Omicidio d’azienda. Chi ha ucciso Carichieti?

La Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti è stata il principale ente creditizio teatino. Con decreto del 5 settembre 2014 è stata commissariata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze su proposta della Banca d’Italia, posta in amministrazione straordinaria e, dal 22 novembre 2015, in liquidazione coatta amministrativa. Al momento Carichieti non esiste più. Sono state concluse, infatti, le procedure di compravendita da parte della Ubi Banca, gruppo bancario bergamasco nato una decina di anni fa dalla fusione tra Banca Lombarda e Banche Popolari Unite. Vi sono confluite la Nuova Carichieti, la Nuova Banca delle Marche e la Nuova Banca dell’Etruria.

Rimane una domanda: chi ha ucciso Carichieti? Potrebbe essere stato proprio l’intervento della Banca d’Italia a provocare lo stato d’insolvenza nel vecchio istituto di credito causando il vero danno patrimoniale ad azionisti ed obbligazionisti?

Un saggio del Prof. Valerio Lemma, ordinario di diritto pubblico dell’economia, uscito recentemente sulla rivista trimestrale di “Diritto dell’Economia-Rassegna di Dottrina e Giurisprudenza” (www.rtde.luiss.it),  analizza i contenuti della sentenza del Tribunale di Chieti che il 18/07/2016 dichiarò l’insolvenza della Carichieti Spa, giungendo alla conclusione che proprio l’intervento di vigilanza della Banca d’Italia potrebbe aver determinato un vero e proprio “omicidio d’azienda”.

Il saggio di Lemma si pone a corollario dell’inchiesta avviata a fine 2016 dalla Procura di Chieti – nello specifico dal pm Giuseppe Falasca – per presunta bancarotta fraudolenta con iscrizione nel registro degli indagati di due ex commissari nominati da Bankitalia – Salvatore Immordino e Francesco Bochicchio – per violazione della legge fallimentare – la n. 223 del 1942 in merito alla liquidazione coatta amministrativa – nel periodo di gestione commissariale.

Immordino, nominato da Bankitalia al posto di Riccardo Sora, fu anche amministratore delegato della Nuova Carichieti, per poi passare al vertice della Rev – Gestione Crediti Spa, società che acquisisce e gestisce crediti in sofferenza o anomali tra cui quelli dell’ex Cassa di Risparmio di Chieti, Cassa di Risparmio di Ferrara, Banca Etruria e Banca della Marca (cosiddette“bad bank”) sottoposte a risoluzione dal decreto legge 183/2015.

Alcuni giorni dopo la nomina di Immondino alla Rev, Nicola Valletta, giudice fallimentare di Chieti, emette la sentenza relativa allo stato d’insolvenza dell’istituto di credito teatino, tirando in ballo proprio la gestione commissariale e sottolineando, tra le sue pagine, come non vi fossero elementi che permettessero di affermare l’esistenza dello stato d’insolvenza nel settembre del 2014 quando invece Bankitalia invia i suoi commissari e viene avviato il procedimento di risoluzione. Insolvenza che però, specifica Valletta, vi era senza alcun dubbio l’anno successivo, nel dicembre 2015, quando veniva emanato il provvedimento di liquidazione coatta amministrativa e che si basava su “perdite scaturite da rettifiche di valore netto dei crediti di cui però non è stata data alcune giustificazione”.

Oltre a ciò, come evidenziato da Lemma, il Tribunale evidenzia, in un’altra parte della sentenza, che la Banca d’Italia non ha sottoposto all’esame dell’esperto indipendente la valutazione relativa all’incapacità della banca di pagare i propri debiti in scadenza, particolare da cui si trae il convincimento che la stessa Banca d’Italia non reputasse esistenti  “elementi oggettivi per ritenere che nel futuro prossimo tale incapacità si sarebbe manifestata”.

“Vicende che – conclude Lemma – evocano lo spettro dei cosiddetti “omicidi d’impresa”: quelli commessi  da soggetti privati/pubblici che, nell’esercizio delle proprie funzioni,  determinato la perdita della vitalità aziendale con condotte assunte per ingordigia di denaro e/o potere, per insipienza e deresponsabilizzazione, per protagonismo mediatico o per altre simili debolezze umane”.

Redazione - Il Faro 24

Share
Published by
Redazione - Il Faro 24