RIMANIAMO DISTANTI OGGI PER ABBRACCIARCI CON PIÙ CALORE E PER CORRERE PIÙ VELOCE DOMANI

LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIUSEPPE CONTE

Caro Giuseppe Conte, caro Presidente del Consiglio, caro Beppe,

devo dire che non ti invidio proprio. Te ne stavi lì, a Firenze, a parlare di enfiteusi e usucapione a scapestrati studenti di Giurisprudenza, quando, quasi due anni fa, ti ha chiamato Luigi di Maio. E già non partiamo benissimo: insomma, nel periodo in cui c’era Papa Francesco che chiamava chiunque, tu ti sei beccato la chiamata di Di Maio? Ma tant’è.

Insomma, ti sei lasciato convincere. Te l’avevano detto: “Guarda che non sarà facile”, “Guarda che per fare politica bisogna esserci tagliati”, “Guarda che lì dentro sono squali“. Ma tu hai accettato. Di Maio te l’aveva proposta come un’eventualità, perché non è che ci credesse poi molto neanche lui. Finché faceva il cugino informato che parlava di politica nei pranzi di famiglia andava pure bene, ma da qui a vincere le elezioni ne passa. E invece, incredibilmente, sei diventato Presidente del Consiglio. E lui, ancora più incredibilmente, è diventato Ministro. Ma questa è un’altra storia.

Torniamo a parlare di te. Ci sono mandati che nascono e sono già operativi, ci sono presidenti ricchi di carisma e di presunta capacità politica. E ci sono altri mandati, che iniziano un po’ più in sordina. Nessuno ti conosceva e, soprattutto, dovevi cedere il passo alle due vere primedonne del tuo governo: Matteo Salvini e, come miglior attore non protagonista, Luigi di Maio, a cui, inizialmente, chiedevi pure il permesso di parlare.  Il tuo primo mandato è stato un po’ un costante esercizio di training autogeno. I mesi passano, tu appari ogni tanto, sgridi i tuoi vice, cerchi di fare la voce grossa. Come ogni politico che si rispetti, fai pure qualche gaffe. Ci sta. Cerchi di ricordare chi sei, insomma, non sei mica il passacarte di Salvini. Ogni giorno, sopporti malumori, selfie, comizi, attacchi incrociati. Intervieni di nuovo. Convochi conferenze stampa. Redarguisci. Ammonisci.

Poi a un certo punto ti rompi i coglioni e trovi finalmente una tua identità.

Le domeniche d’agosto non saranno più solo quelle di Gigi D’Alessio, ma le ricorderemo come quelle di Salvini al Papeete che tenta di fare il ribaltone. E tu, caro Giuseppe Conte, che finora avevi dimostrato la personalità di Fabio del duo Fabio e Mingo, non ci stai più a esser tirato per la giacchetta. Hai schivato l’affondo di Salvini, hai ritrovato la personalità perduta, quella che ti aveva fatto firmare decreti sicurezza senza proferir parola, e hai dato di matto in Senato. Hai rassegnato le dimissioni e a Mattarella, probabilmente, hai pure detto “Che se ne vadano a fare in culo tutti”.

Salvini non ci ha più capito nulla. Ora Beppe, non so se tu guardi Temptation Island, ma per dirla allegoricamente Matteo è arrivato come il fidanzato che voleva scaricare ed è invece stato scaricato, con un magistrale percorso istituzionale. Ma la politica sa essere peggio di un rappresentante Folletto e, con una moina dopo l’altra, ti ha convinto a ritornare. A ridare la tua disponibilità, a fare del tuo meglio per scongiurare aumenti dell’Iva e altre seccature. Ci si è messo pure Renzi, che poi però si è tolto, perché anche lui, come primadonna, non scherza.

Achille Lauro, a questo punto, direbbe: “Ce so cascato di nuovo“. Rieccoti al Governo, con un Di Maio, che ora vuole giocare a fare il Ministro degli Esteri per migliorare l’inglese, e uno Zingaretti, che è ancora più trasparente di te. Salvini è all’opposizione, è quasi Natale, l’aumento dell’Iva viene scongiurato. Insomma cosa può andare storto? Finalmente ti puoi godere qualche qualche mese da vero Presidente del Consiglio. La gente per strada inizia quasi a riconoscerti. Ma ti arriva tra capo e collo la pandemia.

E tu, che se fare il presidente del consiglio fosse un lavoro qualunque, non avresti ancora concluso l’apprendistato, ti ritrovi a doverla gestire, caro Giuseppe Conte. Come si gestisce una pandemia? Ma, soprattutto, come si gestisce una pandemia in un paese di discoli indisciplinati? Nemmeno Andreotti, con i suoi sette mandati da Presidente del Consiglio, avrebbe potuto aiutarti. Ma tu non perdi la pazienza. Fai qualche scivolone, ma devi tenere insieme la baracca. Sindaci, governatori regionali che prima vogliono tenere aperto e poi vogliono chiudere tutto, che tanto è facile poi fare la bella faccia davanti ai cittadini, quando poi la responsabilità dei posti di lavoro persi, tra qualche mese, verrà rinfacciata a te soltanto. Dire che il governo è brutto, sporco e cattivo e sta sbagliando tutto è veramente facile. Anche perché in quest’emergenza abbiamo sbagliato tutti, dal primo all’ultimo, da noi che siamo andati a fare l’aperitivo, da quelli che alla tv hanno detto “E’ solo un’influenza”. Ma facciamo così: stendiamo un velo di amnistia su quel che è stato fino alla scorsa settimana e ripartiamo.

Ti ringrazio Beppe perché sono contenta che ci sia tu, a gestire l’emergenza. Ti stai comportando in modo saldo, prudente, ma non troppo allarmista. Le cose che dici non piacciono a tutti, è normale. Molti oggi sono inferociti perché non hai ancora chiuso le fabbriche: da operai hanno le loro ragioni, da mamme e papà che tornano a casa dai figli o dai genitori anziani e non li vogliono contagiare ancora di più. E’ facile stare all’opposizione e lasciar prendere al governo decisioni impopolari per l’elettorato, come quella di non chiudere le aziende per ora. Insomma, ringrazio Dio o chiunque altro, ma credo lo stia ringraziando anche Salvini, se non è al posto tuo, caro Giuseppe Conte, e se può permettersi di far finta di aver la soluzione in mano.

Ogni due sere ti ripresenti in diretta, aspettando pazientemente che terminino I Soliti Ignoti, di cui evidentemente sei grande appassionato, e ci chiudi qualcosa. Hai chiuso la Lombardia e non è bastato. Allora ti sei ripresentato al microfono.  Mi aspettavo un legittimo “Ma allora non capite un cazzo”, ma tu ci hai blindato l’Italia e basta. Poi, ieri, ci hai chiuso i negozi. A tirare avanti sono ancora farmacie, supermercati, trasporti, banche e aziende. Probabilmente ci hai pensato. Però forse questa è l’ultima spiaggia. Ti sarai consultato con i tuoi economisti e avrai cercato di rimandare la cosa ancora un po’. Lo dico da ingenua, ma ti ringrazio perché mi dai fiducia. Ho fiducia nel fatto che se hai deciso in questo modo, lo hai fatto senza sparate. Le tue decisioni mi fanno pensare che non ci sia un fine secondario, per compiacere l’elettorato o per andare contro a qualcuno.

Insomma, Beppe, io un anno fa non ti avrei dato un euro e invece adesso devo ricredermi. Grazie perché non ci insulti in foggiano, anche se ce lo meriteremmo, perché non ci siamo comportati benissimo durante quest’emergenza. Ti ringrazio perché sei misurato. Ti ringrazio perché adesso, a far la politica da bar, siamo capaci tutti, anche senza bar. Grazie perché ci parli come se fossimo cretini, a volte, tipo quando ci dici “Non assaltate i supermercati”. E fai bene.

E ti ringrazio anche per aver citato Norbert Elias.

“Rimaniamo distanti oggi per abbracciarci con più calore e per correre più veloce domani.

Tutti insieme ce la faremo”

E riguardati, Beppe, che ti vedo un po’ stanco.

Elisa Ghidini

FONTE: https://www.ultimavoce.it/caro-giuseppe-conte/

Redazione - Il Faro 24

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