Inizia con una prestigiosa onorificenza l’anno 2018 di Daniel Ciofani, centroavanti del Frosinone.
La sua maglia, insieme a quella del centrocampista juventino Miralem Pjanic, è stata donata dal presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani al Museo del Calcio Internazionale di Roma, durante una sua recente visita.
Due grandi esempi per i giovani – ha asserito Tajani – Ciofani è uno dei pochi giocatori laureati e Pjanic parla sei lingue. Al Calcio servono esempi così: un modello per le nuove generazioni deve essere chi si impegna, non chi bestemmia.
E Daniel Ciofani, insieme al fratello Matteo, sono davvero due esempi da seguire. Due ragazzi che hanno lavorato con dedizione e spirito di abnegazione sin da giovanissimi, affrontando con impegno qualsiasi difficoltà, qualsiasi ostacolo, qualsiasi rinuncia, pur di ottenere i grandi risultati di oggi. A conferma che i sacrifici vengono sempre e comunque ripagati.
Un’avventura incredibile iniziata negli anni ’90 nel giardino di casa a Cerchio (AQ). Una porta da calcio messa per gioco da papà Tonino e che, da quel giorno, ha scandito ogni minuto dell’esistenza di questi due straordinari fratelli.
Il pallone era nel loro destino. Indossare la stessa maglia, per la stessa squadra una fatalità.
Il maggiore dei fratelli, Daniel, a soli quattordici anni compie il primo e difficile passo nel mondo calcio e qualche anno dopo Matteo è già al suo fianco. Uniti nelle lunghe trafile, insieme nei provini estenuanti, corpo a corpo nei duri allenamenti calcistici. Gli anni di sacrifici, di studio, la lontananza da casa, dalla famiglia, dagli amici, hanno fatto il resto. Sacrifici che hanno forgiato giorno dopo giorno due grandi campioni, due forze della Natura: gli unici fratelli italiani a giocare nella stessa squadra, gli unici a regalarci emozioni doppie, una dopo l’altra.
Dicono che i vicini di casa siano sempre spietati nei giudizi e allora voglio parlarvi da vicina di casa e non da giornalista. Daniel e Matteo sono davvero due ragazzi speciali, unici: i figli che tutte le mamme vorrebbero e dovrebbero avere. Un esempio di rara bellezza d’animo e di grande educazione. E hanno lavorato tanto, a volte anche troppo, per essere lì, dove stanno. Le loro assenze sofferte nel periodo in cui crescevano e si affacciavano curiosi sgambettando sul mondo, sono tutte stampate negli occhi e nel cuore di mamma Emilia.
E hanno regalato un sogno alla nostra terra: non dimenticheremo mai il giorno in cui ci hanno fatto sentire un paese di serie A.
A proposito: Daniel si pronuncia con l’accento sulla e.
di Alina Di Mattia