Uno studio del CNA evidenzia come, a distanza di oltre un mese e mezzo dalla pubblicazione del “Decreto Liquidità”, solo tre aziende su dieci siano riuscite ad ottenere l’erogazione dei finanziamenti fino a 25/mila euro garantiti da fondi pubblici.
Il dato desta particolare preoccupazione in una Provincia come quella dell’Aquila, per la quale la ripartenza post covid rappresenta di fatto la terza ricostruzione nell’arco di un decennio, senza che le precedenti siano state mai ultimate.
Come CGIL e FISAC Provinciali avevano, ben prima della pandemia, posto con forza l’accento sulla difficoltà delle piccole e medie imprese ad accedere al credito, in modo particolare nelle aree più disagiate del nostro territorio, nella sostanziale indifferenza da parte delle Istituzioni locali. Tra le possibili soluzioni proposte, l’istituzione di fondi di garanzia al 100% in favore di micro e piccole imprese. Oggi scopriamo che neanche garanzie pari all’intero importo erogato sono sufficienti a consentire l’ottenimento di liquidità alle aziende.
Questo accade nonostante il forte impegno di tutti i lavoratori del settore che – è bene ricordarlo – non hanno mai interrotto il lavoro, continuando ad offrire quello che il Governo ha ritenuto un “servizio essenziale” per la collettività.
La causa dei ritardi è da ricercarsi in primis nella confusione generata dalla successione delle norme, visto che ancora oggi non è stata prodotta una versione definitiva delle regole che disciplinano i finanziamenti.
Le responsabilità maggiori sono però imputabili agli Istituti di credito, che pur in presenza di garanzie al 100%, hanno disposto istruttorie che variano a seconda delle Banche; sappiamo che qualche Istituto si è spinto fino ad impartire disposizioni che prevedono di non inoltrare pratiche che, in assenza della garanzia pubblica, sarebbero state declinate dalle filiali, tradendo totalmente lo spirito e le finalità del Decreto. Importante in tal senso è stato anche l’intervento dell’ABI, che ha bloccato l’iniziale tentativo delle Banche di utilizzare la garanzia pubblica per sostituire i crediti incagliati.
Gli interventi volti a favorire l’accesso al credito, contenuti nel D.L. 17 marzo 2020 n. 18 c.d. “Cura Italia” e nel D.L. 8 aprile 2020 n. 23 c.d. “Liquidità”, evidenziano alcune criticità e necessitano di alcuni approfondimenti al fine di renderne operative ed efficaci le norme contenute per il raggiungimento delle finalità prefissate.
Servono, innanzitutto, degli strumenti di controllo per evitare che un quantitativo così importante di denaro, garantito dallo Stato, venga distolto dall’unico obiettivo per cui è concesso, ovvero il rilancio del nostro Paese. Bisogna impedire che tali capitali non finiscano nelle mani sbagliate ed il pensiero va ovviamente alle mafie quali organizzazioni criminali non più limitate ad alcuni territori ma oramai radicate in tutto il paese.
Bene il principio giuridico secondo il quale i finanziamenti garantiti dallo Stato, coerentemente alla previsione dell’art 1, comma 2, lettera l del D.L. 23/2020, devono essere erogati alle imprese che condividono il progetto mediante accordi sindacali, sotteso ai due decreti adottati dal Governo, di rilancio del nostro Paese e che dunque s’impegnano, anche attraverso la presentazione di un piano industriale, a non licenziare ed a non delocalizzare. La conservazione dei livelli occupazionali è indicata anche nella Comunicazione della Commissione Europea del 3 aprile 2020 C (2020) 2215, quale presupposto necessario per interventi a sostegno delle imprese. Bisognerà rendere stringente tale previsione normativa, anche attraverso l’istruttoria delle banche, con la verifica della sottoscrizione degli accordi con le organizzazioni sindacali.
La durata massima del piano di rientro, inizialmente fissata a 72 mesi, riconduce tutte le fattispecie di cui al D.L. Liquidità a finanziamenti a breve termine. Si è voluto dunque garantire il fabbisogno finanziario necessario a sostenere la gestione operativa, nonché l’effettiva capacità di rimborso prospettica, anche al fine di evitare situazioni di tensione finanziaria tali da non consentire di tenere fede agli impegni di rimborso nei termini previsti. Ci attendiamo perciò, anche attraverso un proficuo dialogo con l’Europa, misure di accesso al credito per le imprese tali da sostenere, con le necessarie condizioni di salvaguardia occupazionale e salariale per impedire licenziamenti e delocalizzazione, piani di investimento a medio-lungo termine di cui il nostro Paese ed i nostri territori hanno più che mai urgenza.
All’emergenza sanitaria si è aggiunta l’emergenza occupazionale e salariale, l’emergenza climatica e non ultima l’emergenza digitale in quanto la trasformazione digitale del lavoro e dell’economia si rende oggi più che mai necessaria ed inevitabile, ma dovrà essere soggetta a tutela e garanzia dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici. Abbiamo dunque bisogno di un progetto che guardi ad un nuovo modello di sviluppo che da un lato rilanci le imprese presenti sul territorio nazionale e che dall’altro metta al centro il lavoro, la persona e la giustizia sociale.
A differenza di altri noi non chiediamo improbabili atti d’amore, limitandoci a pretendere che tutti facciano responsabilmente la loro parte: Politici, Istituzioni, Manager dei grandi Istituti creditizi e Titolari di imprese.
Il Segretario della CGIL della Provincia dell’Aquila
Francesco Marrelli
Il Segretario della FISAC CGIL della Provincia dell’Aquila
Luca Copersini