Ennesimo campanello d’allarme per la nostra Regione. Questa volta è lo studioso Aldo Ronci. Lo studio, infatti, prende in considerazione il triennio 2014-2016. In questo triennio sono oltre 11 mila gli abruzzesi che hanno deciso di lasciare la nostra regione per cercare fortuna altrove, il triplo rispetto alla media nazionale. Un vero è proprio esodo. La situazione delle imprese è allarmante: nel corso di questo triennio, perse 2.425 imprese, il triplo rispetto alla media nazionale. “La politica economica di questo governo regionale è attenta solo alle esigenze delle poche grandi imprese” dichiara Sara Marcozzi “Sia chiaro, è importante essere vicini alle necessità dei grandi insediamenti industriali, ma va pianificata una seria azione a supporto delle piccole e medie imprese che soffrono, da oltre un decennio, gli effetti della crisi. Abbiamo più volte avanzato proposte alla maggioranza, tutte cadute nel vuoto. La nostra economia si regge sul lavoro delle piccole e medie imprese e non deve essere dimenticato che sono proprio le PMI le maggiori contribuenti del Paese, dal momento che molte grandi imprese dislocano le proprie sedi legali all’estero e non pagano le altissime tasse italiane. Unico dato positivo è quello dell’aumento del livello delle esportazioni che sono aumentate in valore assoluto, e ciò non può che farci piacere. Si evidenzia, però, che il vero traino delle esportazioni è il comparto dell’automotive. L’Abruzzo ha bisogno di valorizzare le virtuose realtà locali e metterle in condizioni di vincere le sfide sul mercato internazionale”. Dal quarto trimestre 2013 al quarto trimestre 2016 in Abruzzo sono andati persi 15.000 posti di lavoro. “Anche in tema di occupazione abbiamo avanzato proposte (inascoltate) per far ripartire il mercato del lavoro” commenta Marcozzi “è evidente che tutte le iniziative “spot” che questa giunta regionale ha intrapreso, attraverso l’impiego dei fondi europei, si sono rivelate mere azioni di propaganda, carenti di qualsivoglia visione e lontane anni luce dai principi della programmazione strutturale. Con queste premesse, il risultato non poteva che essere deludente, come è stato. La situazione di stagnazione, che da un decennio interessa la nostra regione, andrebbe combattuta con un’azione decisa e di grandi proporzioni. Ad esempio, una misura potrebbe essere rappresentata da un “patto con le imprese” finalizzato a diminuire le ore di lavoro pro-capite per aumentare il numero complessivo dei lavoratori, a salario invariato e senza perdite o costi aggiuntivi per le imprese che potrebbero essere sostenute attraverso incentivi strutturali sia statali che regionali. Il M5S ha realizzato “Lavoro2025“, uno studio presentato qualche mese fa alla Camera dei Deputati, che evidenzia come, nel prossimo futuro, complice l’implementazione delle macchine e dei robot nei processi lavorativi, il numero complessivo dei lavoratori tenderà a scendere vertiginosamente. L’unica soluzione praticabile è: lavorare meno, lavorare tutti. In questi anni è mancata una programmazione a livello centrale sulle politiche del lavoro e le iniziative “Obiettivo lavoro”, “Garanzia giovani”, “Garanzia Over”, oltre ad essere totalmente slegate l’una dall’altra si sono dimostrate un autentico flop. E i numeri ce lo confermano”. Ancora una denuncia del Movimento 5 Stelle.
( Cicchetti Ivan )