Dopo la condanna definitiva alla pena di quattro anni di reclusione per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose l’ex preside del Convitto de L’Aquila, Livio Bearzi, sono tanti i commenti e le reazioni all’epilogo di questa vicenda.
Per l’ex preside, in carcere per il crollo dell’edificio durante il sisma del 2009 nel quale persero la vita tre studenti e ne rimasero feriti altri due, l’ANP, Associazione Nazionale Presidi, ha inviato una lettere al Governo Renzi affinchè siano concessi gli arresti domiciliari.
“Non possiamo non evidenziare il paradosso per cui chi costruisce e dovrebbe mettere in sicurezza gli edifici scolastici di fatto non risponde di nulla, mentre chi li riceve e non può fare alcun tipo di intervento si vede alla fine attribuire ogni responsabilità”, ha osservato l’ANP.
E sulla sentenza della Corte di Cassazione, l’associazione ha chiarito: “Ci saranno certamente motivazioni giuridicamente ineccepibili per questa sentenza: ma solo chi vive ogni giorno, nell’esercizio del lavoro di dirigente, può capire cosa proviamo”.
Il nocciolo della questione è il D.Lgs. n. 81/2008, ossia il TU in materia di salute sicurezza nei luoghi di lavoro in base al quale Bearzi è stato ritenuto responsabile per quelle morti.
La normativa, applicabile a qualsiasi realtà lavorativa e ad ogni tipo di rischio, prevede l’obbligo, per il datore di lavoro, di predisporre e attuare tutte le misure necessarie a garantire la sicurezza dei luoghi di lavoro.
La ratio della legge è giusta in sé ma si scontra con la mancanza di fondi, necessari per effettuare i lavori di manutenzione degli edifici, come spesso accade per le scuole.
In sostanza le leggi si pubblicano e anche a dismisura, ma nulla si predispone per l’attuazione dei programmi in esse previsti.
Sul caso si è espressa anche la Senatrice PD, Laura Fasiolo, ha incontrato l’ex collega Bearzi in carcere e i presidi del Friuli Venezia Giulia in una successiva riunione.
“Il dirigente scolastico Bearzi”, ha scritto Laura Fasiolo in una nota, “è il primo preside a finire in carcere per gli effetti del TU 81 del 2008, che prevede la responsabilità penale del preside per la sicurezza scolastyica. All’epoca del terremoto non c’era la minima parte dell’investimento del Miur sulla sicurezza. Bearzi non ha fruito di queste opportunità”.
“Anche la normativa”, prosegue, “va ripensata: un dirigente non può essere la vittima di norme che lo caricano di responsabilità che vanno ben diversamente declinate. Per questo ho presentato un’interrogazione, sottoscritta anche dalla Senatrice Stefania Pezzopane, e presto un disegno di legge”.
Intanto, dopo la mobilitazione del mondo della scuola friulana, la giunta provinciale di Udine di Pietro Fontanini, ha sottoscritto all’unanimità la richiesta di grazia per Bearzi, indirizzata al Capo dello Stato.
Claudia D’Orefice