Da quell’incidente vicino Rieti gravi conseguenze per la squadra di calcio dell’Aquila, allora in serie B
di Goffredo Palmerini.
L’AQUILA – Il 3 ottobre ricorrono 80 anni dal disastro ferroviario di Contigliano, paese a una decina di chilometri da Rieti. Diversamente dalla retorica del regime fascista, per la quale i treni erano sempre in orario e le ferrovie funzionavano alla perfezione, in quella disgraziata mattina di sabato 3 ottobre 1936, alle 9:44, la “littorina” proveniente dalla stazione di Aquila e diretta a Terni si scontrò frontalmente, sull’unico binario di marcia, col treno postale proveniente dal capoluogo umbro. Una tragedia. Almeno 15 i morti e quasi tutti i passeggeri della littorina, una settantina, gravemente feriti. Un medico aquilano, Mario Capezzali, fermo al passaggio a livello con la sua Balilla, fu testimone dell’incidente e tra i primi a portare soccorso.
Fu l’ultima stagione in cui all’Aquila si vide il vero calcio. La squadra si classificò al 9° posto”.
Negli anni bellici, dal 1940 al ’45, i campionati vennero sospesi. Marino Bon, tornato in piena efficienza fisica dopo il disastroso incidente di Contigliano, continuò a giocare insieme a Rossini, Mancini, Brindisi, Izzo, Seccia, Iovinelli, Mariani, Scarlattei ed altri, disputando in quegli anni partite contro formazioni militari, tedesche e poi inglesi. In quegli stessi anni si mise in luce il mediano Italo Acconcia, proveniente dalle file dell’Oratoriana, che poi avrebbe avuto una bella carriera da calciatore con squadre come Fiorentina, Roma, Udinese, Genoa, Catanzaro, Salernitana, Modena, ed altre, nei campionati di serie A e B, ed una brillante carriera di tecnico anche delle Nazionali minori.
Tornando a Marino Bon, riprese l’attività agonistica con la formazione rossoblù nel campionato di serie C del 1946-47, giocando fino a ridosso degli anni Cinquanta quando, dismessa l’attività agonistica, iniziò una nuova vita come formatore sportivo, nel calcio e sopra tutto nel tennis. Da allora intere generazioni di aquilani sono passate sotto la sua rigorosa guida nella formazione atletica e sportiva, ma anche morale. Il suo carattere forte, in apparenza talvolta spigoloso, era invece ricco di grande sensibilità e umanità. Il suo grande carisma.
Molti calciatori hanno ricevuto da Bon i fondamentali tecnici della disciplina e le sottigliezze del gioco d’attacco, nel quale era stato maestro sui campi di gioco. E ancora, tutto il mondo del tennis aquilano è cresciuto tecnicamente sotto la sua scuola. Un impegno tecnico e formativo, sotto tutti gli aspetti, che Marino Bon (Trieste, 14 novembre 1910 – L’Aquila, 11 ottobre 1997) ha praticamente svolto fino all’età di 85 anni, un paio d’anni prima della sua dipartita, insegnando ai ragazzi lo sport e i valori di lealtà, onestà e coraggio, che rendono la vita più degna d’esser vissuta. Tutta la città lo ricorda con affetto ed ammirazione, salvo l’ultima generazione che non ha avuto la fortuna di conoscerlo. Un valore sportivo e umano, il suo, trasmesso ai figli Rossana e Antonio (Totò), che nel tennis si sono espressi brillantemente, con rilevanza nazionale, e nella loro vita professionale di docenti.
Foto:
1-Il disastro ferroviario di Contigliano (Rieti), il 3 ottobre 1936.
2-La squadra aquilana dopo la finale di Genova, 3-1 contro l’Andrea Doria, che la promosse in serie B (1934)
3-A.S. Aquila, nel 1933