SPIGOLATURE SULL’ARTE DI BRUNA BONTEMPO E DINTORNI

 

di Carla Rosati *

 

 

PERUGIA – Tra le altre gradevoli sorprese e gli arricchimenti che la lettura del libro “L’Italia nel cuore” di Goffredo Palmerini mi ha riservato, c’è stata la scoperta di un’artista aquilana di origine paganichese, Bruna Bontempo, cui Goffredo dedica un ampio e colto articolo (che ho citato nella mia prefazione al libro), in occasione della prima mostra di questa nostra conterranea. Come ho già avuto modo di dire, Goffredo ha la generosità e la capacità di condividere con il lettore le sue esperienze, anzi di fargliele vivere direttamente, mettendoglisi accanto e accompagnandolo nella scoperta e nella conoscenza di luoghi e persone.  Così Goffredo ha suscitato in me il desiderio di conoscere meglio questa raffinata artista e le sue opere, sia pittoriche che fotografiche. Il caso ha voluto che ci incontrassimo alla presentazione di “L’Italia nel cuore” e che ci riconoscessimo. In quell’occasione Bruna mi ha fatto dono della sua opera “Mondo magico, Gran Sasso e terre della baronia” che mi ha assolutamente affascinato e interessato, tanto da voler mettere per iscritto le emozioni che la sua lettura, la visione dei quadri e delle superbe fotografie che il libro contiene, hanno suscitato in me.

 

Riflessioni sul testo

“Mondo magico, Gran Sasso e terre della baronia”

 

Ho avuto la piacevole sorpresa di rincontrare Bruna Bontempo all’Aquila, in occasione di un evento culturale, dopo aver percorso per anni strade diverse e lontane. Avevo il ricordo di lei bambina e l’ho ritrovata adulta e artista matura e sensibile, ormai ampiamente conosciuta e apprezzata. Quando si hanno in comune origini, ricordi di persone e di cose non è difficile riallacciare i rapporti, anche a distanza di tempo, ma molto ha contribuito a riavvicinarmi a lei la lettura e la “visione” del suo libro “Mondo Magico, Gran Sasso e terre della baronia” (Muspac edizioni, 2016), perché quel mondo è anche il mio. La produzione pittorica, fotografica e letteraria di Bruna Bontempo presente in questo libro, è già stata ampiamente esaminata da persone di provata competenza e professionalità, per cui io al riguardo non posso che esprimere opinioni e sensazioni del tutto personali.

 

D’altra parte non credo che Bruna, come ogni artista, con le sue opere voglia rivolgersi solo ai cultori della materia, perché verrebbe a mancare uno dei requisiti essenziali dell’arte: l’universalità. Inoltre io non mi avvicino ai luoghi che lei descrive e rappresenta, da “estranea”, non li scopro grazie a lei, ma li riscopro con lei. E conoscendoli bene quei luoghi (essendo di origine aquilana), avendoli frequentati e frequentandoli tuttora, posso a ragione affermare che Bruna, soprattutto guardando le sue foto, riesce a trasportarmi in quei paesaggi e a farmi sentire come lei dice, “immersa in un quadro”. Sentendomi parte di quel quadro, posso perfino sentire gli odori, i suoni, il silenzio e sul volto l’aria fredda che accoglie i visitatori in quasi tutti i mesi dell’anno. Sono sicura che questo accade a tanti altri, perché le opere di Bruna Bontempo sono in grado di trasmettere forti sentimenti e sensazioni in tutti quelli che, davanti a un’opera d’arte, sanno andare oltre “il guardare”. E cosa potrebbe aspettarsi di meglio un artista dalla propria opera se non trasmettere e condividere con gli altri i propri sentimenti?

 

I luoghi che Bruna con mezzi diversi rappresenta, non sono semplici “location” in cui ambientare le sue opere, sono la culla della sua infanzia e della sua gioventù, dove probabilmente ritrova se stessa e recupera quello che il destino ci toglie, a volte in modo traumatico, e che prima o poi cerchiamo di recuperare, in quell’esigenza di rinascita che a volte ci assale. Sì, a mio parere è questa la parola chiave per la lettura di questo suo testo: rinascita. Santo Stefano di Sessanio, Calascio, il Gran Sasso, hanno rappresentato e rappresentano per suo figlio Franco (musicista e scrittore) la possibilità di una vita nuova e diversa; Bruna, dopo avergliela data la vita, vuole continuare a farne parte non standone a lato, ma calandosi insieme a Franco nella realtà che lui ha scelto di vivere con grande consapevolezza e probabilmente non senza quella sofferenza che spesso è all’origine di un così forte desiderio di catarsi.

 

Bruna comprende e condivide pienamente questa scelta che è anche di natura intellettuale e la sublima con le sue opere vivendola e rappresentandola come una fiaba, il cui protagonista è indubbiamente il figlio (“mio figlio Franco è nella fiaba con me, la strada mi porta a lui”). Da lui ha assorbito l‘amore e la passione per questi posti che sono certamente d’impatto e che generano anche nei visitatori occasionali sentimenti forti e non passeggeri. Ma in “Mondo magico” insieme agli elementi naturalistici, ci sono anche personaggi viventi come il cane Batista e il pastore Mimì, presenze fondamentali nella vita di Franco e di conseguenza in quella di Bruna. Mimì appare in questo testo come un personaggio mitico: è colui che ha preso per mano Franco e lo ha avvicinato al nobile mestiere della pastorizia, facendogliene comprendere il valore intrinseco e le facoltà taumaturgiche.

 

Nutro grande rispetto e ammirazione per la scelta di questo giovane che ha saputo rinunciare a una vita comoda e usuale per non “essere assorbito nella piega che sta prendendo questo mondo”. Nello stesso tempo apprezzo profondamente la capacità della madre di comprendere e condividere in pieno la scelta del figlio, esprimendogli la sua vicinanza anche con la sua arte. Per me il senso più profondo di questo testo si può cogliere nella foto di pag. 165, in cui è presente Franco che accarezza il cane Batista e rivolge a chi guarda un sorriso che emana tutta la gioia derivante dal vivere in un “mondo magico”: nel suo sguardo la madre Bruna può vedere realizzata quella “comunione d’intenti” cui dice di anelare. 

 

*già docente di Lingua e letteratura italiana all’Università per Stranieri di Perugia   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Redazione - Il Faro 24

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