ALDO ANTONELLI: “E’ MORTO BRUNO AMOROSO ED IO MI SENTO A LUTTO “

Molti di voi non lo conosceranno, ma la sua persona ha incrociato più volte i miei percorsi: le letture, i convegni e le Associazioni di cui siamo stati insieme soci….

Una figura poliedrica e polivalente. A testimonianza della sua capacità di analisi vi riporto un breve passaggio di un suo intervento al sessantaseiesimo corso di studi cristiani di Assisi, nell’Agosto del 2008. Discorso oggi attualissimo…..

«Da qualche anno assistiamo al ripetersi di posizioni critiche sulla globalizzazione e le sue istituzioni da parte di liberali e conservatori che avevano aderito entusiasticamente alle sue promesse ed alle sue politiche neoliberali di libero mercato, libero commercio, libertà della ricerca, ed erano anche tra i più convinti sostenitori del processo di integrazione europea e della nuova «governance» internazionale [Wto, Fmi, Banca mondiale]. Tra i casi più noti quelli di Joseph Stiglitz, economista statunitense, già direttore della Banca mondiale negli anni in cui amministrava le politiche di «rientro del debito» e degli «aggiustamenti strutturali» e, in Italia, di Giulio Tremonti, già e di nuovo ministro dell’economia di un governo di centro destra.

Al contrario, numerosi movimenti della società civile e della sinistra persistono in una ideologica posizione di critica del mercato tout court, che tuttora confonde mercato e capitalismo, ma diventano possibilisti e apologeti del mercato capitalistico facendosi sostenitori di una «globalizzazione buona», «dal basso», dei «diritti», dei «diritti umani», del «villaggio globale», ecc.. Anzi, ne assumono i valori facendosi portabandiera di una critica ai paesi non occidentalizzati che ha come suo primo obiettivo l’esportazione della democrazia e dei diritti umani verso i «paesi in via di sviluppo». L’interrogativo che si pone è se sono io l’impazzito, o lo sono i liberali che hanno cambiato opinione ed i movimenti della società civile che trovano in Bush il loro più illustre portavoce.

[…] Si è continuato a studiare l’economia capitalistica secondo i moduli classici ottocenteschi e questo quadro non è cambiato neanche con la globalizzazione. Due interpretazioni dominano tuttora, entrambe fuori del tempo. La prima continua a credere nel mercato ed in una benigna competizione possibile capace di produrre beni per il maggior numero di persone [tesi egualmente condivisa tra sinistra e destra in Italia]. L’altra, più radicale, applica passivamente lo schema marxiano della lotta di classe a livello globale [confondendo globalizzazione e mondializzazione] e prevede quindi «una guerra di classe globale» delle moltitudini contro l’Impero [Jeff Faux, Toni Negri].

Queste tesi hanno indotto ad interpretare sia l’accentuarsi degli squilibri sociali ed economici a favore del capitale finanziario sia l’indebolimento dei governi nazionali, dentro le dinamiche tradizionali di un processo di accumulazione capitalistico ritenuto fondamentalmente immutato. Sfuggono così i cambiamenti radicali del capitalismo, prodotti dalla sua finanziarizzazione e potere tecnologico, che riguardano sia le sue dinamiche sia la struttura del potere. Un nuovo meccanismo di accumulazione or¬mai gestito da una ristretta oligarchia finanziaria globale i cui «profitti» non vengono da produzione di ricchezza ma dall’esproprio di quella da altri accumulata, e che ha come obiettivo l’apartheid globale e non il mercato mondiale. Il fallimento delle politiche, delle aspettative dei liberali e della sinistra, nascono a mio avviso da questo abbaglio».

Aldo

 

Redazione - Il Faro 24

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