Le numerose comunità dell’Italia antica che vissero in Abruzzo affidarono alla statua che raffigura un principe di Capestrano un fortissimo valore simbolico come motivo di fierezza. Tali tribù, definite italiche, sono: Piceni, Vestini, Equi, Sanniti, Peligni, Frentani, Marsi e Marrucini. Gli scritti di Polibio, Strabone e Livio – storici che hanno studiato queste civiltà – ci raccontano che la forte competizione con la città di Roma li spinse ad allearsi all’inizio del I secolo a.C. per combattere contro di essa. Proprio in tale circostanza fu scelta come capitale Corfinio; questa fu la prima occasione in cui venne utilizzato il nome “Italia”.
Solo da pochi anni, però, gli archeologi hanno rivolto il loro interesse verso queste tribù italiche e, in particolare, oggetto di studio sono le necropoli conservate ancora oggi in ottimo stato, al contrario dei luoghi abitati dagli italici, che a causa della conquista dei romani hanno subito diverse modifiche. I numerosi sepolcri italici hanno dato luce ad una varietà di oggetti dall’altissimo valore storico, quali vasi, arnesi di guerra, ornamenti preziosi, veicoli da combattimento, letti funerari con decorazioni in osso e infine dischi corazza, elementi caratteristici dei guerrieri italici per difendersi dagli attacchi nemici.
Sono decine di migliaia le tombe della immensa necropoli di Campovalano, nel comune di Campli, che gli italici Pretuzi usavano tra il 900 e il 300 a.C.: alcune di esse sono oggi visitabili, invece gli oggetti rinvenuti si possono visionare nel Museo Archeologico di Campli e nel Museo Nazionale di Chieti.
Caratteristica è la scoperta avvenuta a Celano e risalente alla fine dell’età del bronzo: gli abitanti vivevano in palafitte e venivano seppelliti all’interno di cavità realizzate nei fusti d’albero. I resti di queste antiche civiltà insieme ad altri di epoca preistorica sono ospitati dal Museo delle Paludi di Celano, nel quale sono presenti, inoltre, anche resti antichi ritrovati in una necropoli a Fossa, in provincia dell’Aquila, risalente all’età del ferro, in cui furono trovate grosse pietre conficcate nel terreno, dette menhir, proprio accanto alle tombe, alcune delle quali composte da letti funerari con decorazioni in osso. Il Museo del Convento di San Giuliano, sito a l’Aquila, contiene la ricostruzione di una tomba
risalente all’età del ferro.
Siti di ritrovamenti italici sono anche Schiavi d’Abruzzo, sulle pendici di un monte verso valle del Trigno, e Comino, appartenente al comune di Guardiagrele: nel primo troviamo i resti di due edifici sacri delle tribù italiche del 300 avanti Cristo, di cui solo uno però si può visionare interamente dopo la sua ricostruzione; nel secondo, all’interno della necropoli, sono stati ritrovati pietre lavorate di forma circolare che ricordano il copricapo indossato dal guerriero di Capestrano nella scultura omonima. Alcuni di questi reperti sono oggi conservati all’interno del comune.
Un piccolo centro abruzzese, Alfedena, capitale della tribù italica sannita, conserva tracce storiche importanti di insediamenti umani per la presenza dell’acropoli di Monte Curino e della necropoli di Campo Consilino. Gli oggetti rinvenuti, invece, sono collocati in parte nel museo del comune, e in parte (tra cui i dischi-corazza) in quello di Chieti. Quest’ultimo ospita, inoltre, anche i resti ritrovati a Collelongo, il cui paesaggio boscoso conserva la necropoli di Amplero e un tempio di piccole dimensioni.
Nel piccolo comune di Opi si trova l’antica necropoli di Val Fondillo e a Pescasseroli, all’interno del Museo del parco nazionale d’Abruzzo, è conservata la ricostruzione di una delle sue tombe; Civita d’Antinoconserva i resti delle mura di cinta di 400 anni avanti Cristo. Ma l’elenco di siti archeologici in Abruzzo che ci tramandano molte testimonianze circa la presenza italica è ancora lungo: Loreto Aprutinoconserva i resti ritrovati nel luogo di culto di Poggio-Ragone e nelle necropoli di Colle Carpini e Paterno.
Tracce di cinte murarie di tribù italiche si ritrovano anche a Colle del vento di Piano Vomano, che sorge alle pendici dei monti della Laga, e che assomigliano molto a quelle
imponenti, dette infatti “megalitiche” di Monte Pallano, il monte che domina i comuni di Bomba e Tornareccio.
Luco dei Marsi e Montorio al Vomano, invece, offrono al visitatore la possibilità di ammirare ciò che rimane di antichi templi dedicati rispettivamente alla dea Angizia e ad Ercole. Infine gli italici Carecini erano soliti dedicarsi alle loro pratiche religiose a Palombaro, all’interno della grande Grotta Sant’Angelo, poi divenuta nel medioevo luogo
isolato di preghiera.
“i nostri avi, la nostra storia, la nostra cultura. Il sapere è l’emblema della vita giornaliera, sapere per essere, essere sapendo.” (Cicchetti Ivan)
( a cura di Cicchetti Ivan)