Tossicodipendenza sui luoghi di lavoro: la sentenza del Tribunale di Milano che reintegra il lavoratore

Una recente e interessante sentenza del Tribunale di Milano (Trib. Milano, Sez. Lav., 13 giugno 2017 n.15954)affronta il tema degli accertamenti sanitari – effettuati dal medico competente –  finalizzati alla “verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti” previsti dall’articolo 41 comma 4 del D.Lgs.81/08 e, in particolare, si sofferma sul collegamento tra questi accertamenti, le contestazioni disciplinari, il giudizio di idoneità/inidoneità alla mansione e il licenziamento.

 

Questi i fatti. Nel luglio del 2016 “il ricorrente, dipendente di s.p.a. con qualifica di Operatore di Esercizio”, è stato“invitato dalla datrice all’esecuzione, il giorno successivo, di un accertamento medico teso a verificare l’assenza di alcooldipendenze e tossicodipendenze, all’esito del quale lo stesso veniva rinvenuto positivo al metabolita THC (cannabis) e, conseguentemente, dichiarato temporaneamente inidoneo allo svolgimento della mansione di Conducente Gomma per poi essere destituito dal servizio in data…2016, a seguito di procedimento disciplinare, principiato con lettera di contestazione […] nella quale si legge: “il giorno…2016 alle ore… veniva sottoposto agli accertamenti tossicologici periodici prescritti dalla Legge per le mansioni cd a rischio, ai sensi di quanto previsto dall’art. 41 del d.lgs. 81/2008, presso la struttura sanitaria di riferimento […]. L’esito degli esami effettuati, a noi pervenuto in data …2016, è risultato positivo e pertanto le contestiamo l’uso di droghe, sostanze psicotrope e/o stupefacenti. Le contestiamo, inoltre, che con tale comportamento, cui è seguito necessariamente il giudizio di inidoneità alla mansione formulato da Medico competente, Lei ha reso impossibile lo svolgimento dette mansioni proprie della figura professionale a Lei attribuita”.

 

La sentenza sottolinea che “appare, pertanto evidente […] come il [ricorrente] sia stato destituito dal servizio in relazione al mero dato dell’avvenuta assunzione volontaria di sostanze stupefacenti di tipo cannabinoidi ed alla conseguente sopravvenuta impossibilità della prestazione, determinata dal comportamento del lavoratore, in relazione alla asserita inidoneità alla mansione propria della figura professionale attribuita allo stesso (Conducente Gomma).”

E il Tribunale prosegue: non risulta, dunque, contestato al ricorrente alcuno stato di alterazione psicofisica registrato nello svolgimento delle mansioni di conducente, con significativo incremento della pericolosità per la pubblica incolumità della prestazione resa, in ragione delle sue caratteristiche tipologiche, ma esclusivamente la pregressa assunzione di stupefacente, alla stregua di condotta irresponsabile ed eticamente censurabile, potenzialmente rischiosa per la pubblica incolumità, in ultima analisi incompatibile con le mansioni assegnate.”

 

In particolare – precisa la sentenza – “appare altresì utile premettere come, nel caso di specie, sia stata registrata la presenza del principio attivo (Delta9-THC-COOH) in concentrazione superiore al cut off di legge (>15 mg/ml), in assenza di specificazione del valore di concentrazione del principio attivo il che, se da un lato consente di ritenere con ragionevole certezza l’avvenuta assunzione volontaria attraverso inalazione diretta (anche a confutare l’inverosimile tesi difensiva dell’inalazione involontaria o passiva della sostanza), dall’altro non consente di stabilire con certezza la verosimile epoca dell’assunzione, la distanza della stessa dal momento del test – risultando la permanenza del principio attivo nelle urine per diversi giorni dopo l’assunzione – e, pertanto, lo stato potenziale o attuale ed il relativo grado di alterazione delle capacità ed attitudini personali, tra cui quella di svolgimento delle mansioni lavorative.”

 

Il Tribunale di Milano accoglie il ricorso del lavoratore (in base all’art.1 c.48 L.92/2012), dichiara l’illegittimità del provvedimento di destituzione dal servizio del ricorrente e condanna la s.p.a. alla immediata reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro ed al pagamento, in favore dello stesso, di un’indennità risarcitoria.

Il tutto sulla base delle argomentazioni che seguono.

 

Anzitutto, il Giudice ricorda che “la materia degli accertamenti sanitari atti a verificare l’assenza di tossicodipendenza e di assunzione di droghe, sostanze stupefacenti e psicotrope è regolata dai provvedimenti della Conferenza Unificata Stato Regioni nn. 99/2007 e 178/2008 e dalla Circolare Regione Lombardia del 22/01/2009 […] nei quali si annoverano, tra le mansioni che comportano rischi per la sicurezza, l’incolumità e la salute propria o dei terzi, anche in riferimento ad un’assunzione solo sporadica di stupefacenti, quelle inerenti alle attività di trasporto, con conseguente necessità di sottoposizione dei lavoratori a test, eventualmente senza preavviso, ed a monitoraggi periodici in capo di esito positivo.”

“in caso di accertamento di “stato di tossicodipendenza il datore di lavoro, ai sensi dell’art.125 3° co., d.p.r. n.309/1990 è tenuto a rimuovere il lavoratore dall’espletamento della mansione che comporta rischi per la sicurezza, l’incolumità e la salute di terzi. Quanto alle conseguenze sul rapporto di lavoro, in relazione ad uno stato di tossicodipendenza accertato, l’art.9 della Conferenza Unificata prevede redibizione del lavoratore a mansioni diverse da quelle a rischio, fermo il diritto alla conservazione del posto ove il lavoratore si sottoponga a cure riabilitative, per un periodo non superiore ai tre anni ai sensi dell’art 124 d.p.r. cit..”

 

Invece “nel caso di assunzione volontaria di droghe in assenza di tossicodipendenza, non è prevista alcuna norma legislativa che preservi la posizione di lavoro, prevedendosi esclusivamente un’inidoneità temporanea alla mansione a rischio, rimettendo la valutazione della eventuale rilevanza disciplinare al datore di lavoro. L’art. 45 all.A) R.D. n.148/1931, richiamato nell’opinamento di destituzione dal servizio del… punisce chi, “durante il servizio, in funzioni attinenti alla sicurezza dell’esercizio, è trovato in istato di ubriachezza; o chi, anche se non addetto a tali funzioni, venga trovato abitualmente in istato di ubriachezza’’, disposizione, ad opinione del giudicante, applicabile per analogia alle alterazioni psicofisiche determinate dalla volontaria assunzione di sostanze stupefacenti.”

 

Dunque – conclude il Tribunale – “così riassunto il panorama normativo e pattizio, in merito alla destituzione del … deve osservarsi quanto segue.

Non può ritenersi disciplinarmente rilevante il mero rilievo della pregressa assunzione di sostanze psicotrope, sia pure riferito a lavoratore adibito a mansioni a rischio, in assenza di dimostrazione, attuale o presuntiva, dell’esistenza di una concreta alterazione psicofìsica atta a determinare il rischio per l’incolumità, propria o altrui, in relazione alla tipologia delle mansioni assegnate.”

Infatti “laddove, come nel caso di specie, venga accertata la mera presenza del metabolita THC nelle urine al di sopra del limite di cut off, univocamente sintomatico di assunzione volontaria ma compatibile con un’assunzione sporadica o saltuaria, e potenzialmente risalente ad un momento ben antecedente rispetto alla prestazione lavorativa, la sanzione della destituzione dal servizio risulta accedere ad un contegno al quale non può ascriversi rilevanza disciplinare per la natura del tutto astratta e presuntiva dell’interferenza con lo svolgimento delle mansioni e, per traslato, della determinazione del rischio a carico della collettività.”

 

Venendo poi al tema del licenziamento, il Tribunale sottolinea che “una sanzione con tale carica di afflittività, quale quella del recesso unilaterale dal rapporto di lavoro, non può, in altri termini, che conseguire ad evenienze di accertata effettiva – e non meramente potenziale – alterazione della capacità all’idoneo svolgimento delle mansioni, in relazione a comportamenti individuali o abitudini di vita che, nel caso di assunzione di sostanze psicotrope, non possono prescindere dal rilievo dell’effettiva concentrazione della sostanza nel sangue e dello specifico grado di interferenza delle capacità cognitive e percettive e delle relative abilità, in relazione non soltanto alla tipologia di mansioni assegnate, ma anche alle specifiche circostanze di tempo e di luogo in cui le stesse vengono disbrigate.”

Inoltre, “che il mero dato dell’assunzione di sostanze psicotrope non possa dedursi a base del licenziamento lo si ricava altresì dall’analisi dell’assetto normativo e pattizio innanzi riportato, laddove si prevede il diritto alla conservazione del posto di lavoro per un periodo non superiore ai tre anni, previa rimozione del lavoratore dalle mansioni comportanti rischi per la sicurezza, l’incolumità e la salute dei terzi, ed assegnazione a mansioni diverse sino all’esito delle cure riabilitative, nel caso di accertamento di “stato di tossicodipendenza”, condizione nella quale v’è, viceversa, da presumere una significativa ed attuale incidenza sulle concrete attitudini allo svolgimento della mansione di Conducente Gomma. Lo stesso art. 45 all. A) R.D. n. 148/1931, testualmente richiamato nell’opinamento di destituzione, si riferisce a chi, durante il servizio, in funzioni attinenti alla sicurezza dell’esercizio, sia trovato in istato di ubriachezza, così lasciando intendere che il rilievo disciplinare della condotta non possa ricondursi al mero uso (o abuso) di sostanze alcoliche o psicotrope, ma alla alterazione delle capacità del soggetto, circostanza non contestata e del tutto indimostrata nel caso di specie.”

Infine, “né, del resto, può validamente sostenersi la riconducibilità del recesso alla sopravvenuta inidoneità alla mansione, per causa riconducibile al dipendente medesimo. Il giudizio di inidoneità alla mansione del Medico Competente inizialmente assunto appare avere connotazioni chiaramente cautelari, stante anche la sua durata temporanea” e “risulta compensato, sotto il profilo della compatibilità della situazione con l’assetto aziendale, dall’adibizione del [lavoratore] a mansioni alternative, rispetto alle quali il lavoratore veniva giudicato idoneo […], non suffragato da alcuna definitiva valutazione di inidoneità, intervenuta anteriormente alla destituzione e, per altro, per tabulas contraddetto dal successivo giudizio di idoneità del …2017”.

 

In conclusione, “trattandosi, pertanto, di fatto (la registrata la presenza del principio attivo Delta9-THC- COOH in concentrazione superiore al cut off di legge nelle urine del ricorrente), di per sé sprovvisto di connotazioni disciplinari, in assenza di prova alcuna circa la concreta ed attuale interferenza con il disbrigo delle mansioni assegnate o, quanto alla sopravvenuta e definitiva inidoneità alle mansioni, manifestamente insussistente, non può che farsi applicazione dell’art.18 4° comma, l.300/1970, che sancisce il diritto del lavoratore alla tutela reintegratoria cd attenuata, ed al pagamento di una indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto, pari ad €… dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, nella misura massima di dodici mensilità, nonché al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali calcolati dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione. La regolamentazione delle spese di lite segue la regola della soccombenza […]”.

Fonte puntosicuro.it

About Redazione - Il Faro 24