di Alina Di Mattia
“Pick and shovel poet” ovvero “Il poeta del piccone e della pala”. Così la stampa dell’epoca descriveva Pascal D’Angelo, il poeta abruzzese che Van Doren, direttore del giornale “The Nation” di New York, definì “uno di quei figli di Ovidio della cui fama risplende ancora l’antica Sulmona”.
Nato ad Introdacqua nel 1894, il piccolo Pasquale frequentò con discontinuità la scuola e, all’età di 12 anni, fu costretto a lasciare gli studi per occuparsi del piccolo gregge di pecore, uniche risorse della famiglia.
Le gravi ristrettezze economiche indussero il padre Angelo ad emigrare negli Stati Uniti insieme a 49 introdacquesi e allo stesso ragazzo, ancora sedicenne.
La casa di Pascal D’Angelo a Introdacqua
Quel viaggio per l’America fu il viaggio verso il riscatto economico e sociale. Pascal lo visse con grande ottimismo ed entusiasmo, raccontando della prima volta in cui salì sul treno, del viaggio sulla nave Celtic, della meraviglia del mare che non aveva mai visto fino allora. Purtroppo, la realtà che li accolse una volta sbarcati non fu quella sperata, ma una quotidianità fatta di continue privazioni ed angherie, di vessazioni e lavoro sottopagato. Dopo cinque anni, nel 1915, il padre di Pascal, stanco ed avvilito, decide di rientrare in Patria. Lui invece resta, con la voglia e l’intenzione di fare fortuna come scrittore.
“Da qualche parte in questo paese avrei trovato la luce” scrive così all’alba degli anni ’20 sotto il cielo di New York. Dotato di grande tenacia, Pascal cerca in ogni modo di impadronirsi della lingua inglese: studia, legge i giornali, frequenta le biblioteche pubbliche, acquista un dizionario logoro e di terza mano e si impegna ad imparare nuovi termini ogni giorno. Diventa eccezionalmente bravo e preparato e comincia a coltivare finalmente la sua grande passione per la poesia. Il tutto, mentre lavora duramente come manovale alle ferrovie.
Disegno di Claudia Colangelo per la copertina del Son of Italy, Qualevita 2003
Inizia ad inviare i suoi scritti a diversi giornali senza ottenere risposta. Quando nel 1922 il settimanale “The Nation” indice un concorso di poesia, Pascal scrive una lettera accorata al direttore Carl Van Doren che in quelle parole riesce a carpire lo straordinario talento e l’innata sensibilità del poeta abruzzese. In breve tempo le sue poesie vengono pubblicate sulle riviste ed i giornali americani più in voga. Partecipa a presentazioni pubbliche incantando con affascinanti interventi i suoi ascoltatori, diventa famoso in tutta la nazione.
Nel 1924, sull’onda di tanta notorietà l’editore Macmillan pubblica la sua autobiografia, “Son of Italy”. Il libro racconta con trasporto ed emozione l’infanzia trascorsa in Abruzzo, il dispiacere per la madre lasciata e mai più rivista, le condizioni di povertà che costringevano le persone a partire, il lungo e sofferto viaggio, le ingiustizie vissute all’arrivo, ma anche la caparbia e la passione con cui il nostro conterraneo inseguiva il suo sogno americano. Fu un successo straordinario ma anche un sogno spezzato.
Soltanto pochi anni dopo, nel 1932, Pascal moriva per occlusione intestinale
Oggi riposa nel cimitero di Saint John a Brooklyn, nello Stato di New York.
Al “poeta del piccone e della pala” è stato dedicato il Museo Regionale dell’Emigrante “Pascal D’Angelo”, collocato all’interno del palazzo Trasmondi, un edificio cinquecentesco situato nel centro storico di Introdacqua (Aq) che prende spunto proprio dalle vicissitudini del giovane scrittore per approfondire il fenomeno che più di tutti ha cambiato le sorti del nostro Paese, la Grande Emigrazione degli ultimi due secoli.
A Pascal D’Angelo va tutta il nostro rispetto e la nostra ammirazione per la caparbia e la grande forza di volontà che ha impiegato per riscattarsi da una vita di estrema povertà, fino a diventare uno dei più grandi fenomeni letterari d’oltreoceano, ancora oggi amato e ricordato.
Resta tutta l’amarezza racchiusa in una frase di uno dei suoi scritti: “In Noi che nascemmo per l’amore Divino, dovremo morire per l’Umano odio”. La testimonianza sofferta di quel sogno americano spezzato, non portato a termine, e di tutti i sogni non realizzati degli emigranti di quell’epoca e del nostro tempo, vittime di ingranaggi troppo grandi asserviti ad economie senza scrupoli e senza nessun valore e rispetto per l’essere umano.
Si ringrazia Massimo Tardio | Fondazione Pascal D’Angelo – D’Angelo’s House Introdacqua per la preziosa collaborazione.
Per approfondimenti:
http://www.lasepolturadellaletteratura.it/pascal-dangelo-un-emigrante-si-racconta/
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http://www.museopascaldangelo.it
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