Pubblichiamo a seguire la nota del Consigliere regionale Leandro Bracco.
L’unico termine che si può utilizzare è costernazione. La moltitudine di pagine di storia di cui il protagonista è stato il nostro meraviglioso ma travagliato Paese, per l’ennesima volta, non ha insegnato nulla. E l’incolumità della collettività? Non è prioritaria. E le migliaia di innocenti che atrocemente persero la vita a causa del terremoto del 1706? Non fanno testo. E l’orrore e la devastazione che intere comunità vissero? L’Italia dimentica. Mi chiedo se Gilberto Dialuce, direttore generale del Ministero dello Sviluppo Economico la cui firma ha dato il via libera definitivo alla realizzazione della centrale Snam a Sulmona, abbia mai messo piede nell’incantevole città che ha dato i natali a Ovidio e nella valle che la ospita per capirne le emozioni e carpirne sensibilità e fragilità. A cosa sono serviti anni di battaglie, assemblee, mobilitazioni collettive tutte finalizzate a scongiurare lo stupro di un territorio la cui notevolissima vulnerabilità è conosciuta? Zero. 3 novembre 1706. Ore 13. Un terremoto di magnitudo 6.6 sconquassa la Valle Peligna. Sulmona è rasa al suolo. La ‘Siena d’Abruzzo’ non c’è più. I morti sono mille. Campo di Giove, epicentro del sisma, è devastata. Quasi tutta Raiano crolla. La totalità di Vittorito è inagibile. Roccacasale è un cumulo di macerie. A Pacentro viene giù addirittura il Castello. A Popoli perdono la vita 120 persone. Rivisondoli scompare. A Palena muoiono due abitanti su tre. Il sangue di cento innocenti scorre a Taranta Peligna. Morte, distruzione, annientamento di intere comunità. E dolore, dolore, dolore. Tanto. Troppo. Ferite che a distanza di tre secoli non si rimarginano. Perché la memoria dei familiari nel cui albero genealogico si è verificato un decesso causato da quel famigerato terremoto non conosce oblio. Sì la vita va avanti ma il cuore non dimentica. I sentimenti non si cancellano. Il tempo passa, attenua i lutti, ne permette l’elaborazione. Ma il ricordo è sempre lì. Vivo. Vivido. Cammina con te. E ti ricorda che a comandare è la natura. L’uomo è suo ospite. Troppo spesso ce ne dimentichiamo e quando superiamo il confine lei, giustamente, si riprende i suoi spazi. A meno che la giustizia amministrativa o Sergio Mattarella si mettano di traverso, entro due anni i lavori per la realizzazione della centrale Snam prenderanno il via. Sarà un’opera imponente. Sicuramente all’avanguardia. Ma sarà anche un gigante dai piedi d’argilla perché il territorio di Sulmona e dell’intera Valle Peligna è fragile e presenta molteplici criticità. Ma soprattutto, nelle sue viscere, cova quell’immensa realtà il cui nome è terremoto. Terremoto che 312 anni fa ha fatto conoscere all’Italia tutta la propria devastante potenza distruttiva. Oggi l’Abruzzo è sì costernato per la decisione presa nelle stanze luccicanti del potere romano. Domani però la costernazione si tramuterà in preoccupazione e tensione. Preoccupazione e tensione che diverranno sempre più concreti. Palpabili. Tangibili. E a pagarne le conseguenze saranno migliaia di cittadini sulmonesi e peligni la cui serenità, in teoria doverosa, sarà solo un lontano ricordo.