“Il sindaco di Roma, Virginia Raggi, ha dichiarato che se fosse obbligatorio il “Fascicolo del fabbricato”, drammatici eventi come quello del crollo della palazzina nei pressi di Ponte Milvio, nella Capitale, potrebbero essere evitati – lo scrive in una nota Massimo Cialente Sindaco de L’Aquila – Il Comune dell’Aquila ha già affrontato concretamente questa problematica e all’inizio di settembre la Giunta ha approvato l’atto di indirizzo per l’istituzione di tale Fascicolo – tanto per gli edifici pubblici quanto per quelli privati -, cui sta già lavorando il servizio Patrimonio. Ma non ci siamo fermati qui. Stiamo conducendo, come Comune dell’Aquila, una grande battaglia affinché il “Fascicolo del fabbricato” venga istituito formalmente con legge nazionale. Una battaglia di civiltà ed anche etica, che non interessa solo le zone sismiche, o ad alto rischio idrogeologico ( dalle quali pure bisogna partite), ma l’intero Paese. E, ribadisco, il Fascicolo del fabbricato” deve valere sia per gli edifici pubblici che privati. Non è la prima volta che a Roma, come in altre città, vengono giù delle case. Ma possiamo andare avanti così? Noi viviamo nei nostri appartamenti, nella “tana” dove ci raccogliamo con le nostre famiglie. E delle nostre case non sappiamo nulla. Andiamo al lavoro in stabili di cui non sappiamo nulla. Adesso basta. Questo Paese deve divenire il più sicuro d’Europa. Solo così, tra qualche decennio, vivremo ricchi di qualità della vita, potendo venderla anche ad altri. Con il Fascicolo dovremo e potremo difendere i borghi, l’edilizia minore dei nostri centri storici. Quell’edilizia che è la nostra ricchezza, che permette di scegliere l’Italia non solo per trascorrere le vacanze, ma anche come Nazione in cui vivere. L’introduzione del Fascicolo, operata sin dal 2002 dalla regione Lazio, seguita da altre, e dallo stesso Comune di Roma, è stata ripetutamente bocciata sia da parte del Consiglio di Stato che dalla Corte Costituzionale. Addirittura nelle sentenze di bocciatura si afferma che non avrebbe un sufficiente ritorno sociale. Chiediamolo a Marisol, la più piccola vittima del sisma di Amatrice di soli 18 mesi, o agli oltre 620 morti complessivi in seguito ai terremoti dell’Aquila, dell’Emilia e dell’Italia centrale. Chiediamolo a tutte queste e a tante altre vittime innocenti, cadute anche per la mancanza di coraggio del Parlamento e dei Governi, che si sono succeduti fino ad oggi, di affrontare seriamente la questione e di varare certe leggi ormai irrinunciabili. Senza considerare le spese dell’emergenza e dalla ricostruzione: per riedificare gli stabili danneggiati dai terremoti dell’Aquila, dell’Emilia e dell’Italia centrale non basteranno 20 miliardi di euro. Le stime per una messa in sicurezza totale del Paese, rispetto al rischio idrogeologico oltre che a quello sismico, parlano di 80-100 miliardi spalmati in due tre decenni. In 7 anni per fronteggiare le tragedie in questione abbiamo speso già un quinto di questa somma, contando i morti e facendo i conti con le sofferenze e la distruzione. Ieri si è sfiorata una tragedia non solo nella Capitale, ma anche in tutta Italia e in Europa. Siamo nel 2016. Vergogna!