di Mario Setta
“Dobbiamo ripensare, con tutta la nostra umanità, la nostra Religione…”
ha scritto Teilhard de Chardin, scienziato, paleontologo, teologo.
Ed è su questa nuova weltanschauung
questa nuova visione del mondo,
che gli uomini di oggi sono chiamati a costruire il futuro.
La parola redenzione deriva dal verbo “redímere”, anche in latino “redímere” da red– (= di nuovo) ed “ímere” per “émere” (comprare). Significa quindi ricomprare ciò che è stato venduto. Nei Vangeli questo verbo non viene mai usato. Esiste però la parola “Redenzione” che si trova solo nel Vangelo di Luca in due passi: l’uno (2.38) in cui la profetessa Anna, durante la presentazione di Gesù-bambino al tempio “si mise a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme”; l’altro, verso la fine (21.28), quando si parla di catastrofi cosmiche e manifestazione del figlio dell’uomo glorioso: “Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra redenzione è vicina”.
Nel “Dizionario di teologia dommatica” a cura di Parente-Piolanti-Garofalo è scritto: «Redenzione significava anticamente riscatto, quindi liberazione d’uno schiavo o d’una cosa vincolata mediante un pagamento. […] L’uomo peccando ha offeso Dio e si è reso schiavo del peccato e del demonio che gliel’ha suggerito… Cristo Redentore si sostituisce a noi e ci redime con tutta la sua vita terrena, specialmente in forza della sua morte, sacrificio espiatorio, con efficacia fisico-morale. […] Cristo sborsa il suo sangue a Satana per liberare l’uomo dalla sua tirannia».
La centralità del peccato originale nella struttura dogmatica del Cristianesimo appare come un principio fondamentale, impossibile da superare. Un ostacolo su cui ci si imbatte e si resta disarmati. Ed è strano come una simile invenzione, una falsità, che non ha fondamento se non mitologico, abbia potuto resistere fino ad oggi, senza sollevare dubbi. Fu, in particolare, Sant’Agostino ad affrontare la concezione del peccato originale come colpa non solo dei progenitori ma di tutto il genere umano, che solo il battesimo può eliminare. Per i bambini che muoiono senza battesimo c’è l’inferno, sia pure con una pena addolcita. Le parole di Agostino non permettono dubbi: «Si può perciò dire giustamente che i bambini che escono dal corpo senza il battesimo si troveranno nella dannazione, benché la più mite di tutte» (De peccatorum meritis et remissione et de baptismo parvulorum, I, 16.21).
Per Agostino la pena della colpa commessa da Eva e Adamo è la concupiscenza, intrinseca alla stessa natura. E pur considerandola “quel piacere che è il più grande tra i piaceri del corpo”, come afferma nel De Civitate Dei, XIV,16 resta la più grande pena inferta alla natura umana. Pena derivante dalla disobbedienza al volere di Dio. Un’impostazione ideologica che si è affermata nei secoli, diventando dogma di fede, anche se già, allora, contro Agostino, si schierarono il monaco della Britannia Pelagio e il suo discepolo Celestio. Perfino nel 417 il papa Zosimo si era dichiarato favorevole alle tesi di Pelagio e Celestio, ma l’anno successivo, al Concilio di Cartagine (418) che accoglie le tesi di Agostino, il papa ritratta, condividendo il documento antipelagiano.
Se si pensa ai miliardi di esseri umani vissuti prima della venuta di Cristo e ai miliardi che non lo hanno conosciuto e non sono stati battezzati, si dovrebbe dedurre che sono tutti dannati. Un Cristianesimo così disumano e anticristiano sembra proprio inconcepibile. Oggi, fortunatamente, l’interpretazione agostiniana risulta insostenibile dal punto di vista filologico ed esegetico; una ipoteca da cancellare, proponendo un Cristianesimo liberato dal dogma del peccato originale. Purtroppo, la concezione agostiniana è rimasta sostanzialmente immutata, passando dal Concilio di Cartagine a quello di Orange (589) fino al Concilio di Trento (17 giugno 1546). Perfino il Concilio Vaticano II, pur evitando di trattare espressamente questioni dogmatiche, ne ribadisce la dottrina: “Quel che ci viene manifestato dalla Rivelazione divina, concorda con la stessa esperienza. Infatti se l’uomo guarda dentro al suo cuore si scopre anche inclinato al male e immerso in tante miserie…” (Gaudium et Spes, n.13).
Una serie di posizioni in contrasto con la linea dogmatica delle chiese-istituzioni sembra ora montare come un terremoto ideologico, che ribalta l’antica interpretazione per fare di Eva il modello dell’umanità, liberata dalle catene d’un Eden mai esistito. È stato Erich Fromm a dire: “l’atto di disobbedienza di Eva è l’inizio della storia umana, perché è l’inizio della libertà umana”. E con lui, Margherita Hack: “La colpa di Eva è stata quella di voler conoscere, sperimentare, indagare con le proprie forze le leggi che regolano l’universo, la terra, il proprio corpo, di rifiutare l’insegnamento calato dall’alto; in una parola Eva rappresenta la curiosità della scienza contro la passiva accettazione della fede”. E Paul Ricoeur: “Non si dirà mai abbastanza quanto male ha fatto alle anime, durante secoli di cristianesimo, l’interpretazione letterale della storia di Adamo”. E ancora: “insulto alla vita” (Mancuso), “dottrina di cui dobbiamo assolutamente liberarci” (Delumeau), “qualcosa di perverso” (Maggi) “dottrina inesistente nel Vecchio Testamento” (Haag), “disobbedienza mai esistita” (Castillo), “dottrina devastante” (Fox), “priva di fondamento l’accusa di un’offesa a Dio” (Valerio).
Già Immanuel Kant, il grande filosofo tedesco, riteneva “sconveniente” l’idea che il male ci venga per eredità dai nostri progenitori. Anzi col gesto di Eva nasce la filosofia, l’amore del sapere. E Schelling scrive: “lo scopo ultimo della storia umana, tutta intera, è che tutte le realtà umane ritornino all’universale sovranità della ragione”. Chissà che non sia giunto il tempo giusto, quel kairòs, in cui un vicario di Cristo possa rileggere e reinterpretare evangelicamente la Parola di Dio. Una Parola che affermi come Cristo, Figlio di Dio e Figlio dell’Uomo, si rivolga a tutti gli uomini, indistintamente, per la salvezza di tutti, battezzati o no, disposti ad accogliere il suo messaggio e la sua testimonianza per l’universale comunità umana. Una comunità chiamata ad elevare la propria natura al suo più alto grado. Sul suo esempio di vita: Cristo-Uomo, Cristianesimo-Umanesimo. Una vita fondata sull’Amore e che nell’Amore ha la sua unica legge universale, eterna: “Amatevi gli uni e gli altri”.