabile, luogo di biodiversita’ da salvaguardare nonché bene comune ricco di servizi ecosistemici da proteggere”. “E poi”, prosegue la Ferfa, “il Forestale conosce gli alberi e le tipologie di bosco: non sono tutti uguali, non tutti hanno lo stesso valore naturalistico e ognuno reagisce alle fiamme in modo differente. E potremmo continuare”. “Sia chiaro che di tutto questo non facciamo nessuna colpa ai Vigili del fuoco, che hanno ricevuto un compito ingrato con zero strumenti”.

“‘Si, ma la colpa è dei piromani’, si dice! Ma come? È stato gridato ai quattro venti che l’Arma dei carabinieri ha implementato e migliorato le tecniche investigative dei forestali creando ‘la più grande polizia ambientale del mondo’, e la colpa è dei piromani? Siamo seri, i piromani (pochi) e gli incendiari (tanti) ci sono sempre stati e non si sono nel frattempo quintuplicati”.

“E allora di chi è la colpa? Vi poniamo un’altra domanda. Come mai Renzi & co. hanno deciso di ridurre le numerose forze di polizia accorpandone una a competenza specialistica? Come mai non ha accorpato i reparti ‘doppioni’ delle due polizie a competenza generale? Eppure avrebbe risparmiato molto di più”, fa notare la Federazione. “Come mai si è pensato di sopprimere un corpo di soli 8.500 uomini (lo stesso organico della polizia locale di Roma Capitale), mentre polizia e carabinieri contano 220.000 uomini? Mentre la guardia di finanza è l’unico corpo militare con compiti tributari in Europa?”.“Ve lo spieghiamo subito: perché accorpare, anche solo parzialmente, i Carabinieri alla Polizia avrebbe significato comprimere le dirigenze di questi corpi, tagliare i posti da generale e prefetto. E il Pd non ha avuto la determinazione (o la forza) necessaria per farlo. E così è andata”. “Un’ultima cosa”, conclude la Ferfa, “la Forestale è stata distrutta, il Corpo Forestale non esiste più; tutti i suoi 8.500 uomini sono stati fatti transitare nei Carabinieri, nella Polizia, nella Finanza, nei Vigili del fuoco e nei Ministeri. Ma i Corpi forestali delle cinque Regioni a statuto speciale esistono ancora, così come gli innumerevoli operai forestali della Sicilia, Calabria, Sardegna,…Speriamo di essere stati chiari”. (1 )

Se La Farfa come abbiamo lungamente  riferito riportando  quasi per intero le argomentazioni di questa Federazione  “butta la croce” addosso ai politici  è utile qui  riflettere sui protagonisti di questi gesti , ovvero i cosiddetti piromani  che diversamente dagli untori  di manzoniana memoria,  in questo  caso, hanno responsabilità molto precise. E non solo loro. Perché in molti casi, quando parliamo di  incendi  promossi da interessi  di parte , dobbiamo sicuramente ricercare la responsabilità anche dei mandati . 

Scrive la psicologia Marina Scipione sul suo profilo fb :”Il nostro INCENDIARIO è un soggetto debole?  Il fuoco è per lui strumento di eccitazione e gratificazione emotiva, incontrollabili?
E’ fonte di sublimazione di una forza onnipotente che gli permette di annientare gli ostacoli, sottomettere le opinioni e spezzare le reticenze ed i blocchi della sua non-identità?” E continua Scipione: “  Tutte le ricerche sulla PIROMANIA, effettuate sia in ambito psicopatologico che in ambito criminologico propongono una visione della piromania quale atto al crocevia tra impulsività, piacere sessuale perverso e fascinazione tuttavia le stesse ricerche concordano nell’asserire che alla base di questa condotta vi sia una violenta attrazione del piromane per il fuoco, a dir meglio l’attrazione per il fuoco e con tutto quanto ad esso collegato non si esprime solo nell’accendere il fuoco, ma è seguita dall’appagamento e dal compiacimento, nell’assistere e/o partecipare a tutte le fasi successive dello spegnimento; compreso l’ascoltare la cronaca dell’incendio attraverso i media: i sui effetti, le sue ripercussioni. Nel soggetto l’eccitazione e la gratificazione emotiva producono la perdita del controllo dei propri agiti. Paradossalmente si può affermare che sia l’incendio a creare il piromane proprio a causa delle forti e piacevoli emozioni che la vista del fuoco che brucia è in grado di suscitare nel soggetto. Il piromane si trova a vivere emozioni intense e piacevoli, appaganti e per questo desidera viverle. La conseguenza, per il soggetto, è che finisce per passare in secondo piano la gravità del gesto e la percezione del reato commesso.
Va dunque tenuto presente che le motivazioni che si vanno a rintracciare possono essere solo apparenti, quando ad esempio interpretiamo il gesto come effettuato per vandalismo, a volte di gruppo; o quando sembrerebbe motivato dal profitto; o meglio intenzionalmente per ricavarne un guadagno; per vendetta o altro. Tutte motivazioni plausibili utili anche agli inquirenti per rintracciarne il/i colpevole/i o anche alla comunità ferita per ipotizzare una risposta al “PERCHE?”. Purtroppo le conseguenze che un incendio porta con sé a misura della sua gravità: distruzione, annientamento, paura, morte, possono non essere considerate dal piromane. Egli vive la fascinazione per il fuoco e per le fiamme e non solo ne vede esclusivamente le conseguenze a lui positive ma ancor più ne è gratificato per esserne l’artefice e protagonista attivo dello “spettacolo” (2)

L’entità dell’incendio , la causa che lo determinato ,  ( un incendio a inneschi)  la zona scelta ( a ridosso della città) ,la stagione  estiva  ( nel momento del picco più forte  della temperatura ), propongono delle analogie con l’incendio del Morrone di  Sulmona .

Angelo Venti in una sua inchiesta  il 5 settembre 2017   scrive  :” Per gli incendi del Morrone si parla ormai apertamente di “attentato terroristico”. A dichiararlo, come riferisce il Tg3 Abruzzo, è Annamaria Casini, sindaco di Sulmona. E le sue dichiarazioni si aggiungono a quelle di altri rappresentanti istituzionali che, nei giorni scorsi, hanno parlato apertamente di “piano criminale” e “disegno unico criminoso”. Lo stesso Procuratore di Sulmona Giuseppe Bellelli – che ha unificato le tante inchieste aperte per ognuno degli incendi scoppiati in territorio peligno affidando le indagini ai Carabinieri-forestali – aveva dichiarato a Il Centro che «Siamo di fronte a una serie di incendi tutti dolosi. Una cosa è certa: c’è un unico disegno criminale ». Sarebbero decine gli inneschi rinvenuti dagli uomini impegnati nello spegnimento dei roghi nella valle peligna.Dunque incendi dolosi, unico disegno criminale e infine attentato terroristico.”

Dunque un modo di procedere quello degli incendiari che  richiama l’attenzione sulla matrice dei comportamenti  che  rappresentano  la sostanza di  un quadro che  richiama immancabilmente  a tre elementi  fondamentali che qualificano  tutti gli incendi  che hanno appunto  la caratteristica del dolo,  fanno parte di un disegno criminale  e sono un vero e proprio attentato terroristico

Anche perché continua  Angelo Venti : “ Ma incendi simili sono scoppiati anche in altri territori. le cronache riferiscono d’inneschi utilizzati anche per gli altri numerosi roghi divampati negli stessi giorni fuori dal sulmontino: Tagliacozzo, Cappadocia, Luco dei Marsi e altri comuni reatini e della valle del Salto, fino a Cittaducale, Accumoli, Amatrice…Anche omettendo dall’elenco tutti i roghi simili scoppiati nel resto d’Italia, quella di cui si tratta è una zona molto più vasta di quella peligna e che ha ai suoi estremi punti di alto valore storico ambientale – il Morrone e la pineta di Monte Giano, nata nel 1939 a forma di ‘Dux’ in omaggio a Benito Mussolini – e di alto valore simbolico, i comuni colpiti dal terremoto di un anno fa.Da quanto emerso finora è evidente che dietro la catena di roghi che nelle ultime settimane hanno interessato questo vasto territorio c’è uno o più incendiari. Mani che sanno dove colpire, che conoscono i sentieri e i territori più inaccessibili con i mezzi terrestri, che sanno quali sono le piante che bruciano prima e quelle che bruciano dopo. Incendiari che hanno messo a dura prova chi era impegnato nelle operazioni di spegnimento, dimostrando così di conoscere bene anche le modalità di intervento antincendio. Incendiari esperti coordinati e da una unica regia ma il cui movente, almeno ufficialmente, resta ancora ignoto.”

I territori interessati da questi roghi sono di competenza di più procure della Repubblica: Sulmona, Avezzano, L’Aquila, Rieti. E le procure ordinarie, si sa, non possono coordinare le indagini tra loro.Se – come tutto lascia ritenere – ci troviamo di fronte a un disegno eversivo, l’unica forma di coordinamento delle indagini resta l’intervento della Direzione investigativa antimafia, che ha competenze anche in tema di terrorismo. Oppure dei Servizi d’intelligence. (3)

Il 18 dicembre  2017 Angelo Venti scrive ancora : “Certo è che l’argomento scotta. A ravvivare la fiamma ci ha pensato di recente Enzo Paolo Giovannone, capo dei vigili del fuoco di Sulmona. Giovannone, in occasione dei festeggiamenti di Santa Barbara protettrice dei vigili del fuoco, proprio a Sulmona ha parlato di forti analogie tra gli incendi di Piemonte, Liguria e Lombardia con quelli del Morrone. «Il fuoco si spengeva da un lato e si riaccendeva dall’altro » ha detto Giovannone.. E poi, ancora più esplicito: «Il Dna è comune».

Insieme con il fenomeno degli incendi boschvi , in questa riflessione è anche il  caso di richiamare  un altro  problema che testimonia le difficoltà di una gestione del territorio . Ci riferiamo a quanto scrive il 26 Luglio 2020 –  Daniela Braccani su Virtù quotidiane   :  “Più di 400 interviste realizzate nei 39 comuni del Parco nazionale della Majella tra l’estate e l’autunno del 2019 restituiscono una fotografia del contesto socio-territoriale nel quale opera l’ente Parco. Sono contenute nel corposo rapporto “Comunicazione e partecipazione nel Parco della Majella. Attori, dinamiche e scelte condivise per la gestione della conflittualità ambientale e della presenza dell’orso”, frutto del lavoro di ricerca condotto da Cartolab, il laboratorio di cartografia del Dipartimento di Scienze umane dell’Università degli studi dell’Aquila, di cui è responsabile la professoressa Lina Calandra,(…) Cartolab, che si occupa principalmente di lavori di geografia sociale applicata alla gestione ambientale, in collaborazione con la dottoressa Francesca Palma, è lo stesso che ha condotto una ricerca analoga nell’area del Parco nazionale del Gran Sasso e monti della Laga, contribuendo a far accendere i riflettori “sul fenomeno della mafia dei pascoli,” che vedrebbe grandi aziende di fuori regione occupare vaste aree di terreni con il solo scopo di accedere ai fondi europei, pur senza garantire l’effettiva attività di pascolo degli animali.E dalla nuova ricerca del laboratorio dell’Ateneo aquilano emergono presunti episodi illeciti che avverrebbero in Abruzzo anche nella gestione dei boschi, in particolare per quanto riguarda il legnatico.Affermazioni scottanti sono riportate nel capitolo della relazione sul focus dedicato a “Le attività illecite e i fenomeni criminogeni in atto”.

“Il legname è gestito dal Sud dalle mafie”, afferma un intervistato in merito alle speculazioni sul legnatico, le cui generalità, per ovvi motivi, si mantengono riservate. “Non si presentano mica direttamente questi soggetti: ti chiama una banca e ti dicono che un tal progetto ‘deve’ passare”, rivela un altro soggetto.“Succede questo: arriva una ditta, fa il taglio ma poi lascia tutto lì. L’interesse non è la legna, non è la raccolta o la vendita. Si sono presi i contributi e i pini li hanno lasciati là! Hanno fatto un casino. Si è provato a risolvere la situazione cercando qualcuno che si caricasse la legna; è venuto qualcuno che però ha potuto prendere solo una parte della legna, mentre un’altra parte di alberi è rimasta là: quelli tra 2-3 anni diventeranno materiale molto facile da incendiare. Hanno tagliato, hanno visto che non era remunerativo per loro cacciare la legna, hanno fatto la stesura di un verbale di fine lavori, si sono presi i soldi pubblici e arrivederci! Sono anche guai per i tecnici…”, spiega un altro interlocutore ancora che descrive nel dettaglio una delle situazioni tipo. “La ditta boschiva ha fatto un deserto; prima c’erano due ditte di qui che poi subappaltavano a napoletani, casertani ecc. Le mire qui sono sulle biomasse. C’è il limite a 35 quintali che però non viene rispettato. La squadra che taglia è di Frosinone”.

Continua  Daniela Braccani : “ Percezioni e dichiarazioni importanti che parlano di un quadro a tinte fosche, di attività criminose sui boschi, collegate anche ai pascoli, o comunque a tutti quegli ambiti che interessano l’economia della montagna e che possono attrarre fondi pubblici, in un clima di omertà e di paura generali. Quello che si verificherebbe, in sostanza, è un utilizzo improprio del bosco e delle attività ad esso connesse, tra biomasse, taglio della legna e legnatico sui terreni di uso civico, da parte di imprese, cooperative e consorzi, provenienti anche da fuori regione, che si aggiudicano gli appalti “legalmente” ma con vantaggio scarso, o nullo, per le comunità locali.In alcune aree della Calabria, in particolare sui boschi secolari della Sila, solo per fare un esempio, sono state accertate così spesso infiltrazioni di criminalità organizzata nel settore boschivo, da indurre il Corpo forestale dello Stato, a proporre, anche per le alienazioni dei boschi pubblici, le procedure di certificazione antimafia previste dalla normativa per gli appalti pubblici. Probabilmente un meccanismo simile a quello utilizzato per i pascoli, stando non solo alle denunce contenute nella relazione di Cartolab, ma anche a quanto rilevato dalla Direzione distrettuale Antimafia nell’ambito della mega operazione su presunte frodi ai danni dell’Unione europea che coinvolge anche l’Abruzzo e che in Sicilia, sul Parco naturale dei Nebrodi, ha portato recentemente all’arresto di 94 persone.Nel focus sui pascoli emerge l’affermazione significativa di un funzionario pubblico: “Questa gente fa regali ai comuni: se c’è un comune sfigato, che ha un bilancio di 1000 euro, questi soggetti propongono di ristrutturare la casetta sul pascolo, di aggiustare una strada, ecc. E tu sindaco che fai? Dai l’ok”.

“Infine –  e questa è l’affermazione che più ci interessa  in questo momento ma che alimenta  appunto il sospetto di  un’azione della criminalità organizzata , continua la relazione –  sempre in relazione alle speculazioni su pascoli e boschi, molto inquietante è il riferimento da parte di alcuni intervistati “agli incendi boschivi” avvenuti in provincia dell’Aquila nell’estate del 2017. Una delle interviste realizzate dai ricercatori mette addirittura in relazione l’incendio del monte Morrone e quello di Campo Imperatore, divampato a Fonte Vetica, affermando l’esistenza di un disegno superiore della criminalità organizzata. “L’incendio del Morrone nel 2017 è a tutti gli effetti un attacco criminale. Nello stesso punto da dove nel 2017 è partito l’incendio del Morrone, due anni fa c’era stato un altro innesco. Prima del grande incendio sono stati trovati 6 inneschi; nello stesso pomeriggio è stato ritrovato un ungulato con la testa tagliata e dei cani depezzati” dichiara un residente.“Sul territorio sono presenti i calabresi”, afferma un altro residente.

Va ricordato che sull’incendio del Morrone, avvenuto nell’estate del 2017, la Procura della Repubblica e la Direzione Distrettuale Antimafia hanno riaperto le indagini due mesi fa per fare luce sulla vicenda dai contorni evidentemente molto più larghi di quanto si fosse rilevato nella prima inchiesta.

“Se voglio farti un dispetto, ti brucio il terreno dove porti gli animali e così tu, poi, per 10 anni non ci puoi andare più…”: l’affermazione è chiaramente riferita ai terreni andati in fiamme che, per effetto della legge nazionale (21 novembre 2000, n. 353), non possono essere adibiti a pascolo per i successivi dieci anni.

L’atro problema  che nell’esame della vicenda incendi boschivi viene in evidenza molto spesso è quello della gestione dei canadier . Il rapporto citato afferma infatti : “ “Qualche problema su chi gestiva i canadair c’era, del resto c’è un guadagno enorme con i canadair. I canadair sbagliavano a buttare l’acqua e in ogni caso, in certi casi, è inutile buttare l’acqua dall’alto perché così l’acqua non arriva nemmeno a toccare terra e spegnere il sottobosco”. Il riferimento all’incendio del Morrone, in realtà – si legge nel rapporto – non riguarda solo il pascolo, come è facile immaginare esso viene messo in relazione anche con il bosco.“Tutti questi incendi sono riconducibili alla criminalità, per i più svariati motivi. Molto probabilmente si sono incrociate più ragioni per interessi sui pascoli, sul bosco, per la gestione dell’emergenza, ecc.”.

Questo rapporto del laboratorio dell’ateneo aquilano è il frutto di una enorme ricerca tutta concentrata sul territorio della Majella che, oltre al focus sulle attività illecite e i fatti criminogeni, si articola in diverse sfere tematiche.

Ma dicevamo della gestione dei canadier . Bisogna sapere  che nel 2000 , secondo L’Antitrust, si spartisva la ricchissima torta del servizio antincendio boschivo e dell’elisoccorso, un business miliardario, un monopolio  del cartello formato dalle cosiddette “ Sette sorelle delle pale “ composte da :Babcock Mission Critical Services Italia S.p.A. (ex Inaer Aviation Italia S.p.A.);Airgreen S.r.l.:Elifriulia S.r.l.;Heliwest  S.r.l.;liossola S.r.l.;Elitellina S.r.l.;Star Work Sky S.a.s. e dell’Associazione Elicotteristica Italiana (AEI), creata e formata delle sette società precedenti.

“Il 14 marzo 2017, scrive  Lorenz Martini ( 4) “ l’Authority ha avviato un’istruttoria volta ad accertare «l’esistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza (…) avente ad oggetto la limitazione del reciproco confronto concorrenziale ai fini dell’aggiudicazione di procedure di gara per l’affidamento dei servizi di elisoccorso (HEMS) e anti-incendio boschivo (AIB), nonché per l’affidamento degli altri servizi di lavoro e trasporto aereo mediante elicottero». 

Per l’Agcm, queste società avrebbero fatto man bassa di tutti gli appalti pubblici partecipando «alle gare singolarmente o in raggruppamenti variabili tra le medesime imprese in modo che per ciascuna gara figuri un solo offerente (in forma singola o associata) che riesce ad aggiudicarsi l’appalto senza ribasso o con ribassi risibili (sovente inferiori all’1%)». Il provvedimento è tutt’ora aperto – dovrà concludersi entro il 31 ottobre 2018 – tuttavia, dal suo avvio, marzo 2017, nulla sembra essere cambiato. Le “Sette sorelle delle pale” hanno continuato a vincere gli appalti, mentre Stato, regioni ed enti pubblici hanno continuato a sborsare 15 mila euro per un’ora di volo dei canadair o 5 mila per un’ora di volo degli elicotteri (più i compensi per logistica e manutenzione).

Sugli incendi dell’Aquila interviene Legambiente Abruzzo.  “Un’ennesima ferita profonda – afferma la storica organizzazione ambientalista -che il territorio anno dopo anno subisce, perdendo alberi, biodiversità e habitat, ma anche la stabilità idrogeologica di molti versanti, paesaggi, storia e identità  territoriale.” “Ma gli incendi boschivi – proseguono – rappresentano anche una minaccia all’incolumità delle popolazioni e dei loro beni nei territori rurali e montani e aumentano in modo consistente la concentrazione di CO2 nell’atmosfera, accrescendo l’effetto serra, a causa della minore capacità delle formazioni vegetali di assorbire l’anidride carbonica e una maggiore emissione di CO2 attraverso la combustione della vegetazione distrutta.”“Proprio partendo da questi presupposti in Italia i reati connessi agli incendi boschivi, insieme a quelli del traffico illecito dei rifiuti, sono gli unici due reati ambientali che l’ordinamento penale considera come delitti. Un fenomeno che non risparmia, com’è ovvio, le aree forestali che coprono oltre il 50% del parchi e delle riserve naturali del nostro Paese, come dimostra la cronaca di questi giorni che ha visto andare in fumo ettari di bosco nelle aree protette nazionali (Majella, Vesuvio, Gargano, Alta Murgia, Pollino Sila, Aspromonte) e in molte aree protette dalla Liguria alla Sicilia con ingenti danni al patrimonio di biodiversità e rischi per l’incolumità delle persone e dei beni. Se le temperature torride e la scarsa manutenzione dei boschi rappresentano un mix esplosivo per l’innesco, purtroppo, gli incendi non partono per combustione spontanea o per errore umano, ma
sempre più spesso l’innesco è doloso, frutto di una mano criminale. Se ne deduce che la prevenzione e la mitigazione del rischio siano alla base di una corretta tutela delle aree boschive, in particolare in una regione verde come l’Abruzzo. Le numerose aree naturali protette dell’Abruzzo sono uno dei motivi dello sviluppo turistico della regione. Oltre ad ospitare tre  dei più importanti parchi nazionali dell’Abruzzo si colloca al primo posto in Italia per percentuale di superficie protetta, pari al 37% del territorio regionale” ricorda la Presidente del circolo Legambiente Abruzzo Beni Culturali, che continua “La piaga degli incendi estivi è ancora una volta ben visibile dalle nostre finestre. Da giorni ormai vanno in fumo ettari ed ettari di bellezza del nostro patrimonio naturalistico, di boschi e di macchia mediterranea. Da ore e ore vediamo bruciare luoghi cari a tutti noi, luoghi deputati da sempre al trekking e alle passeggiate e amati da tutti gli aquilani e non solo“.
Non è forse il momento di indicare responsabilità, ritardi, disorganizzazione nella macchina degli interventi e soprattutto dell’atavica assenza di prevenzione. È il momento di sperare che tutto si risolva per il meglio, grazie all’impegno di Vigili del fuoco, Carabinieri forestali e volontari e poi sarà il momento di reagire e dire basta. Non si può più accettare questa inerzia e questa passività.

Bisogna prendere coscienza però che questi delinquenti che appiccano le fiamme stanno bruciando il futuro di intere generazioni, stanno cancellando la speranza.”

Nella notte tra  lunedì e martedì  3 agosto le fiamme hanno lambito l’abitato di Pettino e minacciato veramente la necessità di evacuare la zona. La lotta dei canadier e del taglio delle lingue di fuoco continua. Quello che resterà sarà un desolato paesaggio lunare e la certezza che occorre porre rimedio a tutti i guasti  arrecati fino ad oggi dall’uomo  con l’incuria, l’interesse di parte, la politica del risparmio,insomma con tutto quello che come afferma Lega ambiente sta cancellando la storia di un territorio.

 (1)https://www.virtuquotidiane.it/cronaca/laquila-assediata-dagli-incendi-quei-perche-a-cui-la-politica-deve-rispondere.html?fbclid=IwAR11iSKaKnMLyHRwXCnA_Q1lIr1Xj3Yk0Z5p53J4Hj_ApD0SiXwEya4F6X

(2) Marina Scipione post sul profilo fb.

(3)http://www.site.it/terrorismo-dietro-gli-incendi-in-campo-servizi-segreti-e-dia/?fbclid=IwAR0Qa336-svamZxsQ75pLeHZX8pheB0hA6P2ktN7vQcY_egTol5anBM7yos 

(4) Le sette sorelle che si spartiscono gli appalti di elisoccorso e servizio antincendio  Lorenz Martini  14/6/2019

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di Valter Marcone

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