La Corte di Cassazione conferma la condanna per omicidio colposo e lesioni per l’ex preside del Convitto Nazionale, Livio Bearzi e per Vincenzo Mazzotta, all’epoca dirigente provinciale responsabile dell’edilizia scolastica.
Le motivazioni della sentenza poggiano sull’inerzia che Bearzi, in quanto preside, menifestò nei confronti della gravità dello sciame sismico, che da mesi affliggeva L’Aquila, e che la notte del crollo del Convitto Nazionale era particolarmente insistente.
Bearzi, secondo la Suprema Corte, in base al piano di sicurezza, avrebbe potuto disporre l’evacuazione dell’edificio in caso di necessità e, soprattutto, rispondere nell’immediato alle richieste dei giovani allievi, in particolare di quelli minori.
Per quanto riguarda Mazzotta, invece, nella sentenza si fa riferimento alla mancata valutazione di pericolosità, e dunque alla mancata adozione di un’ordinanza di inagibilità della struttura da parte di quest’ultimo, per il quale resta confermata la condanna a 2 anni e mezzo di reclusione.
Intanto per Bearzi, oltre alla condanna alla pena di anni 4 di reclusione, permane anche la pena accessoria dell’ interdizione dai pubblici uffici per 5 anni.
Claudia D’Orefice