Celano… siamo quelli del 1223?

di Giancarlo Sociali

Maggio 1223. Per i Celanesi inizia un nuovo dramma a causa del carattere indomito del Conte Tommaso, che li conduce allo scontro finale con le truppe imperiali e alla distruzione di Celano.

Successivamente Tommaso viene sconfitto e si arrende ottenendo salva la vita per sé ed i suoi cari. I Celanesi fuggono sui monti limitrofi ed il “Brogi” testimonia con un suo scritto emblematico, le sofferenze sofferte da essi prima dell’esilio a Malta:

E da qui un atroce pensiero mi assale. Guardo da anni relazioni, scritti di storici antichi e moderni. Trovo dei passaggi inediti. Vado a Malta e cerco lì le mie radici ma le ricerche mi riportano di nuovo qui, dove vivo.

Arrivo ad una conclusione drastica, drammatica: sembra che il popolo celanese non abbia radici solide qui a Celano, come se i nostri conterranei del 1223 non fossero mai tornati in patria.

Se è vero che il popolo diventa tale dal territorio che occupa, quasi a dire che l’ambiente plasma l’uomo, è anche vero che l’uomo contribuisce notevolmente alla modifica del territorio. Si può tranquillamente dire quindi, che un popolo, anche se non ha dei natali antichissimi, possa rispecchiare pienamente chi abitava quel territorio centinaia di anni prima. Quindi anche se i Celanesi non fossero mai tornati in patria, noi saremmo sempre quelli che per 975 anni occuparono quei luoghi, e sempre quelli che contribuirono alla conferma che il Popolo Marso fu un popolo fiero e indomito.

Nonostante mi sentissi parzialmente appagato, arrivo ad una svolta. Confrontando gli scritti dell’epoca di Riccardo di San Germano – non soltanto la prima  (Chronica prior) dalla quale i più hanno attinto, bensì la vera e propria opera di storiografia  (Chronica Maiora) – nel quale egli fa iniziare le vicende dalla morte del re Guglielmo II di Sicilia  (1189) e protraendole fino alla morte, quasi legittimando l’eredità al trono del cugino Federico II –  ed altri del Regno di Napoli, del Regno di Sicilia, dei Castelli del Meridione, del Contado del Molise, dei Conti dei Marsi e del Meridione d’Italia e molti altri, vedo una luce.

Ecco, siamo quello che più possa rappresentare il popolo Marso: l’unione di tutti i popoli del bacino lacustre (che furono chiamati ad occupare, ricostruire e popolare la mancanza dei cittadini esuli a Malta), ed una moltitudine di Celanesi fuggiti insieme al Conte Tommaso nello Stato Pontificio e rientrata quasi subito dall’esilio a ripopolare la terra natia.

Nel 1227 nessun Celanese potè rientrare in patria da Malta- In Sicilia non c’erano perché era stato solo un campo provvisorio per poterli in seguito stipare sulla nave che li trasportò a Malta.

Quindi, Riccardo di San Germano parla dei Celanesi d’esilio in Sicilia e non da Malta. Ma nella Sicilia, per i celanesi ci fu solo l’approdo per andare a Malta, come confermerà nella Chronica Majora. 

Qui, la conferma che i Celanesi andarono tutti a Malta per supplire alla scarsa popolazione di fede cristiana, in quanto la maggioranza delle famiglie erano di fede musulmana (come si vedrà poi da un rendiconto di Gilberto Abate del 1241).

Il documento è a Marsiglia, Archivi départementales des Bouches du Rhône, B 175, f. 14 verso – 15 recto ( 78.). E ‘stato pubblicato da E. Winkelmann nel 1880, [1] e successivamente ripubblicato, senza commenti, la prima volta da A. Mifsud [2] e di nuovo, con una serie di omissioni e di traduzione di tanto in tanto di insoddisfacente inglese, di C. Dessoulavy.

Per quanti non ne fossero convinti,  una contea ed un paese da riedificare non potevano essere gestiti senza abitanti. Furono quindi portati in quel luogo numerosi abitatori dai luoghi vicini per riedificarlo al Colle san Flaviano.

Rispettando il patto dell’Imperatore e sino alla morte di questi, il luogo si chiamò Cesarea per essere stati  “rei” verso “cesare”…

Per altri scettici, compreso il sottoscritto, Celano fu ripopolato da altre genti. Chiaro è che Tommaso fosse in esilio all’epoca e che Celano fosse tornata ad essere abitata. Ma i Celanesi erano a Malta… e allora?

Altra attestazione che in Sicilia ci passarono soltanto per andare a Malta.

Riccardo di San Germano non fu presso l’imperatore nel 1223 e neppure nell’anno seguente . E’ verosimile piuttosto che egli non si sia mosso da San Germano o per lo meno dal suo ufficio, in quanto vi tornava  spesso. Infatti, quando egli scrive nella sua cronaca: “a v stante die mense decembris, 1223, un certo Urbano giudice e notar Giovanni di Teano portarono in S. Germano l’ordine dell’imperatore di raccogliere trecento onze nelle terre del monastero, per sopperire alle spese di guerra contro i ribelli saraceni di Sicilia” si ha l’impressione quasi dell’immediatezza della nota cronistica del fatto, e lo conferma anche la nota seguente relativa alla raccolta dei superstiti della distrutta Celano, mandati nel maggio ’24 in Sicilia dall’ordine dell’imperatore. Egli la scrisse nel 1225, un tempo lontano dall’avvenimento. Infatti, si ha conferma della non presenza di Riccardo poiché soltanto nella seconda cronaca viene a sapere che i celanesi erano stati trasferiti dalla Sicilia a Malta.

Una provvisoria conclusione ce la dà la lettera di Marino Baccone del 1252, diretta a Papa Innocenzo IV, nella quale chiede di intervenire presso il padrone di Malta per le sofferenze sofferte dai Celanesi, in quanto anche suo padre Andrea Baccone morì nelle stesse carceri dopo anni di sofferenze poiché fedele alla Santa Romana Chiesa. Chiaro, la lettera di Marino era diretta al Papa per riottenere i terreni ed i beni appartenuti al padre morto in Malta: occorrerebbe sapere se Marino fosse stato anche lui a Malta e poi ritornato, oppure se fosse fuggito con gli altri nello Stato Pontificio insieme al Conte Tommaso e poi ritornato con lo stesso Conte appena l’Imperatore concesse il benestare. Insomma, occorrerebbero altri indizi, anche se personalmente, dopo il mio viaggio a Malta e dopo aver letto la relazione degli archeologi che hanno studiato la Cappella di Hal Millieri, sono giunto ad una conclusione ed è quella che i Celanesi di Malta non siano potuti più rientrare in patria. Primo, perchè Malta nel 1227 non era più nelle grazie dell’Imperatore Federico; secondo, perché nessun signore dell’isola avrebbe dato il nullaosta al rimpatrio investendo somme di denaro per una barca e viveri e togliendosi forza lavoro a costo zero; terzo, perché togliere una popolazione cristiana dall’isola di Malta avrebbe significato un notevole incremento di popolazione di fede musulmana, e un’ipotesi del genere non era certo gradita al Papa.

Infatti, Riccardo di San Germano scrive dettagliatamente: “ai Celanesi di Sicilia, fu permesso di tornare in patria”. Ma in Sicilia di Celanesi non ce n’erano perché erano tutti a Malta.

Lo so, è drammatico, spero di ricevere smentite documentate. Una cosa è certa: Celanesi erano coloro che ricostruirono Celano dopo il 1223 insieme ad altri marsicani, e Celanesi erano quelli rimasti a Malta. Ora sta a noi aggiungere un altro tassello alla “nostra” storia e portare a termine le ricerche, ma non a scopo di lucro dando una ipotetica quanto inaccettabile comunanza con Zejtun che nessun atto ufficiale o ufficioso possano confortarla.

A mio parere l’unico luogo possibile è il villaggio ormai distrutto di Hal Millieri e la sua  Cappella dell’Annunciazione che di seguito potete ammirarne.

Ecco il tassello mancante.

 

   

 

Redazione - Il Faro 24

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