STORIA DEL ‘900: “HAPPY BIRTHDAY MISTER ALI… SEI E RESTERAI PER SEMPRE IL PIÙ GRANDE”

di Mario Cantoresi

C’è una medaglia d’oro delle Olimpiadi di Roma 1960 sul fondo del fiume Ohio.

All’incirca dovrebbe trovarsi dalle parti della città di Louisville, nel Kentucky, sempre se la corrente fluviale non l’ha portata ancora più giù, verso Cairo dove l’Ohio, che testualmente significa il “bel fiume” nel linguaggio degli irochesi, si tuffa nel Mississippi.

Ma forse quella medaglia è andata a finire ancora più lontano, perché le acque del Mississippi ed i tanti battelli a ruota che ogni giorno vanno su e giù per il fiume, l’avranno trascinata sin fino a New Orleans ed anche oltre, nell’oceano Atlantico.

Gli ottomila metri cubi d’acqua al secondo che l’Ohio fornisce al fiume più lungo del mondo possono aver trascinato anche quel piccolo detrito olimpico ed averne rosicchiato quel poco d’oro che lo ricopriva e lo faceva luccicare.

Sapete?
Le sponde dell’Ohio sono un vero e proprio spartiacque sociale.
Da secoli accade che sulla riva sinistra dell’Ohio il lavoro si confonde con l’idea della schiavitù, mentre su quella di destra si coniuga con il benessere ed il progresso ma in fondo, a pensarci bene, questa divisione è la metafora stessa della vita: c’è sempre un invalicabile confine che separa il degrado dei poveri dal virtuoso egoismo dei ricchi.

È così che nasce questa storia, perché quella medaglia fu gettata in quelle acque da Cassius Clay, quando ancora non si era autoribattezzato Muhammad Ali.

Clay aveva avuto solo una colpa: era nato dalla parte sbagliata del fiume laggiù nel Kentucky, dove una canzone dice che quello è il “paese dove l’erba è blu”.

È pensare che Clay era così orgoglioso di essere americano.
Lui che aveva difeso ed onorato la bandiera a stelle e strisce a pugni ed a colpi di lingua che facevano male forse anche di più dei suoi cazzotti e che, proprio per questo motivo, lo avevano soprannominato «il labbro di Louisville».

Che giorni magnifici visse in quella tarda estate romana del 1960 quel ragazzo di colore.
Cassius si sentì felice ed importante.
Era tornato in America da vincitore delle Olimpiadi, era bello, forte ed imbattibile.

Gli avevano dato anche un piccolo premio in denaro, niente di che, un simbolico rimborso, una cifra talmente ridicola che oggi sarebbe imbarazzante anche il solo scriverla.
Ma lui aveva appena diciotto anni e con l’ingenuità disarmante di chi non conosce le ingiustizie della vita, “osò” entrare nel miglior ristorante di Louisville, quello riservato ai ricchi benpensanti della Città.
Quello che quando era bambino guardava come un sogno impossibile con i suoi occhi da povero.

“Buongiorno, sono Cassius Clay, sono un campione olimpico e anche se all’entrata avete scritto «white people only», riservato solo ai bianchi, non vorrete davvero cacciarmi via”?
Si… invece lo volevano e lo fecero anche molto bene!

Era un’America molto più cattiva di adesso (ma non è poi cambiata così tanto da allora) con la gente di colore: Michael Jackson canticchiava appena qualche canzoncina all’asilo materno e Barack Obama era solo un bambino.

Fu esattamente in quel momento che Cassius Clay divenne Muhammad Ali, ma dietro al rifiuto del suo nome c’era molto di più.
Cambiava completamente la sua concezione del mondo, una rivoluzione Copernicana.

Pochi mesi dopo Ali rifiutò di servire la patria.
“Quale patria? Quella che mi rifiuta?
E dove dovrei andare a servirla?
Nelle paludi del Vietnam?
Ma io non ho niente contro i Vietcong – disse Ali – e poi quelli non mi hanno mai chiamato negro”.

Il resto della storia è inutile stare qui a raccontarla, la conoscete tutti.
Oggi sarebbe stato il suo compleanno.

Sono soli settantotto anni Ali, ma tu non sei qui, sei inciampato nella banalità della morte… un’abitudine che la gente proprio non vuol perdere.
È pensare che avevi vissuto le tue storie come fossero la vita e la vita stessa, invece, come fosse una semplice finzione.

Ma in fondo non è poi così importante.
Ciò è che conta davvero è che adesso sei salito definitivamente nell’Olimpo dei grandissimi e non scenderai mai più su questa stupida Terra, dove due mani, due braccia, due occhi, una dignità assumono un diverso valore a seconda del colore della pelle e della capienza di un conto in banca.

Clay/Ali è morto il 3 giugno 2016… se è vero che c’è un Dio, un solo Dio, uguale per tutti gli uomini, siano essi Cristiani, Musulmani, Ebrei, Buddisti, lo avrà sicuramente aspettato in cielo.
Doveva restituirti una medaglia.

Quel Dio era andato a ritrovare quella medaglia personalmente per quel suo figlio ribelle laggiù, in fondo al letto di un immenso fiume americano, in un posto nel fango dove solo Lui poteva riuscire a vederla.

Oggi Clay/Ali riposa in un angolo del Cave Hill Cemetery  nella periferia di  Luisville  come  lui desiderava.
Il  luogo di sepoltura si trova di fronte a una patch di fiori e un laghetto , con una fontana e allora riposa in pace Campione, sorridi e sii felice, i meravigliosi giorni della tua primavera romana sono tornati solo per te e poi, volevo dirtelo da tanto, tu sei sempre stato il mio eroe preferito.

Redazione - Il Faro 24

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