Non cacciateci!
Crudeltà a crudeltà. E’ quello che i profughi ucraini in Italia stanno provando sulla propria pelle, per il rischio di essere trasferiti, come pacchi postali, in luoghi lontani, diversi e sconosciuti rispetto al loro centro di prima accoglienza. In particolare, a preoccuparsi sono quelli attualmente domiciliati nell’Hotel Excelsior di Montesilvano. La storia è tristemente nota. A seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte dei russi, tanti ucraini sono stati costretti a fuggire dal loro paese. Nella fattispecie, dal mese di marzo scorso, infatti, molti di questi sono stati ospitati nella struttura alberghiera di Montesilvano nell’ambito del programma di accoglienza disposto dagli organi competenti. Si tratta prevalentemente di donne e bambini (alcuni dei quali in tenerissima età) ai quali, nel mese di maggio, si sono aggiunti un discreto numero di rifugiati provenienti dalla città martire ucraina di Mariupol. Mediante lo sforzo delle autorità regionali e locali, del personale della protezione civile e con l’aiuto di numerosi volontari residenti in loco, si è riusciti ad inserire tutti i bambini nel percorso scolastico, a completare il programma vaccinale, ad iscriverli al SSN, fornendo loro un medico di base, assistenza ed orientamento per l’acquisizione del permesso di soggiorno temporaneo e del codice fiscale, a dare loro assistenza ed orientamento con mediatori linguistici, tutti residenti in prossimità dell’hotel, ad inserirli in corsi gratuiti per l’insegnamento della lingua italiana, ad immetterli in percorsi lavorativi, stage tuttora in essere, alcuni dei quali tenuti, addirittura, nella medesima struttura alberghiera. Un discreto numero di rifugiati, poi, essendo completamente privo di risorse, ha trovato piccole occupazioni lavorative nei tanti locali della costa pescarese oppure in famiglie del posto come badanti e baby sitter ma, ciò, al solo fine di potersi permettere quanto di stretta necessità per le esigenze di vita quotidiana per sé ed i loro figli minori. Tutto ciò è stato possibile grazie alle opportunità economiche offerte della zona di mare e dal fatto che, dopo otto mesi, queste persone sono divenute una vera e propria comunità che, dunque, si aiuta vicendevolmente : ci sono donne che si offrono di custodire i bambini delle loro connazionali che vanno a lavorare; oppure persone che offrono servizi gratuiti mettendo a disposizione del resto della comunità le loro competenze: parrucchiere, estetiste, terapiste ecc.; persone giovani che si recano in farmacia o presso i supermercati per favorire quelle più anziane. In altre parole, si può legittimante affermare che, dopo otto mesi, queste persone hanno raggiunto una situazione di relativa “tranquillità e serenità“, pur essendo drammaticamente preoccupate per il loro futuro e per quanto sta accadendo nel loro paese ove hanno lasciato non solo beni materiali ma, soprattutto, affetti e tutta la loro vita. Quasi tutte hanno mariti o padri direttamente impegnati nelle operazioni di guerra. Ci sono bambini che, purtroppo, non vedono i loro padri da più di otto mesi.
Purtroppo, a seguito delle disposizioni introdotte dal Decreto Legge n. 21/2022 e della recente ordinanza della Protezione Civile n. 937 del 20/10/2022, è stata sancita la cessazione, entro il prossimo 27 novembre, dell’accoglienza alberghiera, con dirottamento negli hotspot fuori dalla regione Abruzzo in strutture che, per quanto è stato possibile già verificare dalla recente cronaca nazionale, appaiono oggettivamente inidonee ad accogliere questo tipo di immigrazione costituita da donne e bambini. Alcuni profughi trasferiti in Campania, infatti, sono recentemente tornati nel teramano a seguito dell’accertata inidoneità igienico-sanitaria del centro campano. Altri sono stati collocati in centri con 20 letti a castello ed unico bagno. Comunque l’intento del Legislatore, espressamente reso noto nella citata ordinanza, è quello di ridurre il costo di mantenimento pro capite dei rifugiati da euro a 33 (costo per assistenza diffusa) senza più richiamare i precedenti buoni propositi di fornire assistenza sanitaria, linguistica e legale. Una prospettiva, quella in discussione, che spaventa non poco i profughi e tutto il gruppo di volontari che hanno assistito la comunità ucraina ospitata nell’albergo Excelsior di Montesilvano, che hanno toccato il picco delle 170 unità.
E’ per questo che chiedono che sia mantenuto l’attuale collocazione alberghiera, in quanto lo spostamento per gruppi famigliari costituirebbe ulteriore e grave pregiudizio per queste persone, costringendole a perdere la rete di assistenza e protezione che, fino ad ora, hanno potuto godere e che si è occupata e si occupa volontariamente di loro. In una scellerata, malaugurata ipotesi verrebbero meno le conoscenze e l’orientamento rispetto ai luoghi, così faticosamente acquisiti in questi otto mesi, le opportunità di lavoro, il senso di comunità per i minori e le persone anziane, che solo una collocazione come quella attuale, consentirebbe di preservare e mantenere ancora vivo, assistenza sanitaria compresa. Dopo 8 mesi in un paese straniero, sotto lo stesso tetto, si diventa un’unica famiglia, soprattutto perché quella di origine è lontana migliaia di chilometri ed in guerra. Non va trascurato, poi, che lo spostamento dei rifugiati, soprattutto minori, comporterà, per quest’ultimi, l’ingiusta dispersione delle conoscenze relazionali tra coetanei maturate, non soltanto all’interno della loro comunità ma, anche, di quelle acquisite nella parte finale dell’ultimo anno scolastico e di quelle attualmente in essere a seguito della loro iscrizione e frequentazione per il corrente anno scolastico dei plessi scolastici di Montesilvano; strutture quest’ultime tutte prossime all’albergo e, dunque, facilmente raggiungibili anche a piedi. Lo stesso dicasi per i loro coetanei italiani con le famiglie dei quali, ormai, si è stabilito un vero e proprio legame di vita. Le madri dei bambini italiani, ad esempio, hanno offerto una torta in occasione dei compleanni di ciascun bambino ucraino. La comunità di Montesilvano si è stretta intorno a questi profughi sia dal punto di vista economico sia morale. Basti pensare che per le persone che provengono da Mariupol, alcune delle quali ancora oggi “tremano” al semplice rumore del passaggio di un elicottero o di un’autoambulanza, significherebbe isolarle nuovamente dal “mondo” dopo che, per diversi mesi, sono state costrette in modo ininterrotto a rifugiarsi sotto degli scantinati o sotto la ormai tristemente nota Acciaieria Azov. Loro non hanno più nulla ma, vivere quotidianamente a contatto con altri 100 connazionali, costituisce, come è ragionevole ritenere, motivo di grande valenza e sostengo psicologico. Si tenga conto, altresì, che queste persone provenienti da Mariupol o da Bucha, dignitosamente, si sentono parte della comunità ucraina e cittadini del mondo. Sotto il profilo economico, poi, lo spostamento non apporterebbe alcun concreto risparmio ove si consideri che nell’attuale stagione il costo pro capite alberghiero (pensione completa) non sarebbe superiore a 45 euro. La collocazione in albergo, durante la bassa stagione, non costituirebbe poi pregiudizio per la zona turistica e, inoltre, garantirebbe una notevole economia di scala, sia sotto il profilo dell’assistenza alimentare sia dei consumi energetici (l’albergo nel periodo invernale dovrà, comunque, essere riscaldato e il personale dovrà essere comunque garantito). Il costo pro capite di mantenimento di un profugo collocato nell’ambito del sistema diffuso non sarà mai solo di 33 euro, in ragione del fatto che agli stessi dovrà essere garantito un pocket money giornaliero non inferiore a 5 euro, oltre il costo di tutti gli altri servizi di mediazione linguistica, orientamento e legale. Queste persone dovranno essere, ragionevolmente, gestiti ancora una volta dalle questure di competenza; avranno bisogno del cambio del medico di base; i minori dovranno essere nuovamente iscritti all’interno di altri plessi scolastici, ecc… Per detti motivi la “comunità ucraina” di stanza all’Hotel Excelsior di Montesilvano anche a nome degli altri concittadini ospitati nelle strutture alberghiere abruzzesi, rivolge un appello al Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, al Governatore d’Abruzzo, Marco Marsilio, al Sindaco di Montesilvano, Ottavio De Martinis, al Prefetto di Pescara, Giancarlo Di Vincenzo e al presidente della Protezione Civile, Mauro Casinghini, affinché i profughi ucraini qui domiciliati: circa 100 persone tra cui non meno di 35 bambini, possano continuare ad usufruire dell’attuale sistema di ospitalità alberghiera che appare, nel caso di specie, il più ragionevole, adeguato, idoneo, economico ed efficace modello di accoglienza; modello, esso sì, capace di garantire il pieno e doveroso rispetto dei diritti umani e delle prerogative assistenziali riconosciute dalla legislazione italiana ed internazionale in materia di protezione temporanea dei profughi di guerra e, quindi, il solo al momento capace di continuare a far battere con orgoglio il cuore grande degli italiani in materia di solidarietà ed accoglienza.