Nella Prosapia Burgundiorumsiamo veniamo rimandati immediatamente alla famiglia di Arazzo e di Bernardo venuti in Italia con Ugo di Provenza nella prima meta del X secolo. Azzo era comes di Burgundie e Berardo suo nipote primo comes Marsorum. I due rami della famiglia dopo qualche tempo si insediarono in due aree diverse, uno, Odorisio II in Tagliacozzo cercando di creare una diocesi autonoma nel carsolano e l’altro Berardo II tra Alba, Celano e Trasacco. Questo tentativo di scissione terminò con l’intervento di Papa Vittore II e poi con il successore Stefano IX che scrisse una lettera a Pandolfo figlio di Berardo II ripristinando l’unità della diocesi dei Marsi a Celano “diocesim unam uni episcopo decretam”.
Celano perché ? Perché checchè se ne dica, e molti storici non lo affermano, il Vescovo Pandolfo risiedeva in Celano ed è lui ad edificare la chiesa di San Giovanni ad Caput Aquae. Proprio a Pandolfo la tradizione attribuisce la traslazione delle ossa dei Santi Marteri nel 1059, come si legge su una lastra marmorea “Hic requiescunt/ corpora sanctorum martyrum Simplic/cii, Costantii et Victoriani (CRUX) recondita tempore/ domini Pandulphi/ episcopi”.
L’intento di Pandolfo fu quello di costituire il più grande centro di aggregazione della Marsica. Sicuramente la Chiesa della Madonna delle Grazie fu costruita sopra un antico romitorio nei pressi della fons aurea con annesso cimitero, dove verosimilmente furono ritrovate le ossa custodite ora attibuite ai Santi Marteri Celanesi.
Stare ad indagare se le ossa fossero appartenute effettivamente a tre martiri non è lo scopo del mio scrivere, la tradizione è quella che comprova una fede per così dire smisurata e stilisticamente cucita addosso ad ogni Celanese. Dietro quelle reliquie si sono mosse nei secoli emozioni, sensazioni, devozioni che spesso non hanno nulla a che fare con il cristianesimo, ma che il cristianesimo stesso a volte ha enfatizzato a volte fino all’esasperazione.
Un dossier, oltre ad un manoscritto di Passio, il più antico esistente conservato a Celano ed ora “SCOMPARSO”, descriveva i quesiti posti ad un gruppo di testimoni per accertare la veridicità dei miracoli.
La chiesa della Madonna delle Grazize sarà ricordata anche nella bolla papale di Pasquale II. Presso di essa fu custodito per secoli l’Exultet di Celano.
In essa si ammalò San Berardo ed i canonici “sperarono” nella sua morte sul posto per avere un ulteriore santo da venerare “ut corporis eius honore fruerentur Celanenses saltem in morte”. I chierici Celanesi accampavano sempre diritti e pretese autonomistiche rispetto alla Curia in generale. Addirittura fino alla prima metà del Cinquecento vanta l’autonomia Vescovile nella Marsica con un Prevosto insignito di Mitra e Bacolo.
In San Giovanni Battista costruita dopo la distruzione da parte di federico II vengono traslate le ossa dei Santi Martiri con l’erezione di un nuovo altare nel 10 Giugno 1406, in cui cadeva quell’anno la festa del Corpus Domini. Tale evento venne ricordato con un carme epigrafico in 32 esametri. Nel Carme e proprio Simplicio che parla ed illustra la situazione topografica della sepoltura le vicende del martirio e le circostanze della traslazione.
e così la passio :
Supero la storia del loro martirio secondo la tradizione allegando questo link : http://www.comune.celano.aq.it/articoli/230/s-s-martiri.html
Concludo dicendo che l’amore per i loro Santi ha superato quello che per i Celanesi era il terreno più ostico, cioè il radicatissimo spirito di indipendenza dal potere ecclesiastico. Essi furono premiati nel 1630 con l’iscrizione dei Santi Martiri nel Martiroloquio Romano. Da questa data il culto dei Santi Martiri è stato racchiuso dentro i confini Territoriali di Celano, e i Celanesi non sono stati mai sfiorati da problemi di autenticità e di veridicità dei LORO Santi, e ne sono gelosissimi con rituali che superano ogni possibilità di immaginazione.
I Santi Martiri al di là della questione religiosa, sono sentiti da noi stessi come Parenti, Fratelli, Compaesani con i quali “trattare”, con una confidenza ed una familiarità da spingerci fino agli insulti più rabbiosi. Questo è un “privilegio” esclusivo del popolo Celanese non condivisibile con i forestieri. Guai a chi li bestemmia, mentre per noi l’imprecazione che porta il loro nome è ritenuta come una “licenza” poetica.
Giancarlo Sociali
Fonte: https://giancarlosociali.wordpress.com/