IL GRANDE DINOSAURO ABRUZZESE

Le impronte ritrovate a Monte Cagno, in provincia dell’Aquila, lo scorso anno sarebbero le tracce del più grande dinosauro teropode mai scoperto sul territorio italiano. Le impronte, di cui la più significativa misura 135 centimetri di lunghezza, sarebbero appartenute a un dinosauro bipede carnivoro “accucciato” risalente all’Aptiano, fra 125 e 113 milioni di anni fa (Cretacico inferiore). A sostenerlo è un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, coadiuvati, nell’analisi delle impronte, dagli icnologi dell’Università La Sapienza di Roma. Lo studio è stato pubblicato su Cretaceous Research. “Doveva essere un dinosauro carnivoro di grandi dimensioni, con una lunghezza stimabile al massimo tra i 7 e i 9 metri, che viveva in una piattaforma carbonatica caratterizzata da un ambiente molto simile a quello delle Bahamas attuali”, spiega Marco Romano, paleontologo del Museum für Naturkunde di Berlino. “Un tempo si pensava che le piattaforme carbonatiche fossero isolate le une dalle altre e separate dalle masse continentali da profondi bacini. Ma il ritrovamento ulteriore di impronte di dinosauri (vertebrati non adatti al nuoto su lunghe distanze) fa pensare che nel corso del Cretacico si siano create ripetute connessioni tra  queste piattaforme in quella che oggi è l’area mediterranea e Gondwana”, il supercontinente che all’epoca riuniva Africa, Sud America, Antartide, India e Australia. “Le tracce di dinosauro teropode ‘accucciato’ sono abbastanza comuni in diversi siti nel mondo, anche nel nostro Paese”, continua Romano: “ad esempio in provincia di Foggia (Mattinata, Sannicandro e Borgo Celano) e nel sito di Sezze (Latina). A Monte Cagno gli studiosi hanno rinvenuto altre impronte, ma la conservazione non ottimale non ha permesso loro di capire se fossero riconducibili allo stesso teropode o, invece, ad altri individui. A scoprire le impronte, già nell’estate del 2006, fu Fabio Speranza dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, ma soltanto nel 2015, grazie all’utilizzo della tecnologia, è stato possibile proseguire le ricerche.Le impronte sono state ritrovate a 1.900 metri di quota: solo l’uso del drone  ha permesso di scattare fotografie in luoghi così inaccessibili e poi di sfruttare la tecnica della fotogrammetria digitale per la costruzione di un modello in 3D consultabile da tutti.

 

 

( Cicchetti Ivan )

 

 

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Redazione - Il Faro 24

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