RIFLESSIONI SUL DENARO, Come mette ali e cappio alla nostra vita, parliamone

 

 

di Andrea Cilli

 

Nel film “Educazione Siberiana” diretto da Gabriele Salvatores si descrive il denaro in un modo molto emblematico: si mostra che esso per la cultura dei siberiani, non va assolutamente portato in casa, men che meno appoggiato sul tavolo dove ci si riunisce e si divide il cibo. Il denaro è considerato una cosa sporca: utile certo, ma che insudicia tutto quello che tocca. Una descrizione che non mi sento di disapprovare.

Poi penso che grazie al denaro, la nostra società (a livello mondiale), permette a persone desiderose di studiare medicina e di diventare medici. Medici che poi, grazie alle loro abilità realizzate anche con l’importante contributo della moneta, per esempio restituiscono la vista ad un bambino. Una descrizione che non mi sento di disapprovare.

Il denaro è uno strumento che, in base a quanto ci dice la storia, sarebbe nato circa 2900 anni fa. Dentro di esso, alla sua base una idea: rappresentare. Di fatto si tratta di, come diremmo oggi, un “titolo di credito”. Inizialmente come moneta pare fossero utilizzate delle conchiglie belle e rare; esse tuttavia erano fragili, dunque col tempo si passò alla contro valuta con metalli e principalmente aurea.

In effetti nell’immaginario collettivo sembra che l’oro dall’origine dei tempi rappresenti il “valore” per antonomasia. Bello, prezioso, raro: un valore…no, solo uno strumento dire. Precisazione quella appena da me fatta, che ritengo molto importante. Perché se l’idea iniziale della moneta era per lo più rappresentare una quantità di beni reali mediante il simbolismo della moneta e della contro valuta (i vantaggi di portarsi dietro “tanto” in poco spazio), oggi a me pare di vedere abbastanza chiaramente che lo strumento sia stato elevato a valore di vita. Penso proprio che la moneta oggi (sempre più sfuggente, poiché sempre più virtuale) sia stata malamente elevata con una tale perversione, da allettare quasi più del cosa si può materialmente fare con essa. Mi viene in mente una citazione che penso faccia al caso: come chi dice che “cummannà è megl ca fott”, “comandare è meglio che fare…l’amore”, allo stesso modo il mezzo denaro sta diventando sempre di più il fine.

Piano piano la moneta s’è andata spogliando del suo valore cinestesico, tattile, legato ai sensi: per divenire formalità, carta. Però, cento anni fa, potevi andare in una banca e chiedere di farti “pagare” la moneta; ossia potevi chiedere oro od altri beni equivalenti in cambio della tua carta moneta. In virtù di ciò in una qualche maniera, credo che ci fosse una strana tranquillità nei cuori delle persone: dettata sostanzialmente dalla convinzione che accumulare moneta significasse automaticamente accumulare il necessario relativo controvalore.

Il sacrificio avevesse un senso diverso, come del resto l’attività d’impresa: è vero, era un mondo diverso in cui l’imprenditore lo era molto di più con i propri soldi che con quelli “a prestito”. Ma ciò secondo me, in una certa misura, anche per il valore diverso nonchè per il diverso peso concettuale che si dava al denaro. Un denaro non, scusatemi il termine, sputtanato come oggi. Un denaro cui dietro riusciva ad intravedersi una realtà, ancora.

 Provateci oggi a farvi pagare in banca una banconota da 100 Euro o perché no, addirittura tutti i vostri risparmi. Per quanrto ne sappia io, non è possibile: e questo per una ragione molto semplice. Ossia che ad un certo punto della nostra storia, “i nostri leader”  hanno capito (o deciso…) che al mondo non c’era più abbastanza contro valuta per ripagare tutta la moneta in circolazione nel mercato. La moneta, sicuramente almeno da quel momento in poi, non ha potuto più non avere una parte immaginaria, mentale, di contro valuta.

Lo snodo fondamentale c’è stata con una conferenza internazionale tra Stati mondiali (peraltro post seconda guerra modiale), gli Accordi di Bretton Woods: iniziati nel 1944 terminarono il 15 agosto 1971, quando gli USA abolirono la possibilità di convertire Dollari in oro. “Signori, la verità è che non c’è al mondo abbastanza oro per ripagarvi tutti”: più o meno me lo immagino Richard Nixon che, sorridendo, provasse a spiegare o almeno così lo immagino…)  che o si poteva accettare che i Dollari che si stringevano tra le mani fossero reali oppure, in maniera disincantata, si ponesse fine al mercato. Ma forse questa è solo la mia immaginazione, anzi sicuramente è così..

Purtroppo a mio avviso l’abolizione della contro valuta aurea, non ha mostrato in maniera adeguata che il denaro fondamentalmente è solo una gran prostituta: che il problema dovrebbe forse essere di chi, da lei, sia convinto di acquistare amore piuttosto che prestazione. Voglio dire che di per se il denaro, è un gran bello strumento: mi piace credere una delle “magie del mercato” di Ronald Reagan, anzi un trucco di illusionismo: di certo non l’intero spettacolo però!

Anzi, con il passare del tempo come dicevo credo che sia andato sempre più crescendo il valore morale denaro, invece che la quantità di cose acquistabili o realizzabili o immaginabili di realizzare col suo valore materiale. Questo credo abbia deteriorato e di molto, la nostra società: ha drogato ed annacquato la mente e soprattutto la coscienza di tanti e tante, facendogli credere che al giusto prezzo quasi qualsiasi torto possa essere riequilibrato. E soprattutto che il valore denaro, il valore morale denaro, legittimi l’imbavagliamento delle coscienze, spesso delle proprie: “io ti pago per questo, qundi”, “mi dispiace ma questo è il tuo valore di mercato”, “non ha mercato: nessuno è disposto a spendere i suoi soldi per questo, per te”.

Con questo articolo, sicuramente all’apparenza un po’ polemico, io fondamentalmente non voglio dirvi nulla: mi piacerebbe che voi diciate a voi stessi. Le persone hanno una sola vita, una sola opportunità, che spesso vedono scivolare dalle loro mani. Le persone provano emozioni che producono su di loro effetti biologici, reazioni: non possono acquistare più tempo di quanto il loro destino gli abbia riservato, ma molto spesso devono vendersi al mercato, in qualche modo, in cambio di denaro. Per sopravvivere le persone devono vendere ciò che non possono acquistare: ossia il tempo. Il tempo, l’unico vero valore di un condannato a morte come l’essere umano. Perciò provo molto dispiacere e non può non innestarsi in me il seme della riflessione, quando nel mondo vedo persone costrette addirittura a svendersi. A sottovalutare la loro unicità in cambio di una cosa, banale e di cui è strapieno il mondo: finzione. Resto basito e non posso non riflettere quando l’uomo si rende autore di cose (non belle e virtuose) veramente impensabili,  che si manifestano con una concreta realtà fenomenica (avvengono davvero!): mossi solo da qualcosa che esiste solo perché loro credono esista, il denaro. Mentire, tradire aspettative in maniera furba e truffaldina, speculare sulle altrui situazioni di bisogno. Nel mercato quando qualcuno vince, matematicamente c’è qualcuno che sta perdendo: ma c’è modo e modo.

Ma l’apice della perversione credo si raggiunga nelle posizioni debitorie che la crisi dei colossi bancari iniziata nel 2008 è stata battezzato come “too big to fail”, troppo grossi per fallire. Concetto che più o meno è descrivibile con questo esempio: se io ho un debito di 1000 Euro con te, io ho un problema con te; se io ho un debito di 100 milioni di euro con te, tu hai un problema con me. Ora, vi lascio con l’ultimo spunto di riflessione: l’Italia attualmente ha qualcosa come 2700 miliardi di Euro di debito pubblico complessivo.

Ognuno di noi forse, dovrebbe chiedersi: voglio scegliere di trovare la mia verità dentro di me oppure fuori di me?

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