Sindrome da Burnout: un male sempre più diffuso

Da qualche tempo si è cominciato a prestare sempre più attenzione alla salute mentale e al benessere psicologico, al pari di quello fisico, anche sul luogo di lavoro. È qui che è nato e si è evoluto il termine “burnout”, una sindrome ad oggi riconosciuta dal DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) e dall’OMS.

Chiamato anche “sindrome da stress da lavoro”, è una condizione a cui moltissime aziende cercano di fare particolare attenzione, ma che si sta comunque evolvendo nel corso degli anni.

Una recente indagine, infatti, ha visto come in Italia circa il 60% dei lavoratori riferiva di soffrirne o ne aveva qualche sintomo. Sono dati che pongono particolare accento sulla realtà lavorativa italiana attuale e che richiede che vi sia un’attenta riflessione, soprattutto da parte delle aziende.

Sono necessari interventi mirati, infatti, e delle risorse che diano supporto emotivo ai lavoratori, oltre che trovare i termini per riuscire a porre fine alle condizioni che possono portare al suddetto stato psicologico.

Straordinariamente, in questo contesto, è stato visto come l’iscrizione a un centro meditazione mindfulnesspossa essere di grande aiuto, in quanto si tratta di una pratica atta a ritrovare consapevolezza di sé e le proprie risorse interiori.

Che cos’è lo “stress da lavoro”

Il burnout, come definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), rappresenta uno stato di stress cronico correlato al lavoro, caratterizzato da un completo esaurimento delle risorse fisiche e mentali.

La parola stessa, “burnout”, evoca un senso di bruciore e stanchezza totale e la sintomatologia si manifesta attraverso tre aspetti fondamentali:

  • Esaurimento, ovvero la persona si sente priva di energie e incapace ad affrontare le richieste lavorative.
  • Sensazione di alienazione, con una percezione di frustrazione e stress crescenti.
  • Riduzione delle performance lavorative, con un pesante calo della motivazione e della capacità di concentrazione.

Le cause di questa condizione sono diverse e possono essere dovute ad esempio a carichi di lavoro eccessivi, mancanza di controllo del proprio impiego, assenza di riconoscimento di quello che si fa, ambiente di lavoro caotico, poco sicuro o poco piacevole, orari troppo serrati, e molti altri.

I dati degli ultimi anni: una tendenza in aumento

Negli ultimi anni, stando alle ricerche, il problema del burnout sembra aver avuto un preoccupante decollo non solo in Italia, ma anche nel resto delle nazioni, in particolare negli Stati Uniti.

I dati riportati dal Report Future Pulse 2023 rivelano che il 42% della forza lavoro nel mondo segnala l’esperienza di questo disturbo, rappresentando un massimo storico dal maggio 2021.

È un incremento che porta a molte riflessioni, soprattutto perché pare essere connesso al momento cruciale che il mondo del lavoro sta attraversando per via del periodo post-pandemia, evidenziando complicazioni e malessere diffusi.

Ciò che è interessante notare è che nell’incidenza del burnout pare che la flessibilità sul posto di lavoro abbia un ruolo molto significativo. Secondo lo studio, infatti, i dipendenti insoddisfatti del loro livello di flessibilità hanno il 53% in più di probabilità di sentirsi esausti rispetto a coloro che ne sono soddisfatti.

Questo desiderio rappresenta una priorità per il 93% dei dipendenti, influenzando la loro soddisfazione lavorativa, dimostrando l’importanza di trovare un equilibrio in tal senso.

In risposta a questa crescente problematica, l’OMS sta lavorando ad alcune linee guida per la salute mentale sul lavoro, intenzionato a ridurre il carico di lavoro e a promuovere attività utili per gestire lo stress e migliorare l’efficacia lavorativa.

La mindfulness come possibile supporto emotivo

La mindfulness è stata vista essere una dei supporti emotivi più validi per riuscire a contrastare gli effetti devastanti del burnout. A livello individuale, la pratica si traduce in una migliore regolazione delle emozioni e nell’incremento delle funzioni cognitive, contribuendo al benessere psicofisiologico.

È un approccio che favorisce la flessibilità, riduce la ruminazione e il senso di inefficacia attraverso tecniche di rilassamento e meditazione.

Nel contesto lavorativo, la mindfulness influisce positivamente sulla motivazione e il comportamento dei lavoratori, facilitando relazioni più coese tra colleghi, promuovendo la resilienza e mitigando impulsività e rigidità di fronte a situazioni percepite come minacciose, come le richieste dei superiori o i rimproveri.

Inoltre, si traduce in una maggiore frequenza di comportamenti prosociali, un maggior coinvolgimento lavorativo e un aumento della produttività, mentre contribuisce a ridurre comportamenti negativi come l’assenteismo.

Praticare mindfulness dota quindi gli individui di un ampio repertorio di competenze per affrontare lo stress e le sfide lavorative, consentendo una gestione ottimale delle situazioni complesse e contribuendo a evitare il completo esaurimento associato al burnout.

È un approccio che spinge a concentrarsi sulla consapevolezza delle emozioni, libera la mente dai pregiudizi e dai pensieri negativi, e infine migliora notevolmente la qualità della vita, sia nel contesto privato che in quello lavorativo.

Redazione - Il Faro 24

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