Nel decennale del sisma esposte fino 17 novembre alcune opere recuperate e restaurate dai danni del terremoto
L’Aquila. Tesori d’arte tra XIII e XVI secolo, Forte di Bard 30 maggio 2019 – 17 novembre 2019
di Goffredo Palmerini
AOSTA – Vi si sale per la stretta valle solcata dalla Dora Baltea lungo la Statale 26 che da Ivrea conduce ad Aosta. Dalla cittadina piemontese, dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’Umanità, si percorrono solo 22 chilometri di strada e si arriva al Forte di Bard, magnifico complesso fortificato fatto riedificare da Carlo Felice di Savoia nella prima metà dell’Ottocento sui resti di un castello diruto, la cui documentata esistenza risaliva al 1034 e il passaggio al dominio sabaudo nel 1242. Dopo un periodo di abbandono fino ad anni recenti, nell’ultimo lustro del Novecento è iniziato il restauro che nel 2006 l’ha restituito alla sua bellezza architettonica ed alla completa fruizione a fini espositivi e culturali. Il Forte di Bard è un’imponente opera di sbarramento, eretta all’imbocco della Valle d’Aosta. La fortezza sabauda occupa interamente lo strategico sperone roccioso che sbarra l’accesso alla valle. La fortificazione venne costruita tra il 1830 e il 1838 sulle rovine di un precedente castello, distrutto nel 1800 dalle truppe di Napoleone. Resistette 15 giorni all’assedio francese, poi la guarnigione comandata da von Bernkopf si arrese, ricevendo l’onore delle armi. La fortezza fu progettata dall’ingegnere militare Francesco Antonio Olivero, composta da diversi corpi di fabbrica indipendenti in grado di garantire la reciproca difesa. La piazzaforte è un perfetto esempio dell’architettura militare dell’epoca, dove potevano disporsi fino a 50 bocche da fuoco di vario calibro – mortai, obici e cannoni – sistemate in casematte poste su diversi livelli. Poteva accogliere oltre ottocento soldati, se sistemati in giacigli a terra, e disporre di scorte per resistere ad un assedio di tre mesi.
La fortezza di Bard, tuttavia, non fu mai teatro di scontri bellici e si è quindi conservata praticamente intatta nelle sue architetture che coprono ben 14.467 mq. di superficie, con 283 locali, 106 m. di dislivello, 806 gradini, 2.036 mq. di cortili interni, 1.295 mq. di corridoi, 385 porte, 323 finestre e 296 feritoie. Dalla fine dell’Ottocento il Forte perse progressivamente la propria importanza bellica e fu destinato prima a carcere militare, poi a deposito di munizioni, fino agli anni Ottanta del secolo scorso, quando divenne patrimonio della Regione Valle d’Aosta. Con il completo restauro conservativo la Regione ha destinato il Forte di Bard agli attuali fini museali, culturali ed espositivi, ospitandovi mostre d’arte antica, moderna e contemporanea, e di fotografia. Nel cortile principale interno, inoltre, vi si tengono nella buona stagione rappresentazioni teatrali, concerti, incontri culturali. Ma anche congressi, essendo il complesso attrezzato con sale multimediali e con servizi ricettivi e di ristorazione. Il complesso fortificato è davvero un’autentica meraviglia. La sua gestione è affidata all’Associazione Forte di Bard, con personalità giuridica di diritto privato e operante senza finalità di lucro, allo scopo di promuovere le peculiarità storiche, culturali e monumentali del Forte e del Borgo di Bard, situati alle porte della Valle d’Aosta, e del territorio circostante. L’Associazione organizza e predispone le attività espositive e il calendario di manifestazioni ed eventi che si svolgono all’interno della fortezza. Ne è presidente Ornella Badery e direttore Maria Cristina Ronc.
Proprio nel magnifico contesto del Forte di Bard, nella ricorrenza del Decennale del terremoto dell’Aquila, una straordinaria Mostra di 14 opere – oreficerie, sculture in legno, pietra e terracotta, dipinti su tavola e tela, restaurate dopo il sisma del 2009 – è stata allestita al primo piano dell’Opera Carlo Alberto, nelle sale Gli Alloggiamenti, appositamente restaurate per l’apertura del nuovo ciclo espositivo del triennio 2019-2021. Inaugurata il 30 maggio scorso, la Mostra resterà in esposizione fino al 17 novembre 2019. La mostra “L’Aquila. Tesori d’arte tra XIII e XVI secolo”, ideata e progettata da Marco Zaccarelli per conto dell’Associazione Forte di Bard, promossa dalla stessa Associazione con il patrocinio del Consiglio Regionale d’Abruzzo e del Comune dell’Aquila, è stata realizzata con la collaborazione dell’Ufficio Arte Sacra e Beni ecclesiastici dell’Arcidiocesi Metropolitana dell’Aquila e del Polo Museale dell’Abruzzo (Museo nazionale d’Abruzzo – MuNDA), prestatori delle opere, della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la città dell’Aquila e i comuni del cratere, del Segretariato regionale dell’Abruzzo – Direzione regionale per Beni culturali e Paesaggistici dell’Abruzzo.
Il Forte di Bard contemporaneamente ospita la Mostra fotografica “La città nascosta” del fotoreporter aquilano Marco D’Antonio, a cura di Eleonora Di Gregorio. Infine, quale tocco di singolarità, sono esposti anche due splendidi costumi del Corteo Storico della Perdonanza Celestiniana – il primo Giubileo della storia della cristianità –, candidata a patrimonio immateriale Unesco. “La mostra – ci dice l’ideatore e curatore Marco Zaccarelli – darà la possibilità di ammirare 14 opere recuperate e restaurate, provenienti dalle chiese aquilane e dal MuNDA. Negli ottocento anni della sua storia L’Aquila è stata più volte un centro economico e di transito e un centro artistico ricco di botteghe e scuole capaci di reinterpretare influenze fiorentine, romane e napoletane, creando un linguaggio personale e immeritatamente ancora poco noto. Credo che la mostra possa essere un’interessante e importante occasione d’incontro. La frattura del terremoto non ha riguardato solo le strutture, ma anche la rete di relazioni e di rapporti umani che costituiscono ogni comunità. La mostra è un piccolo tassello per ritrovare queste relazioni, riconoscere i propri luoghi, riappropriarsene, ritrovare gli “oggetti” del proprio patrimonio culturale, riconfermare il proprio senso di appartenenza a una storia, per contribuire alla ricostruzione del senso di comunità e della memoria collettiva degli aquilani”.
Al vernissage della mostra, giovedì scorso 30 maggio, hanno partecipato con i loro interventi Maria Cristina Ronc, direttrice dell’Associazione Forte di Bard, Marco Zaccarelli, ideatore e coordinatore dell’evento, Lucia Arbace, direttore del Polo Museale d’Abruzzo, ed Alessandra Vittorini, Soprintendente archeologia, belle arti e paesaggio per la città dell’Aquila. Una grande presenza di pubblico ha incorniciato l’inaugurazione delle due esposizioni, tracciandone il valore artistico e il significato per la comunità aquilana. Di grande pregio e bellezza sono le opere selezionate per l’esposizione, solo un prezioso saggio dello straordinario patrimonio d’arte sacra che il Museo Nazionale d’Abruzzo custodisce – ora esposto nel MuNDA di Porta Rivera, in attesa di tornare nel cinquecentesco Forte Spagnolo, attualmente in restauro dai danni del sisma – o conservate nelle chiese aquilane. Si tratta, infatti, di splendidi pezzi dell’arte religiosa abruzzese, tra i quali si segnalano per brevità le Madonne con Bambino del Maestro di Sivignano e di Matteo da Campli, il grande Crocefisso della Cattedrale e la Croce processionale di Giovanni Di Bartolomeo Rosecci, il San Michele Arcangelo di Giovanni di Biasuccio, il San Sebastiano di Saturnino Gatti, l’Adorazione dei Magi del fiammingo Aert Mytens. Bello il catalogo della mostra, pubblicato dalle Edizioni Forte di Bard e co-edito da Verdone Editore. Oltre i saluti istituzionali reca contributi di Maria Cristina Ronc (Direttore Associazione Forte di Bard) e di Marco Zaccarelli, ideatore e coordinatore del progetto, e gli interventi di Alessandra Vittorini (Soprintendente SABAP, L’Aquila), Stefano D’Amico (Direttore Segretariato Regionale MiBAC), Don Domenico Marcocci (Direttore Ufficio diocesano per l’Arte sacra e i Beni culturali ecclesiastici, L’Aquila), Lucia Arbace (Direttore Polo Museale dell’Abruzzo), Mauro Congeduti (Direttore MuNDA), Daniela Nardecchia (Direttore Archivio di Stato dell’Aquila), Giovanna Di Matteo (Commissione Arte Sacra Arcidiocesi Metropolitana dell’Aquila), Monsignor Orlando Antonini (Nunzio apostolico e studioso di architettura).
La mostra L’Aquila. Tesori d’arte tra XIII e XVI secolo viene con queste considerazioni motivata in catalogo. “La parola catastrofe significa “rovesciamento, capovolgimento”, uno sconvolgimento che viene a sovvertire i termini ordinari entro cui si svolge la vita… alle 3.32 del 6 aprile 2009 sono bastati 37, lunghissimi, secondi per uccidere 309 persone, ferirne oltre 1600 e danneggiare e distruggere un patrimonio culturale storico, artistico e architettonico tra i più ricchi e importanti dell’Italia centrale. Nei dieci anni trascorsi d’allora, molti e complessi interventi di recupero, restauro e ricostruzione sono stati portati a compimento, e monumenti e palazzi ridisegnano una città dove la sicurezza convive con i principi della tutela e della conservazione, sostenendo il recupero di una bellezza antica e, spesso, inedita. L’Aquila è stata più volte, negli ottocento anni della sua storia, un centro economico e di transito e un centro artistico ricco di botteghe e scuole capaci di re-interpretare influenze fiorentine, romane e napoletane creando un linguaggio personale e immeritatamente ancora poco noto. La mostra L’Aquila. Tesori d’arte tra XIII e XVI secolo presenta una selezione di opere recuperate e restaurate – 14 tra oreficerie, sculture in terracotta, pietra e legno, dipinti su tavola e tela – provenienti dalle chiese aquilane. L’Aquila. Tesori d’arte tra XIII e XVI secolo è una storia di sopravvivenze, un omaggio alla città dell’Aquila nel decennale del sisma e una testimonianza della grande ricchezza della sua arte. Il Forte di Bard ospiterà anche la mostra fotografica, inedita e curata da Eleonora Di Gregorio, La città nascosta del fotoreporter aquilano Marco D’Antonio ed esporrà, ricollegandosi alla pratica Unesco in corso, due costumi storici della Perdonanza”.
“Un legame sottile – scrive in catalogo nel suo contributo Lucia Arbace, direttore del Polo Museale dell’Abruzzo – unisce l’Arte fiorita tra le montagne, all’ombra delle Alpi come degli Appennini, dove nei secoli maturarono stili di vita e tecniche artistiche affini, sollecitati da una analoga disponibilità di materie prime di qualità. Ciò apparve evidente nel 2009 quando all’indomani del sisma una selezione ampia di prestigiose Madonne appartenenti alle raccolte del Museo Nazionale d’Abruzzo furono accolte al Castello di Buonconsiglio a Trento, nella sala attigua a quella che ospita la scultura lignea fiorita nei centri alpini. Anche la mostra di Bard è stata stimolata da un sentimento di vicinanza e condivisione d’intenti. E per questo motivo sono stata ben lieta di concorrere alla prestigiosa mostra che s’apre nell’imponente Forte con un contributo di ricerche legate ai recenti restauri e con un generoso prestito di dipinti, sculture lignee e una splendida croce d’argento. Tutte opere d’arte già ospitate nella Fortezza dell’Aquila che, evacuate dopo il terremoto, trovano ora una adeguata collocazione in un nuovo scrigno d’arte: il MuNDA allestito nell’ex-mattatoio comunale, nei pressi della Fontana delle 99 cannelle. Adusi ad ascoltare il continuo cadere dell’acqua sulla pietra, i nostri capolavori si sentiranno a casa nel Forte di Bard, circondato da una natura intatta e vivificante, al pari di quella dell’Abruzzo”.
“L’Arcidiocesi dell’Aquila, quale custode, nei secoli, di un patrimonio di straordinario rilievo storico ed etnografico – annota nel contributo in catalogo Don Domenico Marcocci, direttore dell’Ufficio diocesano per l’Arte sacra e i Beni culturali ecclesiastici, prestatore insieme al MuNDA delle opere in mostra – partecipa al percorso espositivo proposto dall’Associazione Forte di Bard e condiviso dagli uffici aquilani dell’Amministrazione Statale dei Beni Culturali inviando alcune tra le opere più rappresentative del periodo compreso tra il XIII e il XVI secolo. Questa partecipazione riconferma il ruolo di una Chiesa in cammino, propulsiva, viva e operante nella Storia, protesa nel quotidiano impegno della ricostruzione, affinché L’Aquila possa rinascere come “città moderna e inclusiva”, capace di proiettarsi nella storia contemporanea, oltre i confini del suo territorio, divenendo modello di cooperazione e sostenibilità. E la mostra, che si snoda nel pieno del decimo anniversario del sisma 2009, ben delineata nel titolo: “L’Aquila. Tesori dell’arte aquilana tra XIII e XVI secolo”, ne rimarca i valori identitari, per farne linguaggio di unità e coraggioso progresso”.
Presente all’inaugurazione della mostra al Forte di Bard anche Mons. Orlando Antonini, Nunzio apostolico ed insigne studioso di architettura. A Mons. Antonini, punto di riferimento della cultura aquilana ed attento propositore del tema della Bellezza nella ricostruzione dell’Aquila e dei centri colpiti dal terremoto del 6 aprile 2009, chiediamo un’impressione sulla mostra e sul significato di questa come di altre eventuali missioni espositive, in Italia e nel mondo, con alcuni dei nostri gioielli d’arte aquilani. In fondo il patrimonio artistico dell’Aquila è uno dei più importanti cespiti su cui ricostruire il futuro del capoluogo d’Abruzzo, città d’arte tra le più belle e preziose d’Italia. Il turismo culturale è infatti una delle prelazioni di sviluppo della città ricostruita su cui imbastire accorte politiche di valorizzazione, perché nuove opportunità di lavoro si rendano disponibili per le giovani generazioni che nella città e nel suo territorio debbono costruire il loro futuro.
“Mi sono recato con vivo piacere a Bard – ci dice Mons. Orlando Antonini – per l’apertura di questa Mostra d’Arte sacra aquilana in quel famoso Forte, anzitutto in quanto l’iniziativa rientra appieno nel discorso che sto proponendo fin dall’indomani del terremoto: che cioè la natura, l’arte e la cultura sono le sole risorse di cui le aree montane dell’Abruzzo, e specialmente dell’Aquilano, dispongono per la loro ripresa economica ed occupazionale. Ne ho riportato un’impressione promettente. Nei primi tre giorni si sono registrate già 410 presenze e si attende che nelle prossime settimane il numero aumenti, a tutto vantaggio della conoscenza ed attrattività turistica dell’Aquila in Italia. Inoltre abbiamo potuto registrare come fuori dell’Abruzzo sappiano ben sfruttare le loro bellezze, stimolando i nostri operatori a saper fare anch’essi turismo, del che purtroppo ancora difettiamo molto. Mi congratulo, quindi, per l’idea di allestire qui al Forte di Bard una mostra sull’arte di una città e di un territorio poco conosciuto in Italia e all’estero, L’Aquila e l’Aquilano. Una città e un territorio, questi, che essendo posti tra grandi montagne ha generato nell’immaginario collettivo l’idea di un loro isolamento geografico, sociale, economico e pertanto anche culturale ed artistico, che però si è registrato soltanto in questi ultimi centocinquant’anni, mentre dal XIII e XVI secolo per l’Aquilano è stato il periodo di maggiore apertura tra Nord e Sud d’Italia e di apogeo economico, culturale ed artistico. Di qui la ragione del suo ingente patrimonio architettonico-artistico con indici di qualità insospettati, indici che le 14 opere scultoree, pittoriche e di oreficeria scelte per l’esposizione in questa mostra ed appena restaurate dopo il sisma del 2009 rivelano chiaramente”.
“Un secondo rilievo – aggiunge Mons. Antonini – mi è venuto dal fatto che il titolo della Mostra parla di arte in generale, ma in concreto si tratta soltanto di opere d’arte sacra. L’arte dell’epoca artistico-culturale più prestigiosa della storia dell’Aquila e dell’Abruzzo, infatti, si esprime appunto solo e soltanto in termini religiosi. Che l’arte sacra all’Aquila fra XIII e XVI secolo costituisca la fetta esclusiva dell’arte tout court non significa che i nostri avi fossero dei bacchettoni. Si tratta di un dato di fatto universale. Possiamo dire che è dal Rinascimento che gli artisti per materializzare nell’arte le loro ispirazioni ricorrono a soggetti anche diversi da quelli religiosi, in quanto l’Umanesimo pose l’uomo e non più Dio al centro ed a misura di tutte le cose. Ciononostante l’arte d’ispirazione non sacra non ha finora prodotto né la quantità e né soprattutto la qualità rispetto all’arte d’ispirazione sacra. Evidentemente, i valori spirituali costituiscono ‘la vena da cui scaturisce l’acqua e la radice da cui nasce ogni frutto’, per dirla con S. Giovanni della Croce: le fonti ispirative d’arte, cioè, sono di gran lunga più feconde e di qualità, rendendo di conseguenza la Chiesa il maggior committente artistico, grazie alla natura della fonte ispiratrice – il cristianesimo – che, al contrario di altre fedi religiose, è iconofila. Stiamo a vedere quante e quali opere d’arte scaturiranno dalla sorgente culturale razionalista contemporanea”. Non potevamo concludere questo scritto se non con una riflessione di Mons. Antonini, che conferma in sintesi i capisaldi della sua assidua partecipazione al dibattito sulla rinascita dell’Aquila, culturale sociale ed economica, con contributi di forte rilievo sui temi a lui più congeniali, che costantemente richiama in ogni occasione. Gutta cavat lapidem, si spera!
Le foto d’inaugurazione della mostra sono di Marisa Jans