SAN CESIDIO DI FOSSA IL GIOVANE SANTO D’ABRUZZO

Il suo vero nome era Angelo, quarto di sette fratelli, figlio di Giacomo Giacomantonio e Maria Loreta Antonucci, nacque a Fossa Aquilana il 30 settembre 1873. Famiglia sana la sua, dedita all’agricoltura e alla pastorizia, le attività che caratterizzavano la civiltà contadina, particolarmente nelle zone interne della regione abruzzese. Norma era il culto della casa, della religione, dei campi. Principi cristiani, vissuti secondo la tradizione, tra fede e venature di superstizione: principi che, se in alcune nazioni d’Europa e nelle grandi città e zone industriali cominciavano a vacillare, in queste contrade non ancora largamente diffusi e saldi erano gli attacchi e i ripudii. Restavano ancora molto forti il sentimento e il culto della famiglia. Questo era l’ambiente familiare e sociale, nel quale il nostro Angelo nacque e visse la sua infanzia ed adolescenza, sotto l’occhio vigile della madre, che ebbe particolare cura della formazione cristiana del piccolo, che, peraltro, si dimostrò presto assiduo ai riti religiosi e alle attività della parrocchia, iscrivendosi alla bella “Corale”, che rendeva devote e solenni le liturgie domenicali e festive. Nulla, tuttavia, di particolare emergeva nella vita del giovane, il quale, di robusta costituzione fisica, di carattere aperto, estroverso, socievole era molto portato alla vita allegra del paese. Sicché, quando all’età di 17 anni dichiarò e decise di abbracciare la vita religiosa – “farsi frate” – la notizia sorprese e familiari ed amici. Il giovane, come confidava un suo compagno di scuola e più tardi, confratello nell’Ordine di San Francesco, era andato segretamente maturando la sua vocazione dalle “frequenti” visite al santuario francescano di Sant’ Angelo, con le conseguenti conoscenze dirette della vita dei buoni religiosi, che vi dimoravano. Il convento-ritiro aveva tradizione di luogo abitato da Santi religiosi, il che, peraltro, era ben testimoniato attraverso cinque secoli, dacché l’antico monastero benedettino, prima maschile quindi femminile, era stato donato da Sisto IV ai frati dell’Osservanza dell’Abruzzo nel 1480. Accolto, quindi, tra i religiosi, Angelo, cambiando il nome in fra Cesidio – pare, per devozione al Martire San Cesidio, venerato in Trasacco, paese della Marsica legato da tradizioni antiche con Fossa – percorso velocemente il corso formativo con buoni frutti, morali, culturali, spirituali, fu ammesso all’Ordine sacro del Sacerdozio l’11 luglio 1897.
I Superiori, progettando di farne un buon, predicatore, lo destinarono, per l’anno scolastico 1898 – 1899, al Collegio Internazionale di Sant’Antonio a Roma, come laureando in teologia e oratoria sacra.
Ma la voce interiore per la vita missionaria si faceva sentire sempre più coinvolgente. Sicché, dopo lunga insistenza ottenutane licenza dallo stesso Ministro Generale dell’Ordine, imbarcatosi a Marsiglia il 22 ottobre di quell’anno 1899, dopo lungo e spesso burrascoso viaggio, risalito il fiume Azzurro, approdò a Han-kow (Cina) dove rimase circa tre mesi, attendendo allo studio della lingua e delle leggi e costumi cinesi. Nel marzo, date le necessità della cura dei Cristiani, fu destinato alla piccola-missione di Tsaj-tung, nel Vicariato Apostolico del Hunan. Ivi fu sorpreso, il 4 luglio, dall’assalto armato dei rivoluzionari Boxers, decisi ad espellere gli Europei e ad annientare il Cristianesimo, che consideravano sovvertitore della religione, e dei costumi, della loro patria. Il 3 luglio del 1900 Padre Cesidio era andato dal suo immediato Superiore, il venerando Padre Quirino Henfling, un fiammingo, già laureato in medicina, buon intenditore di arte, figura esemplare di missionario. Un confratello cinese aveva cercato di dissuaderlo di mettersi in viaggio, a causa delle voci che correvano sulla annunziata sollevazione dei Boxers: ma il Padre rispose che egli “…era anche pronto di morire per Cristo…egli era venuto in Cina pronto a morire per il Vangelo”. Il giorno seguente, 4 luglio, verso le due pomeridiane, la missione fu assaltata da una masnada di rivoltosi: infrante le finestre, penetrarono nella casa, mettendo tutto a soqquadro. Trovarono i due religiosi assorti in preghiera e ormai si confortavano a vicenda, invocando l’aiuto divino. Il capo dei rivoltosi rivolse dure parole di riprovazione verso l’anziano Padre Quirino, apostrofandolo come turbatore della pace e violatore dei costumi cinesi. Al che rispose: “non male abbiamo fatto ai Cinesi, ma siamo venuti per soccorrerli e non soltanto spiritualmente..” Per tutta risposta, strinsero il Padre trascinandolo verso l’uscita; ed altrettanto col giovane Padre Cesidio, il quale, in un momento di confusione creatasi perché un gruppo di cristiani era intervenuto, sottrando dalla stretta dei Boxers l’anziano confratello, correva verso la chiesa per consumare l’Eucaristia, per sottrarla alla sicura profanazione che ne avrebbero fatto i rivoltosi. Fu pero riacciuffato sulla porta della chiesa. Fra i testimoni rimase qualche incertezza: chi affermava che era riuscito a consumare le Sacre Specie; altri che non gli era riuscito il generoso e sacro proposito. Trascinato fuori, tra spintoni e colpi di baionette e bastoni, semivivo, coperto di un lenzuolo, cosparso di petrolio che i Rivoluzionari portavano con sé per dar fuoco all’edificio, lo dettero alle fiamme, fra urla ed insulti dei soldati ormai inferociti. Erano circa le quattro pomeridiane del 4 luglio 1900. Persone presenti alla scena orrenda dichiararono che, mentre le fiamme consumavano il giovane missionario, tre candidi globi volteggiavano sul capo di lui, che, levando in alto, finché ne ebbe la forza, il Crocifisso missionario, aveva ripetuto ad alta voce: “Perdonali, Signore!..”. Il Martire fu beatificato nel 1946 da Papa Pio XII e canonizzato nel corso del Giubileo Universale del 2000 da Giovanni Paolo II. Del suo corpo furono sottratti alle fiamme alcuni frammenti ossei e uno di circa 10 cm, parte di tibia, è custodito in un bel reliquiario conservato nel convento-santuario di Sant’Angelo d’Ocre.

 

( Cicchetti Ivan )

 

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