All’età di 82 anni, l’1 Giugno del 1970 a Milano moriva il poeta Giuseppe Ungaretti. Giuseppe Ungaretti nacque ad Alessandria d’Egitto, nel quartiere periferico Moharrem Bey.
da genitori italiani originari della provincia di Lucca. Il padre, Antonio Ungaretti (1842–1890), era un operaio, impiegato allo scavo del Canale di Suez, che morì due anni dopo la nascita del futuro poeta a causa di un’idropisia, malattia contratta negli anni di estenuante lavoro. La madre, Maria Lunardini (1850–1926), mandò avanti la gestione di un forno di proprietà, con il quale riuscì a garantire gli studi al figlio, che si poté così iscrivere presso una delle più prestigiose scuole di Alessandria d’Egitto, la svizzera École Suisse Jacot. Alla figura materna dedicherà la poesia La madre, scritta nel 1930, a quattro anni dalla morte della donna.
L’amore per la poesia sorse in lui durante questo periodo scolastico, intensificandosi grazie alle amicizie che egli strinse nella città egiziana, così ricca di antiche tradizioni come di nuovi stimoli, derivanti dalla presenza di persone provenienti da tanti paesi del mondo; Ungaretti stesso ebbe una balia originaria del Sudan, una domestica croata ed una badante argentina.
In questi anni, attraverso la rivista Mercure de France, il giovane si avvicinò alla letteratura francese e, grazie all’abbonamento a La Voce, anche a quella italiana. Inizia così a leggere, tra gli altri, le opere di Arthur Rimbaud, Stéphane Mallarmé, Giacomo Leopardi, Friedrich Nietzsche e Charles Baudelaire, quest’ultimo grazie all’amico Moammed Sceab.
Ebbe anche uno scambio epistolare con Giuseppe Prezzolini. Nel 1906 conobbe Enrico Pea, da poco tempo emigrato in Egitto, con il quale condivise l’esperienza della “Baracca Rossa”, un deposito di marmi e legname dipinto di rosso, sede d’incontri per socialisti ed anarchici.
Iniziò a lavorare come corrispondente commerciale, attività che svolse per qualche tempo, ma realizzò alcuni investimenti sbagliati; si trasferì poi a Parigi per intraprendere gli studi universitari.
Nel 1912, dopo un breve periodo trascorso al Cairo, lasciò dunque l’Egitto e si recò in Francia. Nel tragitto vide per la prima volta l’Italia ed il suo paesaggio montano. A Parigi, frequentò per due anni le lezioni tenute dal filosofo Henri Bergson, dal filologo Joseph Bédier e da Fortunat Strowski, presso la Sorbona ed il Collège de France.
Entrato in contatto con un ambiente artistico internazionale, conobbe Guillaume Apollinaire, con il quale strinse una solida amicizia, Giovanni Papini, Ardengo Soffici, Aldo Palazzeschi, Pablo Picasso, Giorgio de Chirico, Amedeo Modigliani e Georges Braque. Invitato da Papini, Soffici e Palazzeschi, iniziò ben presto a collaborare alla rivista Lacerba. In Francia, Ungaretti filtrò le precedenti esperienze, perfezionando le conoscenze letterarie e lo stile poetico. Dopo qualche pubblicazione su Lacerba (16 componimenti), avvenute grazie al sostegno di Papini, Soffici e Palazzeschi, decise di partire volontario per la Grande Guerra.Nel 1942 Ungaretti ritornò in Italia, dove venne nominato Accademico d’Italia e, “per chiara fama”, professore di letteratura moderna e contemporanea presso l’Università “La Sapienza” di Roma. Nonostante i suoi meriti letterari e accademici, il poeta sarebbe stato vittima dell’epurazione seguìta alla caduta del regime fascista: esattamente dal luglio del 1944, anno in cui il Ministro dell’Istruzione Guido de Ruggero firmò il decreto di sospensione di Ungaretti dall’insegnamento, fino al febbraio 1947, quando il nuovo Ministro dell’Istruzione Guido Gonella reintegrò definitivamente il poeta come docente.Nei suoi ultimi anni, Giuseppe Ungaretti intrecciò una relazione sentimentale con l’italo-brasiliana Bruna Bianco (più giovane di lui di cinquantadue anni), conosciuta casualmente in un hotel di San Paolo, dove si trovava per una conferenza. L’Allegria è un momento chiave della storia della letteratura italiana: Ungaretti rielabora in modo molto originale il messaggio formale dei simbolisti (in particolare dei versi spezzati e senza punteggiatura dei Calligrammes di Guillaume Apollinaire), coniugandolo con l’esperienza atroce del male e della morte nella guerra.