Prima di ascoltare chiediamoci: voglio capire chi mi parla oppure voglio rispondere?
Brian Tracy, esperto mondiale di vendita e negoziazione. Tony Robbins, guru mondiale della NLP – Neuro Linguistic Programming. Jack Welch, il CEO più longevo del ventunesimo secolo: pensate per oltre 20 anni è stato Amministratore Unico del colosso General Electric, Gruppo che non so da quanto tempo non scende sotto i 100 miliardi di Dollari americani di fatturato.
Perché questo elenco di nomi? Perché penso una cosa, una cosa che vorrei condividere con voi. E dopo che ve l’avrò detta e quando poi, spero, ci avrete riflettuto e magari avrete raccolto qualche informazione per conto vostro beh: forse converrete con me su ciò che sto per dirvi, forse qualcuno di voi lo considererà addirittura una ovvietà.
Ecco, io penso che tutte le persone di cui sopra siano accomunate da diverse caratteristiche. Tra queste sicuramente:
Ecco, ci siamo. Comunicare, parlare, ascoltare. Oggi voglio riflettere assieme a voi sulla comunicazione ,e soprattutto sull’ascolto.
Arrivo al sodo. A mio avviso i tre “modelli”, nonché fonti autorevoli anche in materia di comunicazione (e parlo dopo aver approfondito un po’ le loro storie, biografie e dopo aver letto qualche libro su di loro o scritto da essi) sono (e sono stati) anzitutto degli abilissimi auditori. Ascoltatori attenti, rispettosi ed asettici.
Probabilmente hanno capito prima di altri il semplice gioco dell’informazione: per cui sapere porta alla vittoria; purchè sia sapere vero, sincero e soprattutto compreso. Probabilmente la maggior parte delle volte che hanno dovuto ricostruire un evento, oppure semplicemente avevano un obiettivo da raggiungere (sia nella veste da dipendenti che in quella da capo), nel richiedere informazioni per decidere il da farsi essi chiedevano in maniera chiara e pura. E si mettevano in ascolto senza cercare (almeno nell’immediato) secondi fini. O chiavi di lettura dietrologiche.
Quindi praticamente vi sto dicendo che probabilmente (e come credo sia facile intuire), il successo su larga scala nonché oggettivo e riconosciuto, sicuramente vede coinvolti non solo noi stessi: bensì noi stessi che collaboriamo con altre persone.
Bene. E per collaborare con altre persone, difficilmente potremo comunicare solo con immagini, scritte o gesti: il passaggio attraverso la comunicazione verbale forse giocherà un ruolo importantissimo, se non necessario. E con comunicazione verbale, di certo non si intende solo parlare ma anche (e forse soprattutto ascoltare). Il fulcro eccolo, l’ascolto.
Recepire informazioni stando a sentire un’altra persona. Ascoltare può essere un piacere, oppure un dovere, oppure semplicemente essere conveniente. Ma di certo ascoltiamo per raccogliere informazioni: che magari poi alla fine salta fuori essere già in nostro possesso.
MA, se durante la fase di ascolto ci poniamo in maniera critica. Se mentre l’altro ci parla, noi non facciamo che pensare alla presunta mala fede dello speaker. Se mentre l’altro ci parla, la nostra mente riesce solo ad elaborare pensieri del tipo “parla sciocco, che adesso ti faccio vedere io come hai torto” oppure “devo dimostrare che hai torto…senti come hai torto!…stai sicuramente sbagliando, devo solo capire dove!” o ancora “ma cosa parli che non hai neanche un decimo della mia esperienza!! Stai parlando inutilmente..”. Ebbene se ci poniamo in ascolto mettendo in campo tali pensieri nel mentre l’interlocutore ci parla noi siamo sconfitti. Che a parlarci sia il nostro datore di lavoro, un dipendente, un collaboratore, un amico, la mamma o la fidanzata noi siamo sconfitti.
Saremo sconfitti perché staremmo gettando via del tempo, fingendo di ascoltare qualcosa che tanto pensiamo già di sapere e che comunque abbiamo la congettura sia già falso, inutile, sbagliato: l’antonomasia dell’errore cosmico! In casi simili faremmo meno spreco ad interrompere la conversazione ed andare a fare una passeggiata.
Quello che voglio dirvi è che forse da tutti possiamo imparare qualcosa, solamente investendo qualche attimo della nostra vita. Voglio dirvi che le congetture, forse sono loro a prendersi gioco di noi: lasciandoci cornuti e mazziati. Ed ignoranti.
Voglio dirvi che l’ascolto impegnato è sicuramente una costante di tutti i grandi uomini e tutte le grandi donne che la nostra Storia ricorda e spesso, eleva al rango di modelli.
Ascolto è umiltà: e l’umiltà è un ottimo carburante per il miglioramento e la buona performance; meglio, l’umiltà molto probabilmente è tra i migliori carburanti per la felicità.
Umiltà spesso è il freno che ci evita di schiantarci contro dei fallimenti evitabili (poiché purtroppo credo che non tutti i fallimenti siano evitabili, però alcuni si).
E ci tengo a dire che a mio avviso, l’ascolto umile e sincero è soprattutto RISPETTO: il rispetto della vita altrui, che dimostriamo ad un altro essere semplicemente aprendo le nostre orecchie per un solo minuto rispetto a qualcosa che ha da dirci. Senza rimbalzarlo. Sia che ciò possa tornarci utile per raggiungere un obiettivo o fare un passo avanti per nostro tornaconto personale, sia solamente per non far sentire solo chi ha bisogno di parlare ascoltato. E di conseguenza regalargli la sensazione sulla sua strada c’è qualcuno che magari non può risolvergli nessun problema, ma che almeno sta li a sentire cosa ha da dire!
Convenienza (anche economica), rispetto, umanità, performance, obiettivi, motivazione, solidarietà: ecco le principali cose che vengono positivamente implementate dal nostro ascolto vero, onesto e non fazioso.
Del resto tranquilli, che in questo mondo non mancheranno mai nè il tempo nè l’occasione per fare l’avvocato del diavolo e pensar male (e perché no, magari a volte azzeccandoci pure): si, ma solo dopo un sano ascolto!