“Ci troviamo di nuovo a rincorrere il virus con questo sistema a semafori delle Regioni, gialle, arancioni, rosse, che in sé ha una sua logica e razionalità ma sta finendo per creare disorientamento nei cittadini”. Quanto accaduto in questi giorni, al termine di due mesi su cui Marsilio e la sua giunta tanto dovrebbero spiegare agli abruzzesi, è stata sconcertante conferma di quanto previsto in una recente intervista ad Antonio Ingroia. Finita, in tempi di detrattori a ciclo continuo e di click compulsivi sui social, all’attenzione solo per una frase mal recepita e compresa ancora peggio. Invece furono tanti i temi trattati importanti e di peso, tutti di stringente attualità anche per l’Abruzzo. L’Abruzzo è tornato in zona rossa per 24 ore al termine di un duro braccio di ferro tra il governo e il presidente della regione Marsilio, uno spettacolo desolante, dimostrazione di una politica sempre più senza rotta (come abbiamo denunciato nelle scorse settimane) e incapace di mettere l’interesse dei cittadini e la loro difesa al centro di tutto. Sembrano vincere invece gli interessi particolari, le visioni di parte, la corsa a vincere scontri interni ai palazzi inutili e dannosi per la collettività.
Sabato 12 dicembre è una giornata che gli abruzzesi non dimenticheranno facilmente, in poche ore dalle scuole alle attività economiche tutto è stato gettato nel caos e nell’incertezza costringendo migliaia di cittadini a ri-organizzare tutto. E tanti sono stati esposti a multe e sanzioni pesanti, non avendo ricevuto la notizia nella serata precedente della decisione del TAR. Non è accettabile che, per capire cosa poter fare nella giornata successiva, un cittadino sia costretto a rimanere incollato a televisioni, computer e smartphone anche a costo di sacrificare il sacrosanto diritto ad una vita privata e intima e al riposo. E, dopo il ritorno in zona rossa per 24 ore, la beffa non è ancora conclusa: dopo aver anticipato, dichiarando che così si sarebbe usciti prima, la zona rossa il pastrocchio sconcertante di questi giorni fa si che l’Abruzzo sarà (dati permettendo) l’unica regione ad essere in zona arancione il giorno di Natale e i due successivi, dopo che in realtà è stata l’ultima ad uscire dalla classificazione in zona rossa (altro che uscita anticipata!). Un’altalena incredibile iniziata a metà ottobre, quando Marsilio e l’assessore alla sanità Verì dichiararono che l’Abruzzo stava tenendo davanti la seconda ondata meglio di altre regioni, meno di una settimane dopo invece le criticità sono esplose e nel disastro della sanità la situazione è precipitata. Lo vediamo anche in questo inizio di dicembre: ritardi e scarsità dei vaccini anti-influenzali con proteste da parte dei medici, ospedali sotto forte stress, ad Avezzano addirittura allestimento di una tendostruttura che è stata rammendata con soluzioni di fortuna ed evacuata perché ci pioveva dentro, scontri tra sindaci e asl per la collocazione dei drive in per i tamponi, il personale sanitario che continua a denunciare quel che l’Unione Sindacale di Base definì un pandemonio già durante la prima ondata. Definire tutto questo sconcertante e inconcepibile è dir poco.
E in tutto questo abbiamo assistito in questi mesi i partiti che sostengono la giunta regionale, così come quelle comunali di L’Aquila, Pescara e Chieti fino alle elezioni di settembre, litigare ed egemonizzare le cronache per poltrone e incarichi di potere. Mentre ci si sarebbe aspettati interesse massimo per la riorganizzazione e rafforzamento della sanità, soluzioni per le sofferenze del personale sanitario e dei malati, Fratelli D’Italia e Lega si sono preoccupati di liste elettorali, incarichi di assessori e simili. Oltre che, tra le altre, pensare ad occupare milioni di fondi pubblici per un ritiro calcistico. 8 milioni avrebbero avuto sicuramente migliore e più utile destinazione nella sanità pubblica.
Sconcerto e indignazione di fronte a tutto questo non possono che aumentare vedendo la campagna di santificazione e difesa nazionale dell’ex presidente Del Turco (PD), arrestato nell’inchiesta Sanitopoli. Che svelò atti e fatti di cui la sanità pubblica e i cittadini continuano a scontare ancora oggi, tredici anni dopo, i costi e i danni.
Azione Civile Abruzzo e il presidente nazionale Antonio Ingroia