BRACCO. “AMPIA AREA DI PESCARA INQUINATA DA IDROCARBURI”

“Il 21 aprile 2017 la prima Conferenza dei Servizi. Il responso avrebbe fatto sobbalzare dalla sedia chiunque: livelli di contaminazione del suolo e delle falde assai preoccupanti. Quasi undici mesi dopo (undici mesi!) e cioè il 9 marzo scorso un’ulteriore Conferenza dei Servizi nell’ambito della quale l’ARTA (l’Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente) lancia l’allarme: ‘la caratterizzazione del sito non può ritenersi conclusa né esaustiva a definire il modello concettuale del sito e/o lo stato di qualità ambientale delle matrici terreno e soil gas’. Da quel lontano 9 marzo 2018 sembrerebbe che nulla sia stato fatto e che dunque un’amplissima porzione di territorio che si trova nella città di Pescara posta fra il fiume omonimo e l’aeroporto permanga nell’essere un deposito di idrocarburi. Evviva la lungimiranza politica ambientale dell’esecutivo a guida PD”. Termini taglienti quelli contenuti nel comunicato stampa diramato stamane dal consigliere Leandro Bracco che torna a occuparsi di tematiche ambientali affrontando questa volta una questione che riguarda il capoluogo adriatico. “Fin troppo nota – esordisce l’esponente di Sinistra Italiana – è la condizione di grave degrado nella quale versa l’area del fiume Pescara. Diverse le fonti di contaminazione. Basti pensare a tutte quelle censite nell’ambito del Sito di interesse regionale (SIR) denominato Chieti Scalo. Sito come noto posto a ridosso dell’asse fluviale. Ma come se ciò non bastasse vi è un’altra situazione che desta notevolissima preoccupazione. Si tratta di un’area della città di Pescara posta tra il fiume e l’aeroporto. Il sito è interessato da un deposito di idrocarburi e sullo stesso sono stati riscontrati livelli di contaminazione del suolo e delle falde realmente preoccupanti”. “A seguito delle analisi svolte nel 2017 dall’ARTA – afferma Bracco – è stata accertata la presenza di metilterbutiletere (MTBE), un composto tossico presente in valori oltre la concentrazione soglia di contaminazione. Ulteriori problemi sono stati riscontrati anche con altre sostanze assai pericolose come ad esempio il Benzene, noto composto cancerogeno. Tutto questo è emerso nell’ambito della Conferenza dei Servizi tenutasi il 21 aprile 2017”. “Con l’avvio delle procedure previste dall’art. 242 del Testo Unico Ambientale ovvero la bonifica dei siti contaminati – prosegue il Consigliere Segretario – è emersa una fotografia dalle tinte fosche, una situazione che avrebbe richiesto interventi celeri. Purtroppo solo a distanza di quasi un anno, il 9 marzo scorso, si è tenuta una nuova Conferenza dei Servizi nella quale sono stati evidenziati alcuni aspetti procedurali parecchio rilevanti. In particolare l’ARTA ha precisato che ‘la caratterizzazione del sito non può ritenersi conclusa né esaustiva a definire il modello concettuale del sito e/o lo stato di qualità ambientale delle matrici terreno e soil gas’. L’attività sino a quel momento espletata non è quindi stata ritenuta completa. E’ stato stabilito inoltre che tutte le ulteriori attività di campionamento delle acque e dei terreni nonché le indagini integrative dovranno essere svolte dalla società competente in contraddittorio con l’ARTA medesima. Il responsabile del procedimento ha poi sottolineato come, al di là del già basilare piano di caratterizzazione, fondamentali siano le azioni di messa in sicurezza”. “In particolare è stato evidenziato – rileva Bracco – che ‘l’impianto in oggetto è posto all’interno dell’area golenale del fiume Pescara (classificato pericolosità idraulica molto elevata dal vigente Piano Stralcio Difesa Alluvioni regionale)’. Si tratta di un’area estremamente complessa e questa circostanza dovrebbe anche far riflettere sulla scelta di collocare un impianto di quella natura in un’area così delicata. Ci si trova invece a dover constatare, per l’ennesima volta, il fallimento delle politiche in materia di gestione e programmazione del territorio”. “Detto questo – rimarca il consigliere regionale – sono trascorsi diversi mesi da quella seconda Conferenza dei Servizi. Mi domando quali siano state le attività di messa in sicurezza poste in essere e se vi sia stata l’attuazione di tutte le iniziative previste dal Testo Unico Ambientale. Sulla vicenda è stata aperta anche un’inchiesta giudiziaria ma, al di là di essa, un elemento emerge in tutta la sua prorompenza: le norme ambientali impongono tempi strettissimi mentre nella vicenda in questione si è impiegato quasi un anno dal campionamento all’invio del verbale di approvazione del Piano di Caratterizzazione e sono trascorsi ulteriori undici mesi fra le due Conferenze di Servizio”. “Delle due l’una – conclude Leandro Bracco – o quanto disposto nell’ultima riunione ha avuto seguito tramite azioni concrete di messa in sicurezza oppure appare sempre più accentuato il rischio che i suoli, le falde e il fiume Pescara siano avviati alla morte davanti agli occhi e alla consapevolezza di molti”.

Redazione - Il Faro 24

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