Venerdì 8 febbraio prossimo il TAR esaminerà i vari ricorsi legati alla costruzione del cosiddetto Megalò 2 raggruppati in un unico procedimento. Ci sono il ricorso della Regione per l’annullamento della conferenza dei servizi del Comune di Cepagatti e quello della SILE per l’annullamento della bocciatura da parte del Comitato regionale di Valutazione di Impatto Ambientale (Comitato VIA) oltre agli interventi rispettivamente ad adiuvandum e ad opponendum di WWF, Confcommmercio, Confesercenti e CNA. In prima istanza il TAR aveva negato la sospensiva, chiesta da entrambe le parti in causa, per il fatto che in assenza di autorizzazioni non ce ne sarebbe stato bisogno. In pratica il TAR era convinto che sino alla sentenza si sarebbe rimasti “a bocce ferme”, come purtroppo non è stato. L’insistenza a cercare di costruire a ridosso del fiume è francamente preoccupante e lo è ancora di più la posizione di una politica che ha prima assurdamente concesso la costruzione di un enorme centro commerciale senza procedura di impatto ambientale (in virtù di una legge regionale in contrasto con la normativa nazionale e comunitaria rimasta in vigore pochi mesi) e ora vorrebbe consentire ulteriori interventi edilizi nella stessa area.
Ci sono invece almeno due questioni che dovrebbero indurre tutti a una maggiore prudenza nella concessione di titoli edilizi di qualunque genere in siti soggetti a eventi potenzialmente pericolosi: il primo è che il rischio zero non esiste; il secondo è che i cambiamenti climatici in atto centuplicano il problema. Approfondiamo il concetto chiarendo la differenza, di fondamentale importanza, tra “pericolo” e “rischio”. Il primo termine indica la probabilità che un determinato fenomeno avvenga: c’è, ad esempio, un costante pericolo che in caso di maltempo il fiume Pescara si ingrossi ed esca dal proprio alveo. La seconda parola è riferita al danno che un evento naturale può provocare alle vite umane e alle attività antropiche. Seguendo lo stesso esempio il pericolo naturale di una esondazione del fiume Pescara diventa un rischio nel caso – com’è avvenuto – qualcuno costruisca manufatti a ridosso del corso d’acqua. E sarà un rischio sempre più elevato man mano che aumenteranno il numero delle costruzioni e il numero delle persone che le frequentano.
Tutto questo senza dimenticare da una parte le incongruenze che hanno segnato l’intero procedimento e dall’altra il danno palese per l’economia del territorio che deriverebbe da ulteriori ipermercati: in Abruzzo (dati 2015) sono presenti 205,45 mq di centri commerciali ogni mille abitanti! È un triste primato a livello nazionale e un primato indiscusso. Al secondo posto in questa graduatoria si piazza la Lombardia che, a dispetto di una economia ben più vivace di quella abruzzese, ha “solo” 179,6 mq/1000 ab.
Circa la incongruenze sarà appena il caso di sottolineare che l’autorizzazione con prescrizioni a suo tempo concessa dal Comitato VIA è scaduta; che la proroga richiesta dalla SIRECC poi SILE non è stata concessa; che il progetto ultimo non ha avuta alcuna autorizzazione ambientale; che il parere inizialmente positivo a suo tempo emanato dall’Autorità dei Bacini è stata prima sospesa, poi revocata e infine sostituito da un definitivo parere negativo (Determinazione 48 del 12.12.2013 prot. RA/312786) che, per quanto risulta alle scriventi associazioni, è tuttora in vigore.
Si sottolinea infine che la revoca, in data 16 febbraio 2018, da parte del Genio Civile della precedente Ordinanza di cessazione dei lavori prot. RA/16333 del 17.1.2014 non ha alcun valore autorizzativo poiché il Genio Civile stesso non ha alcuna potestà sulle decisioni del Comitato VIA. Si ricorda peraltro che la sospensione dei lavori è avvenuta per una precisa colpa della ditta (realizzazione dell’argine in difformità dal progetto approvato) e che, in base alla normativa in vigore (D. Lgs. 152/2006) la valutazione di impatto ambientale costituisce presupposto o parte integrante del procedimento di autorizzazione, in assenza del quale oltre alla sospensione dei lavori è previsto che l’autorità competente possa disporre la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi e della situazione ambientale a cura e spese del responsabile.
Senza infine dimenticare che in caso di emergenza improvvisa, con la grande affluenza che vanta il centro commerciale, la chiusura delle paratoie sui varchi per frenare l’eventuale alluvione potrebbe avere effetti devastanti. Il Comitato VIA del resto nel rigettare la richiesta di proroga del proprio precedente giudizio del 2012 aveva saggiamente sottolineato la intervenuta e sostanziale modificazione delle condizioni ambientali, infrastrutturali, idrauliche e socio-economiche del contesto territoriale interessato. Si tenta invece di andare comunque avanti. Come se la tragedia di Rigopiano non avesse insegnato proprio nulla.