LA GROTTA DI VACCAMORTA – LA PIU’ LUNGA D’ABRUZZO

La Grotta di Vaccamorta è una risorgenza situata nel comune di Tornimparte nel complesso carsico Monte Cava – Monte San Rocco, nell’area protetta di riferimento “Bosco di Cerasolo – Monte Puzzillo” (SIC IT7110062). Situata a quota 1245 metri sul livello del mare presenta uno sviluppo planimetrico di circa 1090 metri ed un dislivello in salita di +89. Venne alla luce casualmente nel 1966 durante dei lavori di captazione di sorgente, commissionati dal comune di Tornimparte, al fine di creare un acquedotto locale (mai realizzato). Il primo breve tratto di grotta venne percorso da alcune persone del posto che contattarono il GSA – Gruppo Speleologico Aquilano – che l’esplorò (sempre nel 1966) fino alla strettoia. L’attuale rilievo è stato redatto dallo Speleo Club Roma, mentre il rilievo 3D riportato in questa pagina è stato realizzato da Ilaria Vaccarelli.

L’ingresso è un basso passaggio nascosto tra la vegetazione del Vallone del Puzzillo, ed è reso più o meno difficoltoso dalla portata dell’acqua, in quanto si tratta di una risorgenza attiva tutto l’anno ad eccezione del periodo estivo, quando lo scorrimento è nullo. Nei periodi molto piovosi il livello dell’acqua al passaggio d’ingresso può salire addirittura fino a renderlo impraticabile. La strettoia iniziale piega prima a sinistra e poi a destra intercettando un altro meandro, che prosegue per una ventina di metri, passando prima sotto un ponte di roccia per poi salire con un facile saltino. Il soffitto, inizialmente basso, si alza fino a raggiungere una decina di metri di altezza. Una biforcazione percorre a sinistra un breve tratto di meandro attivo, lasciando intravedere, poco in alto, una prima galleria fossile.

La grotta prosegue assumendo dimensioni sempre più ampie, larghe dai 5 ai 7 metri, ed alte una quindicina. Su dei massi crollati vi sono numerose stalagmiti, mentre sulle pareti affiorano strati argillosi rossastri e nerastri. In queste prossimità si sviluppa sulla sinistra un ramo ascendente percorribile per una dozzina di metri ma che chiude, mentre la galleria principale continua fino a cambiare nuovamente morfologia e divenendo un meandro con acqua rivestito da scallops, lungo circa una settantina di metri, con una larghezza variabile da 0,5 m a 1,5 m ed un’altezza dai 2 ai 4.

A circa metà tratto una risalita accede ad un ramo superiore che si ricollega alla galleria principale. Proseguendo si incontrano due passaggi a strettoia, uno basso più stretto e bagnato e uno alto poco più comodo, allargato artificialmente, che immette in una saletta riccamente concrezionata.

Oltre di essa, percorsi circa sessanta metri di meandro attivo la grotta cambia nuovamente morfologia divenendo un’alta galleria concrezionata lunga circa 160 metri, con due piccoli salti, uno di 3 m dove è stata lasciata una corda per agevolarne il passaggio (soprattutto in caso di forte scorrimento di acqua), ed uno di un 1,5. Proseguendo oltre, la galleria principale si sdoppia: in alto vi è una condotta naturale riccamente concrezionata e in basso un ampio laminatoio, alto un’ottantina di centimetri e largo 7 metri. Entrambi i passaggi riconducono alla Sala del Lago, dalle dimensioni maestose (alto oltre 20 m, largo 10 e lungo 30) dove è visibile nella parte superiore un’ulteriore galleria non rilevata che si sviluppa in senso opposto. La Sala è interamente occupata dal Lago, sulle pareti è visibile la soglia di tracimazione che stabilisce la profondità massima di due metri, che può scendere anche a meno di uno nel periodo di forte siccità. Dalla Sala del Lago, tramite un portale largo un paio di metri, si entra in una galleria che a sua volta accede, successivamente, in una forra molto alta e stretta, lunga un centinaio di metri, ad andamento quasi serpeggiante. Sul soffitto si aprono diramazioni e grandi saloni di crollo, mentre la parte finale termina con un cunicolo impraticabile da cui fuoriesce acqua.

La grotta presenta un alto livello di radioattività, e proprio per questo motivo è poco frequentata. Il Laboratorio di Geologia Ambientale e Radioprotezione dell’Università dell’Aquila ha intrapreso uno studio per capirne le cause e monitorarne i livelli di pericolosità.

 

Fonte: ggfaq.it, articolo di Sara Chiaranzelli

 

(Cicchetti Ivan)

 

Redazione - Il Faro 24

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