Come rilevato anche da “ Imparare dagli errori”, la rubrica che PuntoSicuro dedica al racconto e all’analisi degli infortuni, sono molti gli infortuni, piccoli e grandi, che ogni anno avvengono negli ambiti lavorativi in cui si utilizzano coltelli o altre attrezzature e strumenti di lavoro che espongono i lavoratori al rischio di lesioni da taglio e da punta.
Ed infatti le attività lavorative nelle quali si fa uso di coltelli sono molte e variegate, ad esempio: “mattatoi; lavorazione di carne e pollame; lavorazione di pesce e molluschi; ristorazione (disossamento carne, selvaggina, pollame, pesce); settore cartario; settore tessile; settore del pellame; settore delle materie plastiche; edilizia (es.: posa di pavimentazioni)”. E le l’utilizzo del coltello può provocare lesioni che possono essere:
– leggere: “totalmente reversibili senza interruzione apprezzabile dell’attività lavorativa;
– moderate: reversibili, ma con interruzione dell’attività lavorativa inferiore a tre giorni;
– gravi: reversibili o irreversibili e con interruzione dell’attività lavorativa maggiore di tre giorni;
– fatali: con perdita della vita”.
A parlare in questi termini del rischio di lesioni e di taglio con riferimento alla possibile protezione offerta ai lavoratori, al di là di altre tipologie di DPI, dagli indumenti protettivi è il documento “ ImpresaSicura_DPI”, un documento correlato al progetto multimediale Impresa Sicura – elaborato da EBER, EBAM, Regione Marche, Regione Emilia-Romagna e Inail – che è stato validato dalla Commissione Consultiva Permanente per la salute e la sicurezza come buona prassi nella seduta del 27 novembre 2013.
Il documento segnala che le principali tipologie di rischio connesse all’uso dei coltelli sono due: – “la prima è legata al profilo del coltello”, alle sue caratteristiche ed affilatura. Ad esempio con riferimento alle tre tipologie di coltello in funzione della larghezza della lama – coltello ultra-stretto, coltello stretto, coltello largo – si indica che “la lama del coltello ultra-stretto è molto sottile: ciò la rende molto pericolosa poiché in grado di penetrare in profondità anche attraverso la maggior parte dei grembiuli”; – “l’altra è in relazione a fattori esterni”.
Questi alcuni possibili fattori esterni:
– “i movimenti che devono essere effettuati durante l’ operazione di taglio;
– la posizione del pezzo in lavorazione;
– la dimensione e la consistenza del pezzo in lavorazione;
– la forza da esercitare con il coltello;
– l’illuminazione in relazione alle piccole, medie e grandi pezzature;
– il microclima (temperatura, umidità, velocità e ricambio dell’aria) e il livello sonoro;
– la postazione di lavoro (superficie del banco, interferenze, presenza di coltelliere, superficie e pendenza della pavimentazione, ecc);
– esperienza dell’operatore addetto all’uso dei coltelli;
– informazione, formazione e addestramento del personale”.
Riguardo alla scelta di DPI idonei si deve far riferimento a DPI, “quali grembiuli di protezione, pantaloni e giubbetti:
– con livello di prestazione 1” nelle “attività lavorative leggere, laddove non occorrono movimenti energici di taglio verso il corpo;
– con livello di prestazione 2 dove si utilizzano coltelli a lama stretta per azioni di taglio in cui la punta del coltello non è diretta verso il corpo, come, ad esempio, nei mattatoi e nelle operazioni di disossamento e nelle industrie di lavorazione”. I DPI con livello di prestazione 2 sono altresì indicati “quando si utilizzano coltelli a lama larga in azioni in cui la punta del coltello potrebbe essere diretta verso il corpo”.
Si indica poi che i protettori del corpo per gli utilizzatori di coltelli devono essere:
– innocui: “in particolare devono essere privi di componenti duri o appuntiti e di superfici ruvide che possano causare abrasioni, contusioni, irritazioni, punture o tagli a un utilizzatore che venga a contatto con essi”;
– ergonomici”.
Inoltre si segnala che il materiale degli indumenti di protezione contro la puntura o il taglio dei coltelli è “progettato per resistere alla penetrazione dei coltelli a mano. Generalmente è una maglia di catena metallica, ma possono essere anche piastre, sempre metalliche, collegate tra loro. Il materiale può essere anche diverso, ma la funzione rimane la stessa”.
E gli indumenti protettivi assicurano la:
– protezione del busto e della coscia;
– protezione degli arti superiori e delle mani (2a Categoria)”.
Si segnala poi che i grembiuli e i corpetti che proteggono il busto sono DPI di 3a Categoria e si individuano le seguenti tipologie:
– grembiule semplice: “copre la parte anteriore del corpo, dal torace alle gambe. Le bretelle sono regolabili in altezza, non ci sono estremità libere non fissate e i mezzi di regolazione sono inamovibili. Nel caso di grembiuli con livello di prestazione 2 le bretelle devono essere sufficientemente larghe e regolabili al fine di rendere meno pesante il grembiule;
– grembiule diviso: la superficie di protezione è divisa verticalmente nella regione della coscia e limitata a ciascuna è appropriato in caso di movimenti frequenti con piegamento del busto o dei piedi e delle gambe;
– pantaloni di protezione: capo di abbigliamento indossato sotto la cintura e provvisto di due gambali separati; è appropriato per lavoratori che indossano ginocchiere (es: posa dei pavimenti);
– giubbetto di protezione: capo di abbigliamento indossato sul busto che copre il torace almeno fino alla cintura, le spalle e in parte la zona alta delle braccia; è appropriato per lavoratori che utilizzano coltelli lavorando a livello della parte superiore del torace e più in alto”.
Dopo aver ricordato, che la norma classifica due livelli di prestazione, vengono riportate alcune informazioni sulle taglie, che sono “in relazione alla statura, alla circonferenza del torace e al giro vita dell’operatore che deve indossarlo. Si deve tener conto che questi DPI sono indossati sopra altri capi di abbigliamento”.
In particolare:
– grembiule: “il grembiule deve coprire la parte anteriore del corpo da metà dello sterno fino a metà coscia. Un grembiule più alto deve essere indossato in caso utilizzo del coltello ad altezza superiore, a protezione del cuore e delle principali arterie”. Una tabella nel documento riporta le dimensioni minime della zona di protezione dei grembiuli con livello di prestazione 1 e 2;
– pantaloni di protezione: “la zona di protezione deve avere un’ampiezza maggiore del 50% della circonferenza di quella parte del corpo da proteggere come da progetto. La dimensione verticale della zona di protezione misurata dalla vita in giù dal giro vita verso il ginocchio deve essere maggiore del 30% dell’altezza dell’addetto di dimensioni maggiori”;
– giubbetto di protezione: “questo indumento presenta una continuità di protezione, che inizia al di sotto del giro vita e continua nella parte anteriore del torace, le parti superiore e posteriore delle spalle fino alla metà superiore dell’avambraccio. L’area protettiva: ha una larghezza maggiore del 45% dell’area del corpo sotto l’apertura delle braccia; è compresa tra la parte posteriore della spalla fino al livello più basso dell’apertura per le braccia; per il passaggio del collo ha una circonferenza d’ingresso minore del 55% della circonferenza del torace; ha la lunghezza dell’area frontale della spalla maggiore del 35% dell’altezza dell’addetto; tra il bordo più basso della manica e il punto centrale posteriore del collo, misurata lungo la linea del gomito, la distanza deve essere maggiore del 42% della circonferenza del torace”.
Concludiamo invitando, infine, alla lettura integrale del documento che riporta ulteriori informazioni sulla marcatura e sulle istruzioni che deve fornire il fabbricante per tutti gli indumenti di protezione e i DPI che proteggono da taglio e puntura dei coltelli a mano.
FONTE PUNTOSICURO.IT