Confagricoltura L’Aquila si costituirà parte civile contro chi risulterà riconosciuto inquinatore del territorio e contro i conniventi che permettono tali pratiche che danneggiano l’immagine dell’agricoltura del Fucino e l’economia del territorio. “stiamo pagando un prezzo altissimo, soprattutto sul piano reputazionale, per colpe non nostre e per l’inerzia di molte amministrazioni che per quieto vivere scambiamo pochi posti di lavoro con iniziative impattanti sul lato ambientale” tuona Fabrizio Lobene Presidente di Confagricoltura L’Aquila “gli agricoltori subiscono imposizioni da parte di tutti: Unione Europea, Governo italiano e grande distribuzione organizzata, che ogni giorno inventano nuove procedure cui ci si deve attenere per produrre in modo sempre più sostenibile e poi i territori e gli ambienti subiscono aggressioni di ogni tipo che sottraggono terreni agricoli con la realizzazione di mega impianti fotovoltaici e di fabbriche ed opifici molto impattanti sull’ambiente”.
Confagricoltura sta elaborando una iniziativa legislativa che presenterà prossimamente al Consiglio Regionale per far riconoscere il Fucino e fuori Fucino zona franca da tutte le iniziative a carattere industriale, artigianale e di servizio che sottraggono terreni agricoli e abbiano un impatto significativo sull’ambiente sia esso aria o acqua. L’agricoltura del Fucino è un’attività produttiva intensiva, è il vero motore economico della marsica, ha ottenuto due marchi comunitari IGP che certificano la bontà delle carote e delle patate che, insieme all’infinita gamma di ortaggi, alimenta vasti mercati nazionali ed europei creando reddito per circa 15.000 addetti.
“Saremo inflessibili anche contro i leoni da tastiera che ogni giorno, sui social, diffamano gli agricoltori ed il nostro territorio con affermazioni false e tendenziose senza prove. Ora che pare si sia scoperto l’origine della puzza che ha ammorbato l’aria in questi giorni e della schiuma sulle acque del fiume Liri i chiacchieroni che hanno accostato questi fatti alle pratiche agricole dovrebbero pagare per le loro diffamazioni”. Conclude Lobene.