Gli esperti parlano chiaro: la dipendenza da smartphone e dispositivi collegati ad internet è ormai una malattia a tutti gli effetti.
E’ stato coniato in Inghilterra il termine (da no-mobile e fobia), la paura di rimanere sconnessi. La patologia colpisce soprattutto i giovani tra i 18 e i 25 anni e viene definita come il timore ossessivo di non essere raggiungibile, magari a causa della batteria scarica, in assenza di campo, o per mancanza di credito. Comporta ansia, attacchi di panico, tachicardia. Se ne è parlato nel già in occasione del congresso nazionale di psichiatria dinamica a Firenze. Un vero e proprio disturbo compulsivo che porta inevitabilmente alla distruzione dei rapporti sociali e quindi all’isolamento.
Due ricercatori dell’Università di Genova, Nicola Luigi Bragazzi e Giovanni Del Puente, hanno persino proposto che la nomofobia venga inserita all’interno del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali .
Indicativo è “Sconnessi“, un film italiano sulla patologia del nostro secolo.
Per contrastare il fenomeno è nato il sito www.stopphubbing.com, per scoraggiare la tendenza ad isolarsi nelle uscite fra amici.
Secondo gli esperti, infatti, l’abuso del cellulare crea divisione tra le persone, e l’uso eccessivo dei social conduce inevitabilmente ad alimentare la paura di non essere accettati. Non è un caso che negli ultimi anni siano saltati rapporti e relazioni personali a causa di mancati like.
Uno studio di Verizon Wireless, invece, ha confermato chel’utilizzo del cellulare sia ormai aumentato a dismisura, e se ne fa uso perfino in bagno.
La soluzione potrebbe essere nell’auto imporsi alcune regole, per esempio ridurre la frequenza con cui si controllano le notifiche, evitare di addormentarsi con lo smartphone in mano o aprire subito il cellulare appena svegli. Sarebbe inoltre opportuno, di notte, lasciare il telefono lontano dal letto.