A PROCESSO EX PARROCO DI PIZZOLI

Oggi nel tribunale di Trieste, ha avuto inizio la seconda fase del processo che vede imputato don Paolo Piccoli, sacerdote di origini venete ex parroco di Pizzoli, accusato dell’omicidio di monsignor Giuseppe Rocco, 92 anni, trovato morto nella propria camera nella Casa del Clero di Trieste, il 25 aprile 2014. Il dibattimento è iniziato il 22 settembre del 2017 con una udienza che si è rivelata tecnica non esaminando nel merito le contestazioni nei confronti del sacerdote che è stato ordinato nell’arcidiocesi dell’Aquila dove è ancora incardinato.

Nell’udienza di oggi si inizieranno ad ascoltare i testi del pm Matteo Tripani: in tal senso, si annuncia un passaggio decisivo perché è prevista la testimonianza, ritenuta chiave, dall’accusa, quella dell’anziana perpetua del monsignore Eleonora Laura Dibitonto, che il 25 aprile 2014 ha trovato il corpo senza vita del 92enne prelato.

Piccoli, all’epoca residente a Trieste presso la Casa del Clero, in un alloggio situato accanto a quello di don Rocco, è imputato di omicidio volontario aggravato. Il movente dell’omicidio fu localizzato nel furto di una collanina di monsignor Rocco che questi indossava senza mai separarsene e che, secondo quanto si è appreso, non è mai stata rinvenuta, nonostante le perquisizioni effettuate nei locali dove don Piccoli alloggiava e teneva custoditi i suoi beni.

Stando all’accusa, Piccoli sarebbe entrato nella stanza del prelato per rubare la collanina, così facendo avrebbe ucciso il prete strangolandolo e in questa circostanza avrebbe lasciato tracce ematiche sul letto dove l’anziano sacerdote il monsignore stava riposando.

Gli avvocati difensori, Vincenzo Calderoni del Foro dell’Aquila e Stefano Cesco, del Foro di Pordenone, sono convinti della sua innocenza ed hanno una strategia per scardinare il castello accusatorio.

Per uno dei due legali, Calderoni, “don Rocco sarebbe deceduto per cause naturali, come stabilito dai medici intervenuti il giorno del decesso, mentre le tracce ematiche dell’imputato sono state reperite dai Ris nei pressi della salma, in quanto il prete è intervenuto per dare l’estrema unzione, come attestato da numerose testimonianze”. “Infatti – ha spiegato ancora il difensore – don Piccoli soffriva di una particolare patologia che ha determinato la perdita di minuscole croste di pelle e di questa sua malattia si lamentava da tempo con amici e familiari, come si evince anche dalle testimonianze e dalle intercettazioni”. L’avvocato, in conclusione, fa notare che “l’assoluta assenza di segni di colluttazione, l’inesistenza del movente e la spiegazione data in riferimento alle tracce di Dna dell’imputato, autorizzano la difesa a presagire un positivo esito del processo”. Don Piccoli è stato, tra le atre cose, parroco nei comuni aquilani di Rocca di Cambio (dal 1994 al 1996), Pizzoli (dal 1996 al 2001) e canonico della cattedrale di San Massimo. Nel territorio aquilano è molto conosciuto per essere stato al centro di alcuni episodi quando era arciprete a Pizzoli, a causa di rapporti abbastanza tesi con l’allora sindaco Giovannino Anastasio, esponente della sinistra, tanto che i due vennero soprannominati don Camillo e Peppone, come i protagonisti dei racconti di Giovannino Guareschi. Molte le liti anche plateali tra i due. Nel 2002 ll’ex parroco di Pizzoli è stato condannato per disturbo della quiete pubblica: alcuni cittadini, esasperati dal suono delle campane che venivano azionate energicamente più volte al giorno, si rivolsero alle autorità che, dopo aver stabilito che la rumorosità superava i decibel stabiliti dalla legge, posero sotto sequestro il modernissimo impianto elettronico, realizzato a proprie spese da don Piccoli. 

 

 

( Cicchetti Ivan )

 

 

Redazione - Il Faro 24

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