REVENGE PORN. COME DIFENDERSI? PARLA LA CRIMINOLOGA ANNA VAGLI

Dott.ssa Anna Vagli

È arrivato ad affacciarsi prepotentemente, anche nel nostro Paese, una nuova ed ulteriore sfaccettatura della violenza.

Lo chiamano revenge porn e con esso intendono la pubblicazione online di contenuti sessualmente espliciti, con finalità esclusivamente ritorsive e di vendetta.

La pubblicazione non consensuale di immagini a contenuto sessualmente esplicito è spesso diretta conseguenza della fine di una relazione sentimentale. Lo scopo principale è infatti quello di denigrare la vittima e di comprometterne per sempre l’immagine sociale.

Unitamente alla pornografia sul web, che può ingenerare in sé una seria dipendenza, si è diffuso tra giovani e meno giovani – il fenomeno del sexting, pratica che ha sicuramente contribuito al diffondersi del revenge porn.

Con il termine in questione, derivante dall’unione delle parole “sex” e “texting”, si fa riferimento allo scambio di files di matrice sessualmente esplicita (foto, video solitamente realizzati con smartphone) mediante messaggi o pubblicazioni telematiche (chat, social network).

Il fenomeno in oggetto è tornato in questi giorni agli onori della cronaca a seguito di un’indagine che ha reso possibile lo smascheramento di una rete di 21 canali Telegram, che vantavano quasi 50 mila iscritti. Nei canali in questione venivano immessi video e immagini private vendute da ex fidanzati o padri di famiglia.

Alla luce di questa nuova “tendenza sommersa”, abbiamo chiesto alla Dottoressa Anna Vagli, Giurista, Criminologa, Esperta in Scienze Forensi e Psicologia investigativa, Sopralluogo Tecnico sulla Scena del Crimine e Criminal Profiling, di fare chiarezza su un fenomeno più che mai in espansione anche in questa situazione di emergenza sanitaria.

  • Dottoressa, che ruolo ha esercitato il canale Telegram sulla potenzialità diffusiva del fenomeno del revenge porn?

In realtà le dinamiche del c.d. revenge porn non sono esclusivamente riferibili a Telegram. Sicuramente, la recente indagine è servita a sottolineare quanto siano pericolose le insidie del web, ma il fenomeno di cui si parla tanto in questi giorni non è circoscrivibile a quel canale.

A mio avviso, troppo spesso l’agile dimestichezza nel navigare in rete dei Millennials non è accompagnata da altrettanta maturità cognitiva. In un mondo connesso h24, i social network sono diventati presupposto per l’instaurazione delle relazioni interpersonali e spesso creano un’alterazione del vissuto temporale accompagnata da una pressoché inesistente percezione del rischio. Punto di partenza per arginare il revenge porn è sicuramente la promozione di vere e proprie campagne informative e di alfabetizzazione rispetto alla sessualità, al lato oscuro dei social media e, in generale, del web. In tale contesto un ruolo determinate dovrebbe essere affidato alla scuola, chiamata ad adempiere alle proprie responsabilità educative in ordine alle nuove esperienze digitali. Chiaramente, anche le famiglie devono coordinarsi con la scuola e le Istituzioni, contribuendo a garantire a bambini ed adolescenti una sessualità corretta e consapevole.

  • In che relazione si pone il revenge porn con il cyberbullismo?

Non è agevole delineare i perimetri di questi due fenomeni dal momento che nel cyberspazio lo scenario di riferimento non è fisico ma bensì caratterizzato da relazioni.

Si può però sicuramente affermare che la pornografia non consensuale si lega a doppio filo con il cyberbullismo. La tendenza fondata sull’invio di foto sensuali al proprio fidanzatino è ormai quasi la regola, ma troppo spesso ci si dimentica che quelle foto verranno salvate in un dispositivo gestito da altri. Naturalmente, l’invio non indotto di immagini intime non è la sola modalità che può dar origine ad episodi di revenge porn. Il materiale in questione può essere reperito anche in maniera più subdola, riprendendo la vittima nei bagni di una scuola, girando un filmino durante la consumazione del rapporto sessuale o addirittura ponendo in essere un vero e proprio hacking del cloud dello smartphone o del pc della vittima. In uno scenario di simile portata, la categoria femminile è sicuramente più esposta alla vittimizzazione.

  • Il reato di Revenge Porn è stato recentemente introdotto nel nostro Paese. In che cosa consiste?

Nell’ottica di tutela del soggetto vulnerabile, il legislatore penale ha introdotto lo scorso anno il reato di diffusione di materiale multimediale sessualmente esplicito all’art. 612-ter c.p. La norma è stata prevista con la finalità di punire la realizzazione o la sottrazione indebita di immagini o video a sfondo sessualmente esplicito e la relativa pubblicazione o divulgazione, nella totale assenza della persona ritratta. Il reato in questione è procedibile a querela della persona offesa, che deve essere presentata entro sei mesi. È prevista la remissione in sede processuale e la pena prevista è quella della reclusione da 1 a 6 anni e la multa da 5.000 a 15.000 euro.

  • Chi sono le autorità competenti alle quali sporgere denuncia?

In questo senso è possibile percorrere diverse strade. La prima è quella della segnalazione, consentita anche ai minori di età, al Garante della Privacy. C’è poi la possibilità di fare una segnalazione alla Polizia Postale (in questo caso consiglio di rivolgersi ad un legale) o quella di rivolgersi a Permesso Negato, associazione senza scopo di lucro preposta alla tutela delle vittime di pornografia non consensuale.

  • A volte si è impossibilitati nel provare che le nostre foto siano effettivamente state divulgate. In che circostanza ciò può avvenire e quali sono, se ve ne sono, le conseguenti strategie di intervento?

La questione sul tavolo è complessa e delicata. Purtroppo negli ultimi tempi si è registrato un incremento delle condivisioni di immagini e video indebitamente sottratte su Telegram e sui gruppi segreti di Facebook. In questa evenienza però capita che la vittima ne venga a conoscenza proprio perché contattata da un predatore della rete che molto spesso confida alla stessa di aver reperito le immagini su un dato canale. In quel caso è possibile, ed imprescindibile, effettuare uno screenshot alla conversazione che poi verrà allegato alla denuncia o alla querela.

  • Che tipo di conseguenze possono prospettarsi per le vittime della pubblicazione non consensuale?

La potenzialità disarmante di questa nuova frontiera di relazioni disadattive si estrinseca soprattutto in conseguenze di matrice psicologica. Stati d’ansia, depressione che possono purtroppo anche sfociare in episodi suicidari. Le condotte che caratterizzano il revenge porn vanno ad impattare irrimediabilmente sulla reputazione e sull’immagine sociale della vittima.

Redazione - Il Faro 24

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